venerdì 28 settembre 2007

Un'occhiata all'estero: RUSSIA


Un braccialetto catarifrangente per proteggere i bambini dall'essere investiti: cosi' il governo russo cerca di arginare il numero delle vittime minorenni di incidenti stradali, 788 nei primi otto mesi dell'anno, mentre altri 16.852 ragazzi sono rimasti invalidi. La campagna federale, come riferisce il quotidiano Trud, e' partita in 28 luoghi del paese con la distribuzione gratuita di braccialetti che dovrebbero servire a segnalare agli automobilisti chi li indossa, ad una distanza di 200-400 metri. Purtroppo spesso il problema e' il mancato rispetto delle norme stradali piu' elementari.

Risarcimento Diretto dal 01 febbraio 2007


Dal 1 febbraio, con l’introduzione per legge del risarcimento diretto, ci troveremo di fronte ad un grande cambiamento nel mondo delle assicurazioni auto. In caso di incidente tra due veicoli, se pensi di avere ragione, anche solo in parte, devi chiedere il rimborso alla tua compagnia anziché a quella del veicolo che ti ha danneggiato. E’ la tua assicurazione, infatti, che ti risarcirà i danni. Inoltre, compilando il modulo blu , tutto diventerà più facile. Se siete d’accordo su come è avvenuto l’incidente, firmatelo insieme: il risarcimento sarà più veloce. Il tuo assicuratore ti darà l’assistenza necessaria e ti dirà cosa fare, guidandoti in una procedura che da oggi diventa più semplice che mai.

Incidenti Stradali all'estero: Risarcimento


Chi ha un incidente all'estero con un veicolo europeo può chiedere il risarcimento in Italia, a un mandatario dell'assicurazione straniera. Tre i requisiti per usufruire di questa possibilità: che il veicolo danneggiante sia immatricolato e assicurato in uno Stato membro dello Spazio economico europeo, che il danneggiato sia residente in uno Stato membro e che l'incidente sia avvenuto in un Paese aderente al sistema della Carta Verde.

giovedì 27 settembre 2007

Una sentenza molto interessante

(ASAPS) ROMA, 10 settembre 2007 – I pirati della strada sono tanti, tantissimi. E spesso, purtroppo, restano ignoti, nonostante le indagini siano spesso serrate e gli inquirenti abbiano affinato moltissime tecniche investigative. Tuttavia, quando al pirata nessuno riesce a dare un nome, potrebbe non essere più necessario da parte della vittima – al fine di accedere al risarcimento del Fondo di Garanzia – sporgere querela contro ignoti ed attendere la definizione del procedimento penale. È quanto deciso dalla Terza Sezione Civile della Cassazione con la sentenza n. 18532/07, destinata a rivoluzionare, a favore del danneggiato, la procedura per ottenere il ristoro dei danni da parte della compagnia tenutaria del fondo vittime della strada. In questo modo gli “Ermellini” hanno accolto il ricorso della famiglia di un motociclista, travolto ed ucciso 16 anni fa da un’auto il cui conducente non è mai stato identificato, la quale si era vista in precedenza negare la liquidazione dei danni perché nessuna denuncia era stata presentata e perché le indagini non avevano condotto all’identificazione del killer. La giurisprudenza di legittimità – invocata dai giudici di secondo grado sulla scorta delle precedenti sentenze (la n. 10484/01 e la n. 8086/95) – aveva ispirato la determinazione poi cassata da piazza Cavour, riaprendo di fatto la strada a tutti coloro che hanno avuto delusa la speranza di ottenere il risarcimento previsto alla vittima di un pirata senza nome. Ma che cos’è, in buona sostanza, il Fondo di Garanzia? Si tratta di un istituto voluto dalla legge per intervenire, nei limiti dei massimali, in caso di sinistro provocato da veicolo non identificato (solo per i danni alle persone), in caso di incidente provocato da un veicolo privo di assicurazione RC (per i danni alle persone ed ai veicoli con una franchigia), ed in caso di sinistro provocato da veicolo assicurato da imprese in liquidazione coatta amministrativa. Nei primi due casi – e si tratta della fattispecie esaminata dalla Suprema Corte – il risarcimento è dovuto dalla CONSAP (Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici Spa), la quale gestisce oggi – previa concessione del Ministero delle Attività Produttive – il Fondo di Garanzia per le Vittime della strada. Tuttavia, la determinazione dei togati di piazza Cavour non genera automatismi, ma – come si legge nella sentenza – le evenienze vanno apprezzate caso per caso. Infatti, l’omessa denuncia non è sufficiente per far escludere, al giudice, che il danno sia stato effettivamente provocato da un veicolo non identificato, né – la sola denuncia – può essere sufficiente a dimostrare che l’evento infortunistico sia stato provocato da un pirata: dunque, l’iniziativa della Persona asseritamene Offesa di un reato di omissione di soccorso stradale, consistente nello sporgere denuncia all’AG, non può costituire la prova che il fatto sia avvenuto così come esposto in querela. (ASAPS)

