giovedì 27 settembre 2007

Un'occhiata all'estero: SPAGNA

(ASAPS) MADRID, 26 settembre 2007 – Hanno detto, gli spagnoli: “vogliamo provare a dare una spiegazione a questa carneficina di motociclisti sulle nostre strade?” È evidente che non tutto può essere imputabile all’impennata di vendite nel settore motociclistico né al deficit infrastrutturale delle arterie e quindi era divenuto necessario affrontare il problema con metodo scientifico.Tutto è cominciato analizzando in tempo reale i dati dell’incidentalità iberica: nei primi 6 mesi del 2007, i motociclisti uccisi sono risultati essere 244, 53 in più rispetto allo stesso periodo del 2006, con un aumento del 28%. Lo scorso 11 settembre, pochi giorni prima di diffondere l’analisi statistica appena elaborata, il bollettino è stato aggiornato e le vittime delle due ruote sono divenute 390. Agosto ha segnato un aumento del 50% rispetto al mese precedente: una follia.Gli esperti della DGT, la Direzione Generale del Traffico, hanno allora cominciato a spulciare tutti i dati desunti dai rilievi di 2.767 eventi infortunistici caratterizzati dalla presenza di un centauro, munito di patente di categoria A o A-1. Tipo di evento, numero di veicoli coinvolti, caratteristiche della strada e condizioni meteo od orarie, fino alle informazioni relative al conducente: stato psicofisico, sesso, grado di esperienza… Ed ecco fatta la scoperta: il 28% dei motociclisti coinvolti in incidenti stradali, con morti o con feriti gravi, aveva una patente conseguita da meno di tre anni. Di più: il 21% non supera i due anni di pratica.I risultati dell’inchiesta realizzata dalla DGT, sono stati illustrati dal ministro dell’interno spagnolo Alfredo Pérez Rubalcaba, il quale ha anche annunciato l’imminente varo di un piano di sicurezza stradale pensato esclusivamente per le moto da un team di lavoro voluto con forza dalla direzione del Traffico e del quale fanno parte costruttori, associazioni, compagnie assicurative, società private ed enti locali, chiamato a redigere una strategia di forte impatto che parte dalla patente di guida: per condurre moto di grossa cilindrata servirà quella che il ministro ha definito – citiamo le testuali parole riportate dall’agenzia spagnola EFE – “esperienza ragionevolmente necessaria”; lo studio di massima, già approvato, prevede un approccio progressivo alla cilindrata fino ai 24 anni. Insomma, un diciottenne, per salire su una mille, dovrà aspettare almeno 6 anni, nei quali la sua esperienza potrà maturare gradualmente. Dunque, in Spagna, c’è una “questione di potenza”, ritenuta alla base dell’impennata di morti tra i centauri.“Ci sono più moto sulla strada – dice Anna Ferrer, direttrice dell’osservatorio della DGT – e può sembrare un’ovvietà spiegare che l’incremento degli eventi è correlato all’aumento del parco motociclistico. Tutti sappiamo, però, che anche il numero di auto è aumentato, ma le cifre relative alle quattro ruote sono in netto e costante calo”.
I progressi tecnici ed i miglioramenti apportati alle automobili, in termini di sicurezza attiva e passiva, sono stati indubbiamente di grande efficacia sul fronte della sinistrosità. Secondo la DGT, anche il settore dei motoveicoli dovrà seguire la stessa strada. I dati statistici della strada rilevati nel corso dell’estate, oggetto di studio dell’osservatorio governativo, hanno però indicato che, da marzo in poi, le punte di maggior violenza stradale sono concentrate nel fine settimana, con una vera e propria carneficina tra i conducenti di moto di grossa cilindrata. Un fenomeno analogo si verifica anche in Italia.L’analisi di questi risultati è coincisa con un altro studio realizzato dalla stessa DGT, riguardante le conseguenze di una nuova legge entrata in vigore nel 2004, che ha previsto per la conduzione di motoveicoli di cilindrata compresa tra i 76 ed i 125cc, (usati soprattutto negli spostamenti cittadini), la patente di guida.Il team di esperti era dunque ben preparato a passare al setaccio il dossier relativo ai 2.767 gravissimi incidenti motociclistici. L’88% di quelli mortali hanno visto coinvolte moto di cilindrata superiore ai 500cc; di queste, il 36,3% ha una cilindrata superiore ai tre quarti di litro.Il background di conoscenze ormai consolidate, ha peraltro fissato il concetto che il momento di maggior rischio, per i conducenti con scarsa esperienza, non è rappresentato dal primo mese e basta, ma per almeno i tre anni successivi dal conseguimento della licenza di guida, quando il soggetto ritiene di avere sufficiente esperienza. La quale, purtroppo, non c’è.Secondo la Direzione Generale del Traffico, per condurre moto di grossa cilindrata serve una patente speciale, pensato con una formula tale da garantire che quella non sia affatto la prima moto. Non è tutto: Anna Ferrer ha chiesto formalmente alle associazioni di motociclisti se ritengano ragionevole l’alta potenza di alcuni esemplari, mentre è imminente la definizione di un piano particolareggiato delle deficienze strutturali, in maniera tale da affrontare il problema sicurezza nella sua complessità. In Italia, un ente con questi poteri è solo un miraggio.Nel triennio 2004/2006, sono state commercializzate più moto che nel decennio 1994/2003. L’interpretazione più onesta, è fornita da un’associazione che partecipa ai lavori. “Stiamo certi che si tratta di una moda, perché tra i migliori piloti del mondiale ci sono molti spagnoli. E per 10.000 euro, si può comprare una moto con le prestazioni di una Formula Uno”.Dargli torto? (Asaps)

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