Guida Sicura: Usare Bene il Poggiatesta

Questo articolo è stato sviluppato sulla scorta delle ricerche effettuate, oltre che dal suo autore, da Francesco Forasassi e Carlo Rinaldi nell’ambito degli studi per la realizzazione del testo “La guida sicura nell’emergenza sanitaria”, di prossima uscita sul catalogo Sapignoli
(ASAPS) 25 settembre 2007 – Sei conducenti su 10, almeno in Svizzera, circolano con il poggiatesta mal regolato. Dunque, parliamo di oltre la metà degli automobilisti, soggetti in questo modo a rischi elevatissimi in caso di impatto, soprattutto se si tratta poi di tamponamenti di una certa entità. Lo rivela uno studio, molto accurato e ben fatto, realizzato dall’ASA (Association Suisse d'Assurances), più o meno la nostra ANIA (Associazione Nazionale tra le Imprese Assicuratrici), in collaborazione con l’UPI (l’Ufficio svizzero per la Prevenzione degli Infortuni) ed il FSR (il Fondo per la Sicurezza Stradale). I tre organismi hanno dunque promosso una campagna di prevenzione ad ampio spettro, la cui durata è prevista in 3 anni, con lo scopo di fornire a tutti gli automobilisti un metro di confronto durevole nel tempo, ottenendo in questo modo di rendere automatica la giusta esecuzione di un comportamento che può rivelarsi vitale. Il titolo della campagna, lanciata a Berna a metà settembre 2007, è “i poggiatesta proteggono – viaggiare in strada con una buona abitudine” e francamente, su questo livello comunicativo, ci sembra impossibile aggiungere qualcosa. In effetti, anche a scuola guida, si parla sempre e solo di “postura” del corpo, limitando il discorso “regolazione” alla distanza del conducente tra volante e pedali, degli specchi e della posizione delle mani sulla corona dello sterzo, senza mai entrare nel merito del poggiatesta. È lì, ma nessuno spiega mai per quale motivo. I più, ovviamente i passeggeri, lo usano per sonnecchiare col sedile reclinato durante la marcia, mettendo in atto un comportamento pericolosissimo: in caso di incidente, infatti, il corpo inerte scivolerebbe sotto le cinture di sicurezza, finendo contro la parte sottostante la plancia del veicolo con rischio altissimo di lesioni agli arti inferiori per impatto e del tronco/testa per lo sfregamento innaturale contro la cintura di sicurezza. Questa, impatterebbe sul collo più o meno come un rasoio: lasciamo al lettore il compito di trarre le conseguenze. Fino alla metà degli anni ’80, solo le auto “meno popolari” uscivano dalla catena di montaggio dotate di questo “optional”. Col tempo, con l’accresciuta attenzione verso la sicurezza passiva, il poggiatesta è divenuto una dotazione di serie, almeno sui sedili anteriori ed oggi la gran parte dei veicoli ne sono muniti anche sulle sedute posteriori. La sua funzione principale è quella di preservare il corpo umano dai rischi al rachide cervicale, dal momento in cui, su questa parte vitale del nostro organismo, si producono le solleci­tazioni dell’impatto, soprattutto in caso di tamponamento. Questo perché il poggiatesta impedisce la flessione del capo verso la parte posteriore del veicolo, all’origine – nel migliore dei casi – dei cosiddetti “colpi di frusta”. La protezione è però garantita anche in caso di urto frontale, quando la testa (una delle parti più deboli e pesanti del corpo), tende a rimbalzare all’indietro una volta che il busto, contrastato attivamente dalla cintura di sicurezza, ha esaurito la spinta in avanti. Le lesioni ai tessuti del collo si verificano anche alle basse velocità, comprese tra 10 e 20 km/h.Secondo l’ACI, i risarcimenti assicurativi di tipo RCA sono costituiti nel 60% dei casi da danni fisici alle vertebre cervicali. La General Motors ha invece rilevato che, negli ultimi 30 anni (il dato è del 1999), la frequenza dei danni alle vertebre cervicali provocati da incidenti stradali è quasi raddoppiata ed al momento attuale è seconda soltanto alle ferite alla testa, provocando un danno per l’erario europeo di oltre 10 miliardi di euro. Il vantaggio di un buon poggiatesta è che, anche in caso di ripetuti urti (è il caso del tamponamento a catena), la sua funzione è sempre garantita, visto che non entra in funzione una sola volta, al primo impatto, come l’airbag – che deve essere sostituito e ricaricato prima di tornare nuovamente attivo – ma resta ben saldo al suo posto. È dunque opportuno spiegare come il poggiatesta debba essere correttamente posizionato, in modo da svolgere al meglio la sua funzione, tenendo conto che il 28% delle lesioni al rachide cervicale potrebbe essere evitato proprio con una giusta regolazione di questo dispositivo, tanto utile quanto di semplice concezione. Il poggiatesta deve essere sollevato finché la sua sommità non coincida con la parte superiore della testa, o non la sovrasti di 2/3 centimetri al massimo, mentre la distanza tra la superficie d’appoggio del dispositivo e la nuca non deve mai essere superiore a 10 centimetri (più o meno 5 dita) pur essendo quella ideale compresa tra 5 e 7 centimetri (più o meno 2-3 dita). In ogni caso, l’efficacia del poggiatesta è maggiore se tra la nuca e la superficie di appoggio del dispositivo vi è la minore distanza possibile. (ASAPS)

Un'occhiata all'estero: GRAN BRETAGNA

(ASAPS) – Sfreccia a bordo di una Porsche ai 275 km all’ora davanti agli agenti della polizia che lo immortalano con l’autovelox. E’ finita con 10 settimane di carcere e il ritiro della patente la prodezza di un 33enne inglese, dipendente di una compagnia di autonoleggio. L’uomo è stato fermato a bordo di una Porsche 911 Turbo da 137.000 euro sulla A420 vicino ad Abingdon dopo avere superato di 165 km/h il limite massimo di velocità. Sprezzante del pericolo, senza chiedere il permesso a nessuno si era messo alla guida della Porsche nera del capo e con un collega aveva deciso di provare l’ebbrezza della velocità a bordo di un’autovettura così potente. (ASAPS)

Un aiuto per i pedoni


Statistiche alla mano: i pedoni e i ciclisti corrono rischi particolarmente gravi in caso di incidente con le automobili. La percentuale di decessi causati da incidenti stradali nel 2005 è stata del 25% nell'Unione Europea, mentre ha raggiunto addirittura il 45% in Paesi come Giappone o Corea. Dato che entrambi non hanno molte possibilità di proteggersi, l'industria dell'auto ritiene suo compito equipaggiare i veicoli in modo adeguato, con l'obiettivo di limitare al massimo i danni. Anche la Commissione Europea ha agito in tal senso, emettendo una direttiva apposita nel 2005 che sarà poi estesa a partire dal 2010. Il programma UE "eSafety" punta a ridurre alla metà i decessi causati da incidenti stradali nell'Unione Europea entro il 2010. E' proprio a questo punto che si inserisce Bosch con il sistema di controllo elettronico EPP (Electronic Pedestrian Protection). L'EPP consiste nell'installazione nella parte anteriore della vettura di sensori di accelerazione - già utilizzati con successo da diversi anni per il rilevamento degli impatti - e di una centralina che attiva degli attuatori i quali a loro volta sollevano il cofano motore in una frazione di secondo. Ciò permette di ottenere una zona di deformazione più efficiente che riduce notevolmente il rischio di lesioni. La grande alternativa che si sta considerando è l'uso di airbag come protezione antiurto. I produttori automobilistici possono così realizzare una protezione contro gli urti gestita da una centralina indipendente oppure integrare tale protezione nella centralina di gestione degli airbag già presente sul veicolo.
da Repubblica.it/Motori

Un'occhiata all'estero: FRANCIA

(ASAPS) PARIGI (FRANCIA), 27 settembre 2007 – “Motociclisti e scooteristi pagano cara, spesso con la vita, la fluidità nel traffico”: è la conclusione, fin troppo ovvia, ma purtroppo veritiera dai dati incrociati della sinistrosità, alla quale sono giunti gli esperti dell’Osservatorio Interministeriale francese sulla Sicurezza Stradale (OSNIR). Le cifre nere della strada dicono infatti che per un centauro, il rischio di incorrere in un incidente stradale è venti volte più elevato rispetto al conducente di un’automobile. Un dato tra tutti: i motoveicoli rappresentano in Francia lo 0,8% del traffico stradale, ma il 17% delle vittime era in sella ad una dueruote. “La moto è di gran lunga il mezzo più pericoloso – sottolinea il capo dell’OSNIR Cécile Petit – ed il motociclista l’utente più vulnerabile”. Ancor più di pedoni e ciclisti e, probabilmente, il paragone calza a pennello anche in Italia. Eppure, questo rischio viene accettato, se è vero che moto e scooter seducono ogni giorno un numero sempre maggiore di francesi. “L’emergenza sicurezza degli scooter – si legge in un comunicato stampa dell’AXA pubblicato ieri su Le Monde – si presenta come un fenomeno crescente, dal momento che questa categoria di motoveicoli costituisce ormai il 28% del parco moto”. È dunque il momento di indurre un’evoluzione del comportamento di questo tipo di utenza, considerata – in molti stati europei – come la più irriguardosa nei confronti non solo del codice della strada, ma anche di tutte le norme relative a buonsenso e prudenza. Lo stesso dipartimento della Sécurité Routière, ha dedicato allo scooter un rapporto particolareggiato, ispiratore di una riforma voluta con forza dal sindaco di Parigi, Bertrand Delanoë, varata lo scorso 19 marzo con la “Carta delle dueruote motorizzate”: motociclisti e scooteristi si impegnano a rispettare alcune consegne di prudenza e rispetto verso le altre utenze deboli (ad esempio non impegnare mai le piste ciclabili e le corsie preferenziali) ed in cambio possono superare le file di auto a destra e sinistra e parcheggiare liberamente dove vogliono, marciapiedi compresi, a patto di non essere d’intralcio. “Le carreggiate devono essere utilizzate da tutti in una buona armonia – ha detto il sindaco – ma quello che ci interessa di più, è la vita”. L’approccio al fenomeno si è rivelato estremamente allettante, così tanto da accontentare anche i battaglieri motards, organizzati in Francia quasi come un partito: secondo il rapporto MAIDS, stilato dall’ACEM (l’Associazione europea costruttori di moto), analizzando le fattispecie di incidente con il coinvolgimento di auto e moto, è emerso che nel 62,9% dei casi la totale responsabilità è addebitata all’automobilista, particolare confermato anche dal dipartimento ministeriale della sicurezza stradale. “La mancanza d’attenzione da parte degli automobilisti nei confronti delle dueruote – dicono alla Sécurité Routière – è troppo spesso la causa d’incidente”, trovando pieno appoggio alla FFMC (Federazione Francese Motociclisti in Collera): “Educazione e formazione –– aggiunge Eric Thiollier, portavoce dell’organizzazione – sono i soli mezzi che abbiamo per far evolvere i comportamenti ad un livello di responsabilità che possa dirsi accettabile”. Per responsabilizzare gli automobilisti ad un maggior rispetto nei confronti dei centauri, è anche allo studio la proposta di “costringere” i candidati alla patente “B” a trascorrere, durante il periodo di scuola guida, alcune ore in sella ad una moto. (ASAPS)

Un'occhiata all'estero: SPAGNA

(ASAPS) MADRID, 26 settembre 2007 – Hanno detto, gli spagnoli: “vogliamo provare a dare una spiegazione a questa carneficina di motociclisti sulle nostre strade?” È evidente che non tutto può essere imputabile all’impennata di vendite nel settore motociclistico né al deficit infrastrutturale delle arterie e quindi era divenuto necessario affrontare il problema con metodo scientifico.Tutto è cominciato analizzando in tempo reale i dati dell’incidentalità iberica: nei primi 6 mesi del 2007, i motociclisti uccisi sono risultati essere 244, 53 in più rispetto allo stesso periodo del 2006, con un aumento del 28%. Lo scorso 11 settembre, pochi giorni prima di diffondere l’analisi statistica appena elaborata, il bollettino è stato aggiornato e le vittime delle due ruote sono divenute 390. Agosto ha segnato un aumento del 50% rispetto al mese precedente: una follia.Gli esperti della DGT, la Direzione Generale del Traffico, hanno allora cominciato a spulciare tutti i dati desunti dai rilievi di 2.767 eventi infortunistici caratterizzati dalla presenza di un centauro, munito di patente di categoria A o A-1. Tipo di evento, numero di veicoli coinvolti, caratteristiche della strada e condizioni meteo od orarie, fino alle informazioni relative al conducente: stato psicofisico, sesso, grado di esperienza… Ed ecco fatta la scoperta: il 28% dei motociclisti coinvolti in incidenti stradali, con morti o con feriti gravi, aveva una patente conseguita da meno di tre anni. Di più: il 21% non supera i due anni di pratica.I risultati dell’inchiesta realizzata dalla DGT, sono stati illustrati dal ministro dell’interno spagnolo Alfredo Pérez Rubalcaba, il quale ha anche annunciato l’imminente varo di un piano di sicurezza stradale pensato esclusivamente per le moto da un team di lavoro voluto con forza dalla direzione del Traffico e del quale fanno parte costruttori, associazioni, compagnie assicurative, società private ed enti locali, chiamato a redigere una strategia di forte impatto che parte dalla patente di guida: per condurre moto di grossa cilindrata servirà quella che il ministro ha definito – citiamo le testuali parole riportate dall’agenzia spagnola EFE – “esperienza ragionevolmente necessaria”; lo studio di massima, già approvato, prevede un approccio progressivo alla cilindrata fino ai 24 anni. Insomma, un diciottenne, per salire su una mille, dovrà aspettare almeno 6 anni, nei quali la sua esperienza potrà maturare gradualmente. Dunque, in Spagna, c’è una “questione di potenza”, ritenuta alla base dell’impennata di morti tra i centauri.“Ci sono più moto sulla strada – dice Anna Ferrer, direttrice dell’osservatorio della DGT – e può sembrare un’ovvietà spiegare che l’incremento degli eventi è correlato all’aumento del parco motociclistico. Tutti sappiamo, però, che anche il numero di auto è aumentato, ma le cifre relative alle quattro ruote sono in netto e costante calo”.
I progressi tecnici ed i miglioramenti apportati alle automobili, in termini di sicurezza attiva e passiva, sono stati indubbiamente di grande efficacia sul fronte della sinistrosità. Secondo la DGT, anche il settore dei motoveicoli dovrà seguire la stessa strada. I dati statistici della strada rilevati nel corso dell’estate, oggetto di studio dell’osservatorio governativo, hanno però indicato che, da marzo in poi, le punte di maggior violenza stradale sono concentrate nel fine settimana, con una vera e propria carneficina tra i conducenti di moto di grossa cilindrata. Un fenomeno analogo si verifica anche in Italia.L’analisi di questi risultati è coincisa con un altro studio realizzato dalla stessa DGT, riguardante le conseguenze di una nuova legge entrata in vigore nel 2004, che ha previsto per la conduzione di motoveicoli di cilindrata compresa tra i 76 ed i 125cc, (usati soprattutto negli spostamenti cittadini), la patente di guida.Il team di esperti era dunque ben preparato a passare al setaccio il dossier relativo ai 2.767 gravissimi incidenti motociclistici. L’88% di quelli mortali hanno visto coinvolte moto di cilindrata superiore ai 500cc; di queste, il 36,3% ha una cilindrata superiore ai tre quarti di litro.Il background di conoscenze ormai consolidate, ha peraltro fissato il concetto che il momento di maggior rischio, per i conducenti con scarsa esperienza, non è rappresentato dal primo mese e basta, ma per almeno i tre anni successivi dal conseguimento della licenza di guida, quando il soggetto ritiene di avere sufficiente esperienza. La quale, purtroppo, non c’è.Secondo la Direzione Generale del Traffico, per condurre moto di grossa cilindrata serve una patente speciale, pensato con una formula tale da garantire che quella non sia affatto la prima moto. Non è tutto: Anna Ferrer ha chiesto formalmente alle associazioni di motociclisti se ritengano ragionevole l’alta potenza di alcuni esemplari, mentre è imminente la definizione di un piano particolareggiato delle deficienze strutturali, in maniera tale da affrontare il problema sicurezza nella sua complessità. In Italia, un ente con questi poteri è solo un miraggio.Nel triennio 2004/2006, sono state commercializzate più moto che nel decennio 1994/2003. L’interpretazione più onesta, è fornita da un’associazione che partecipa ai lavori. “Stiamo certi che si tratta di una moda, perché tra i migliori piloti del mondiale ci sono molti spagnoli. E per 10.000 euro, si può comprare una moto con le prestazioni di una Formula Uno”.Dargli torto? (Asaps)

Un'occhiata all'estero: BELGIO

(ASAPS) NAMUR (BELGIO), 27 settembre 2007 – Il ministro vallone delle infrastrutture, Michel Daerden, ha annunciato nei giorni scorsi l’imminente nascita del Consiglio Superiore della Sicurezza Stradale. La notizia è trapelata al termine di una riunione degli Stati Generali tenutasi a Namur, capitale della Vallonia, una delle due province del regno del Belgio. Il Consiglio, che potrebbe avere in tempi rapidi un gemello anche nell’altra provincia, le Fiandre, sarà strutturato per rispondere con la miglior competenza possibile alle questioni legate alla necessità di porre un freno alla violenza sulle strade: ne faranno parte rappresentanti del governo locale, il ministro federale della mobilità, la comunità francese – molto forte in questa regione – la polizia federale, l’associazione dei comuni e rappresentanti degli utenti della strada, oltre ai sodalizi che riuniscono familiari e vittime della strada. Lo scopo è quello di realizzare una piattaforma di concertazione, che possa ascoltare le esigenze di tutti e formare proposte da portare all’attenzione dell’esecutivo locale. Le ultime ricerche hanno infatti dimostrato che non è sufficiente puntare sui controlli e sulla repressione. I dati pubblicati all’inizio dell’anno in Belgio, ripresi anche dall’Asaps, hanno infatti consentito di verificare che nonostante i controlli di polizia federale e locale siano nettamente aumentati tra il 2002 ed il 2006, la mortalità resta ancora molto alta. In effetti, i controlli tecnici sui veicoli sono aumentati del 14%, mentre i servizi con auto civetta sono lievitati del 19%. +11% in termini di controlli di velocità, mentre ancora più incisivo sembra essere l’impegno sul fonte della guida in stato di ebbrezza: +86% per l’alcol, mentre le verifiche sull’uso di droghe è cresciuto del +227%. Notevole anche l’impegno sul fronte dei trasporti con una crescita del 76% in materia di trasporto pesante. Nell’ottobre 2006, una tesi universitaria realizzata all’ateneo di Hasselt ha dimostrato che l’obiettivo europeo di dimezzare la mortalità entro il 2010, non sarà centrato nemmeno in Belgio. Il dottor Filip Van den Bossche, che ha analizzato molti modelli di studio matematici, ha stabilito che nel 2010 gli incidenti mortali nel proprio paese – che conta poco più di 10 milioni di abitanti – saranno comunque tra 800 e 900. Nel corso del 2006, in Belgio, sono decedute 966 persone, contro le 1.000 del 2005 (-3,4%). I giorni peggiori sono soprattutto quelli festivi, nei periodi cadi dell’anno, quando la mortalità cresce mediamente del 2% nonostante i chilometri percorsi subiscano significative diminuzioni. Le categorie d’età più a rischio sono due: quella compresa tra i 15 ed i 24 anni, e gli over 65. I motociclisti, anche in questo studio, pagano il prezzo più alto, con un rischio 3 volte più elevato rispetto a quello corso da un veicolo commerciale, anche se il coinvolgimento di ciclisti e tir in incidenti è in costante aumento. (ASAPS)

mercoledì 26 settembre 2007

Diamo un pò di numeri

Le ferite da incidenti di traffico uccidono quasi 350 persone al giorno, o più di 127.000 ogni anno nella regione europea monitorata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità.
È come se un evento catastrofico uccidesse la popolazione di una città di medie dimensioni ogni anno.Almeno 2,4 milioni di persone vengono ferite oppure rese disabili in incidenti stradali ogni anno.
Di questi 2 milioni di incidenti stradali annuali, circa il 65% avviene in città e villaggi , dove pedoni e ciclisti sono particolarmente esposti. L'evidenza sulla mortalità stradale è presentata nel "World report on road traffic injury prevention", che pubblicato dallo WHO e dalla Banca Mondiale il 7 aprile 2006, Giornata mondiale della salute (World Health Day), e nella pubblicazione "Preventing road traffic injury: a public health perspective for Europe", preparata dalla WHO Regional Office for Europe.
La quantità di morti e la disabilità causata dalle ferite da traffico le rende un problema di salute predominante. Ma la morte e le ferite sulle strade non sono eventi casuali. Determinando quali siano i fattori di rischio che conducono agli incidenti e come prevenirli è il principale obiettivo dello studio Europeo. Questo identifica le misure che si sa per certo che funzionino ed evidenzia il "gap" tra la conoscenza e la sua implementazione: "È arrivato il momento - si sostiene - di smettere di considerare le morti da traffico e le ferite come una conseguenza inevitabile dell'utilizzo delle strade: tali eventi sono prevenibili".


"Cultura della Mobilità" di Nicoletta COTTONE

Meglio ascoltare, che proibire. Per raggiungere l'obiettivo di dimezzare le vittime della strada entro il 2010 sono necessarie azioni di comunicazione per creare un cultura della mobilità sicura, non per suscitare paura, ma per diffondere messaggi positivi. Spot, campagne pubblicitarie e articoli sulla sicurezza stradale devono catalizzare l'attenzione degli utenti della strada soprattutto sul piano logico ed emotivo, stimolando l'adozione di comportamenti sicuri e in linea con le regole del Codice della strada. Sì, dunque, a un approccio persuasivo e non terroristico. Queste le indicazioni che emergono dalla ricerca condotta dall'Aci e dalla Facoltà di Scienze della comunicazione dell'Università «La Sapienza» di Roma, presentata nella capitale nel corso del convegno «Le grida del sabato sera - Comunicare rischio o sicurezza?». Per Mario Morcellini, preside della facoltà di Scienze della comunicazione dell'Università «La Sapienza» e responsabile scientifico dell'indagine, è necessario abbandonare «una visione paternalistica che dai media e dalle istituzioni tende a proiettarsi anche su quei giovani che in realtà sono causa di incidenti stradali e non vittime».Ogni anno gli incidenti stradali costano la vita a 5.400 persone e causano oltre 300mila feriti, con altissimi costi sociali quantificabili in 34.733 milioni di euro. Il maggior numero di incidenti avviene sulle strade urbane. Fra le cause, nell'ordine, il mancato rispetto della segnaletica, la guida distratta, la velocità e il mancato rispetto della distanza di sicurezza. Luglio è il mese nel quale si muore di più (19 decessi al giorno), domenica il giorno nero (19% dei decessi). L'orario più a rischio incidenti è dalle 14 alle 17, ma la notte, fra mezzanotte e le sei del mattino si registra il maggior numero di decessi.Un'emergenza sociale, dunque, da affrontare sul piano sociologico e culturale. L'indagine evidenzia come sia inutile, ai fini della prevenzione, bersagliare i guidatori con divieti, multe e imposizioni. «La via della sicurezza stradale - sottolinea lo studio - passa attraverso il confronto e il dialogo con tutti gli utenti della strada». Un concetto valido soprattutto per i giovani, per i quali gli incidenti stradali rappresentano la prima causa di morte nel mondo occidentale. «Vietare, proibire o reprimere - spiega la ricerca - non trovano più coniugazione nelle mode e nei linguaggi degli under 30, travolti dalla frenesia comunicativa del vivere quotidiano e da uno stile di vita improntato alla sregolata libertà di interpretare le regole piuttosto che osservarle». Lo studio mette in luce come l'assunzione del rischio sia una dinamica tipicamente giovanile, che si basa sulla errata convinzione di poter controllare ogni circostanza imprevista. Due fattori, secondo l'Aci, possono accrescere la consapevolezza di chi guida: provocare o essere coinvolti in un sinistro, con evidenti ripercussioni sul piano emotivo e fisico o la frequenza a un corso di guida sicura, che permetta un confronto diretto con le proprie capacità e le nuove potenzialità dei più avanzati sistemi di sicurezza dei veicoli, dall'Abs all'Esp, all'Esc. Fra i rilievi messi in luce dallo studio il fatto che i neopatentati abbiano una conoscenza del Codice della strada inferiore rispetto ai ragazzi fra i 13 e i 18 anni. Secondo l'Aci, dunque, i corsi teorici di sicurezza stradale devono rientrare nei programmi formativi delle università, oltre che delle scuole secondarie. «Quelle che ci sono in materia sono buone leggi- spiega Pasquale De Vita, vicepresidente vicario dell'Aci - ma é necessario applicarle e soprattutto realizzare una comunicazione efficace che arrivi agli utenti finali: i giovani». Efficace, dunque, per la prevenzione degli incidenti stradali, la presenza visibile delle Forze dell'ordine sulle strade per prevenire i comportamenti scorretti, molto più di un autovelox nascosto fra i cespugli o di un vigile in agguato. Dalle statistiche sugli incidenti stradali emerge come il numero dei sinistri sia sostanzialmente stabile durante la settimana, per presentare poi un picco di mortalità nelle notti di venerdì e sabato. Dunque incidenti non imputabili al traffico o a condizioni atmosferiche avverse, ma a comportamenti incompatibili con valori e aspettative delle società moderne. Difficile nell'attuale situazione centrare l'obiettivo imposto dall'Unione europea di dimezzare le vittime della strada entro il 2010. Per centrarlo l'Italia non dovrebbe superare i 3.100 morti l'anno, con una riduzione ogni anno del 9 per cento. Un traguardo, purtroppo, ancora molto lontano. E particolarmente drammatica è la situazione per i veicoli a due ruote a motore, secondo quanto fa notare un'indagine dell'Asaps (Associazione amici della polizia stradale). Infatti, se in Italia moto e ciclomotori rappresentano il 20% dei mezzi immatricolati e il 3,5% in termini di mobilità (viaggiatori per chilometro),le vittime toccano il 26%, con punte del 50/60% nei fine settimana. Un dato che pone l'Italia al primo posto in Europa (media europea del 21%) e che entro il 2010 rischia di toccare quota 40%. L'Italia nel 1994 era al terzo posto come numero di vittime in Europa (19% del totale), ma dal 2003 è al primo posto con 1.441 vittime (24%), che diventano 1.474 nel 2004 (26%) e 1.404 nel 2005 (26%).

lunedì 24 settembre 2007

Alcool e Incidenti Stradali


Incidenti Stradali: Duri da Sfatare

Secondo il rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità sugli interventi per ridurre il numero di incidenti stradali, l’85 per cento delle morti per incidenti avviene nei paesi a basso reddito, mentre i paesi ad alto reddito ne hanno ridotto in modo considerevole il numero negli ultimi decenni, indicando possibili vie da seguire. «Si sarebbe tentati di crogiolarsi in questi risultati», commenta un editoriale pubblicato di recente sul British Medical Journal, «se non fosse che, come illustrano quattro articoli pubblicati su questa rivista, il quadro che emerge è differente e l’obiettivo di aumentare la sicurezza stradale rimane ancora lontano da raggiungere anche nei paesi più ricchi» (Ameratunga 2006). Dagli articoli emergono possibili indicazioni per condurre interventi di prevenzione che riguardano i comportamenti di chi sta alla guida, ma anche aspetti di politica dei trasporti e di messa in sicurezza delle strade.
Non basta accorgersi di avere sonno, occorre fermarsi
Il rischio
di incorrere in incidenti stradali gravi aumenta in modo proporzionale al numero di volte in cui ci si è messi alla guida assonnati, secondo uno studio pubblicato sul BMJ (Nabi 2006).
L’indagine prospettica è stata condotta in Francia su oltre 13.000 persone e ha esaminato l’associazione tra l’autovalutazione di quante volte la persona ha guidato in stato di sonnolenza nell’anno precedente alla somministrazione del questionario (2001) e il tasso di incidenti stradali gravi incorsi nei tre anni seguenti (2001-03). La guida in stato di sonnolenza è stata valutata con una scala a 5 livelli: mai, nell’ultimo anno, poche volte all’anno, una volta al mese, una volta a settimana, più di una volta a settimana. Sono state raccolte inoltre altre informazioni importanti su stato di ebbrezza alla guida, assunzione di farmaci antidepressivi, di farmaci per disturbi legati all’ansia, presenza di disturbi del sonno, condizioni di lavoro. E’ stata infine richiesta la velocità massima raggiunta in strade urbane, rurali, autostrade.
L’indagine ha tenuto conto di questi fattori e ha trovato che il rischio di incidenti stradali aumenta in modo progressivo all’aumentare della frequenza di episodi di guida in stato di sonnolenza. In particolare, rispetto a chi non ha mai guidato se assonnato, si passa da un aumento del 50 per cento per chi ha detto di aver guidato in stato di sonnolenza poche volte in un anno, a un aumento di tre volte per chi ha detto di aver guidato in quelle condizioni una volta al mese o più spesso.
«Mentre l’assunzione di alcol, la velocità, l’uso delle cinture sono spesso oggetto di campagne per la sicurezza stradale, il sonno non sembra considerato un elemento prioritario», commenta l’editorialista Rod Jackson, «benché attuare strategie affinché le persone non guidino quando hanno sonno potrebbe prevenire quasi il 20 per cento degli incidenti d’auto che comportano lesioni gravi». «Non si tratta di aiutare chi guida a riconoscere i segni della stanchezza», spiegano gli autori dello studio; «l’obiettivo di una campagna di prevenzione deve essere di convincere le persone a fermarsi e dormire quando sono stanche e hanno sonno, oppure lasciare guidare qualcun altro». Suggerimenti legati al buon senso, che spesso vengono ignorati, così come sono ignorate alcune norme previste dal codice stradale.
Poco seguite le leggi sui comportamenti di chi guida: l’esempio di Londra
A Londra un guidatore su sei non usa le cinture di sicurezza, secondo quanto riportato in uno studio condotto in tre zone ad alto traffico della capitale del Regno Unito (Walker 2006).
Sono stati osservati oltre 38.000 conducenti di auto normali (a due ruote motrici) e oltre 3.000 di auto a quattro ruote motrici (tipo sport utility vehicles e fuori strada). «I nostri dati mostrano un preoccupante livello di trasgressione delle leggi su cinture di sicurezza e uso del cellulare», commentano gli autori della ricerca, da cui sembrerebbe emergere che chi guida auto a quattro ruote motrici segue comportamenti più a rischio rispetto a chi guida auto normali, forse perché si sente più sicuro. I conducenti di fuori strada o SUV arrivano a usare il cellulare (senza auricolare o viva voce) fino a quattro volte più degli altri: «tenere in mano il cellulare mentre si guida è associato a un aumento del rischio di avere un incidente stradale», commentano gli autori, secondo i quali, visti i risultati dello studio «vanno condotti maggiori sforzi per educare il pubblico a rispettare le leggi in vigore e rendere più rigorose quelle che ci sono».
Oltre ad agire cercando di cambiare i comportamenti di chi guida, sarebbero opportuni interventi più ampi che comprendano la politica dei trasporti e la messa in sicurezza delle sedi stradali, come spiega un articolo sulle disguaglianze nei tassi di mortalità per incidenti dei bambini di famiglie a diverso reddito (Edwards 2006).
Più a rischio di incidenti i bambini di famiglie a basso reddito
«Nel triennio 2001-2003 sarebbero morti 600 bambini in meno a causa di infortuni», per incidenti domestici, stradali e altro, «se tutti i bambini in Inghilterra e Galles avessero potuto aspirare al tasso di mortalità
delle classi a reddito più alto» , così gli autori dello studio condotto su bambini dai zero ai quindici anni di età commentano i risultati ottenuti.
La ricerca illustra la disuguaglianza dei tassi di mortalità per incidenti legata alle condizioni socioeconomiche delle famiglie a cui appartengono i bambini. Suddividendo le famiglie in otto classi a seconda dell’occupazione del padre – da occupazione manageriale a nessuna occupazione – risulta che le morti di bambini come pedoni sono venti volte più numerose tra i bambini con genitore disoccupato rispetto ai bambini con genitore che abbia occupazione di livello manageriale. Le morti di bimbi in bicicletta sono 27 volte di più tra quelli con genitore disoccupato. «Negli ultimi venti anni è diminuita la mortalità dei bambini per incidenti e per avvelenamento, eccetto che per le famiglie con genitori che non hanno lavoro», sottolineano gli autori: «persistono gravi disuguaglianze, soprattutto per quanto riguarda la condizione di pedoni, ciclisti e per gli incendi domestici». Come si spiegano queste disuguaglianze legate al reddito familiare? «Si possono fare solo ipotesi», spiegano gli autori «probabilmente la differenza è dovuta a diversi livelli di esposizione al rischio. I risultati suggeriscono una maggiore esposizione al rischio di incidenti stradali per i bambini di genitori disoccupati». La diversa esposizione al rischio, come illustra l’editoriale a commento, è legata alle caratteristiche di velocità e densità del traffico delle zone frequentate dai bambini, alla sicurezza delle aree di gioco, alla presenza di protezioni lungo le strade percorse. «Per ridurre queste disuguaglianze si dovrebbero attuare strategie che agiscano sulla politica economica e dei trasporti, così come condurre interventi sull’ambiente stradale, sui veicoli e su coloro che circolano per le strade, piuttosto che concentrarsi solo sul cambiare i comportamenti delle vittime», chiosa l’editorialista Rod Jackson (Ameratunga 2006).
Se trovare indicatori di incidenti gravi non fatali è difficile nei paesi ad alto reddito, come spiega Jackson, nei paesi a medio e basso reddito gli incidenti stradali sono sottostimati in percentuale ancora maggiore: «in definitiva l’epidemia di lesioni e ferite da incidenti stradali nel mondo è stata considerevolmente sottostimata».

Danno Morale Prossimi Congiunti

Con la sentenza 27 giugno 2007, n. 14845 la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi in merito alla risarcibilità del danno morale dovuto ai parenti della vittima di un incidente stradale.
La decisione si inserisce perfettamente nel filone giurisprudenziale favorevole alla risarcibilità del danno morale subito dai prossimi congiunti delle vittime di lesioni colpose.
Nel caso di specie si trattava di un giovane medico autonomo economicamente e che non conviveva più con la famiglia (genitori e fratelli).
L’autonomia economica ed il fatto della mancata convivenza costituiscono una “particolarità” della vicenda giudiziaria conclusasi con la decisione oggi in commento.
La Corte di appello di Catanzaro, aveva confermato l’ appellata decisione del Tribunale in punto di riparto delle responsabilità, ma poi aveva proceduto, ad una sostanziale riduzione delle somme globali per i danni dovuti a vario titolo ai parenti del defunto tenendo conto dei rilievi critici dell'impresa assicuratrice.
Con il ricorso per Cassazione nel primo motivo si deduce tra l’altro la “nullità della sentenza per extrapetizione in quanto ha posto a fondamento della decisione un fatto non allegato".
Nel secondo motivo si deduce l'error in iudicando ed il vizio della motivazione in punto di mancata liquidazione delle perdite patrimoniali conseguenti al decesso del giovane medico, che aveva aperto, con successo un ambulatorio dentistico.
Quanto al primo motivo, la Suprema Corte ha accolto il ricorso proposto dagli eredi ed ha disposto il rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Catanzaro per l’esame del profilo relativo alla congruità della liquidazione del danno.
Essendo stata dedotta la nullità della sentenza per extrapetizione in quanto era stato posto a fondamento della decisione un fatto non allegato, si è reso necessario il controllo delle carte processuali.
La Corte di legittimità ha riscontrato che l’impresa assicuratrice aveva fatto rilevare la “quantificazione eccessiva del danno morale, ma senza dedurre od eccepire il fatto della mancata convivenza del giovane medico con la propria famiglia o con i fratelli”.
Tale difetto di prova, secondo la Corte, era stato un fattore determinante per “la radicale riduzione del danno morale iure proprio dei genitori (più che dimezzato) e per la più radicale riduzione del danno morale concesso ai fratelli (ridotto a un quinto)”.
E’ apparso quindi fondato alla Suprema Corte il rilievo sulla extrapetizione da parte della Corte di appello determinata dalla mancata corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato.
Infatti, “la ratio decidendi considera non fondato un elemento di valutazione non contestato dalla parte appellante (in primo grado, dove la circostanza della convivenza venne dedotta sin dalla denuncia di sinistro, ed in secondo grado, dove la revisione del quantum non viene fondata su detta circostanza )”.
L'accoglimento del motivo sotto il profilo dell'error in procedendo, ha determinato la cassazione con rinvio, per l’esame del “profilo della congruità della liquidazione del danno, che è nuovamente rimesso al giudice del riesame, il quale dovrà considerare i recenti arresti di questa Corte in materia di danno morale parentale (Cass. 15 luglio 2005 n. 15022; Cass. 12 luglio 2006 n. 15760) in relazione ai valori costituzionali della persona e della integrità familiare che la perdita del congiunto compromette in modo definitivo”.
Volendo aprire una parentesi sulle due precedenti pronunce di legittimità (indicate), alle quali il giudice di rinvio dovrà rifarsi, la prima (Cass. 15022/2005) ha sostanzialmente stabilito che la tutela del danno subito in conseguenza della uccisione di un prossimo congiunto, è individuabile negli artt. 2, 29 e 30 Cost. e si colloca nell'area del danno non patrimoniale di cui all'art. 2059 cod. civ..
Tale danno si fonda sulla definitiva perdita del rapporto parentale, che consiste nell'interesse all'intangibilità della sfera degli affetti e della reciproca solidarietà nell'ambito della famiglia, nonché all'inviolabilità della libera e piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana nell'ambito della famiglia.
Si tratta di un “danno conseguenza” che “deve essere allegato e provato da chi chiede il relativo risarcimento, potendosi tuttavia ricorrere a valutazioni prognostiche e presunzioni sulla base degli elementi obbiettivi forniti dal danneggiato, quali l'intensità del vincolo familiare, la situazione di convivenza, la consistenza del nucleo familiare, le abitudini di vita, l'età della vittima e dei singoli superstiti, la compromissione delle esigenze di questi ultimi”.
Anche la seconda decisione indicata (Cass. 15760/2006) è imperniata sulla valutazione del cosiddetto danno morale parentale diretto, vale a dire del danno morale, che viene richiesto "iure proprio", quale danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. consequenziale alla morte del congiunto.
Stando a tale decisione, il principio informatore della "tutela risarcitoria integrale" del danno da morte dei congiunti, inteso come danno morale, “si basa sulla lesione di due bene della vita, strettamente collegati:
a) il bene dell'integrità familiare, con riferimento alla vita quotidiana della vittima con i suoi familiari, in relazione agli artt. 2, 3, 29, 30, 31 e 36 Cost.;
b) il bene della solidarietà familiare, sia in relazione alla vita matrimoniale che in relazione al rapporto parentale tra genitori e figli e tra parenti prossimi conviventi, e ciò in relazione agli artt. 2, 3, 29 e 30 Cost.”
Il giudice del rinvio dovrà decidere tenendo conto del quadro sopra delineato e delle ulteriori indicazioni del giudice remittente con le quali si è precisato che “se il fattore della convivenza esalta maggiormente il vincolo della vita in comune, la comunione di affetti e di solidarietà ben può sussistere anche nel caso di una scelta di vita autonoma del figlio medico, essendo i vincoli spirituali altrettanto stretti e degni di tutela” e che ”il danno morale parentale, come danno ingiusto, dev'essere dunque integralmente risarcito, e la equità del giudice deve essere adeguatamente espressa, valutando tutte le circostanze note e non contestate”.
Per completezza di informazione in fatto di mancata convivenza si può aggiungere che, con altra recentissima decisione (Cass. civ. Sez. III, 19-01-2007, n. 1203), la stessa sezione della Cassazione aveva stabilito che in caso di risarcimento del danno morale da morte ai congiunti della vittima, l'intensità del vincolo familiare (rapporto genitoriale, di fratellanza) può già di per sé costituire un utile elemento presuntivo su cui basare la ritenuta prova dell'esistenza del danno morale, in assenza di elementi contrari.
La mancanza di convivenza del soggetto danneggiato con il congiunto deceduto può, invece, costituire “elemento indiziario da cui desumere un più ridotto danno morale, influendo quindi esclusivamente sulla liquidazione dello stesso danno”.
Per quanto riguarda il secondo motivo del ricorso per Cassazione e cioè la, “mancata liquidazione delle perdite patrimoniali conseguenti al decesso del giovane medico, che aveva aperto, con successo un ambulatorio dentistico”, la Corte di appello “pur avendo constatato la omessa pronuncia del primo giudice, ha poi seguitato nella omissione, rilevando che «alla stregua delle emergenze di causa non è possibile formulare alcuna previsione» in ordine al vincolo di solidarietà tra il giovane medico celibe e la sua famiglia”.
La Cassazione fa rilevare come, “proprio per il rilievo costituzionale della integrità e della solidarietà di una famiglia fondata sul matrimonio e sulla comunione degli affetti e del reciproco sostegno, la valutazione equitativa e presuntiva, si pone in relazione alle circostanze note e non contestate e essendo riferita ad un danno futuro, di natura patrimoniale, permanente, determina quella equità circostanziata di cui parla il legislatore nell'art. 2057 che bene si integra con lo art. 2056 del codice civile, con riferimento alla considerazione delle condizioni delle parti lese e della natura del danno (la privazione di una solidarietà economica)”.
Individua l'errore del giudice del merito “nella sua inettitudine di valutazione, pur in presenza di una lesione gravissima del bene della integrità familiare, come se l'equità non debba operare, in una visione cupa ed egoistica di una società disgregata, che la centralità della persona umana non prevede, nell'attuale assetto della Costituzione e del suo essere la legge fondamentale fondante il diritto vivente. (Cfr. Corte Cost. 28 luglio 1983 n. 252 e Corte Cost. 8 giugno 1987 n. 215)”.
In conclusione la Corte ha stabilito che “il giudice del riesame dovrà dunque procedere, essendo incontroverso l'an debeatur, ad una valutazione equitativa in via presuntiva ed a carattere satisfattivo, tenendo conto della stretta relazione tra la natura del danno e le condizioni dei parenti della vittima, nel contesto dei valori costituzionali che ancor oggi sorreggono la solidarietà e la compattezza dei vincoli familiari”.
(Altalex, 30 luglio 2007. Nota di Giuseppe Mommo)

GUIDA IN STATO DI EBBREZZA: Velocipedi

La sentenza che si commenta ed il cui testo, per esteso, è in allegato appare particolarmente interessante perché attiene ad un caso abbastanza inconsueto di guida in stato di ebbrezza.
Nella fattispecie, infatti, l’accusa è stata contestata ad una persona che si trovava alla guida di una bicicletta, e che è stata coinvolta in un sinistro stradale.
Due sono i profili di specifico interesse che emergono dal provvedimento in commento.
Il primo di questi aspetti, probabilmente il più ovvio, ma, indubbiamente, meno usuale nella pratica forense, concerne l’applicabilità dell’
art. 186 CdS anche ad una ipotesi di conduzione di un veicolo per il quale non sia richiesta una specifica autorizzazione amministrativa.
Vale a dire che non può, certo, sfuggire alla previsione dell’
art. 186 CdS, il caso in cui la persona, che versi in stato di alterazione psico-fisica per eccessiva ingestione di sostanze alcoliche, si trovi – come nel caso che ci occupa – in sella ad una bicicletta.
Non pare, infatti, necessario spendere troppe parola per giustificare una simile scelta.
Il tenore letterale del comma 1° dell’
art. 186 CdS, non a caso, (sia nella fase che in quella post decreto Bianchi del 2007) è categorico nel descrivere e prevedere che “Chiunque guida in stato di ebbrezza è punito, ove il fatto non costituisca più grave reato…..”.
Ergo, la guida presuppone un comportamento che si sostanzia nel “condurre un veicolo regolandone la direzione e la velocità” (De Mauro Diz. Italiano, Paravia, pg. 1103 vol. I).
In siffatta categoria comportamentale, dunque, deve essere ricompresa anche la guida di un velocipede privo di motore e spinto solo dalla forza dell’uomo, con le evidenti conseguenze che ne derivano, perché il citato mezzo di locomozione è idoneo, a tutti gli effetti, ad essere regolamentato dal codice della strada al pari di altri veicoli di diversa natura, ai sensi dell’
art. 182 CdS.
Il secondo aspetto, che rileva sul piano del diritto, attiene alla scelta del giudice di prime cure di escludere “che in caso di guida in stato di ebbrezza di una bicicletta (veicolo per la cui guida non è prevista patente alcuna) non può essere applicata la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida”.
Si tratta di un indirizzo che presuppone un’interpretazione di strettissima legalità della norma vigente e che, per quanto può apparire corretto sul teorico piano di una ermeneutica di carattere logico, tradisce, in realtà, il vero senso filologico del testo normativo.
Va, infatti, osservato che l’
art. 186 CdS, testualmente, prevede la sanzione amministrativa della sospensione della patente in maniera del tutto indiscriminata, cioè senza che vi sia un vincolo di ancoraggio diretto tra violazione commessa ed ascritta e tipologia della patente di guida.
Se, infatti, una persona viene trovata in sella ad una motocicletta in stato di ebbrezza, gli verrà ritirata la patente di cui è in possesso effettivo, cioè costui non potrà condurre non solo la moto, ma anche qualsiasi altro veicolo (automobile, autocarro etc.) che egli sia abilitato a guidare.
Quanto sopra sta a significare, che al soggetto, il quale si renda responsabile della violazione dell’
art. 186 CdS, la legge prevede la sospensione della patente sic et simpliciter (o tout court che dir si voglia), senza che vi sia la previsione di una individualizzazione della sanzione amministrativa o degli effetti specifici della stessa in relazione al fatto nella sua concretezza (non è, quindi, sospesa la patente che serve a guidare quello specifico veicolo).
Ad ulteriore chiarimento – onde evitare equivoci – va detto che la legge codicistica non dice, affatto, che, in relazione alla violazione dell’
art. 186 (o 187) Cds, debba essere sospesa la sola patente abilitativa la conduzione del tipo di veicolo guidato all’atto dell’infrazione; la norma parla genericamente di patente, sicchè la sanzione amministrativa in parola non può non avere un carattere di coinvolgimento globale che investe l’autorizzazione a condurre un veicolo nella sua interezza.
Deve, pertanto, essere inibita qualsiasi forma di guida, per un preciso lasso di tempo al soggetto che abbia violato una delle disposizioni in questione.
Va detto, ad abundantiam, inoltre, che l’applicazione da parte del giudice della sanzione in esame non ha carattere discrezionale, in quanto il testo legislativo configura un automatismo rispetto alla sanzione principale (“All'accertamento del reato consegue la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da…”).
Consegue, dunque, che – a personale parere di chi scrive – l’argomento usato in sentenza per ricusare l’applicazione della sanzione amministrativa, il quale risulta di chiara e spiccata configurazione logica e che riposa sull’osservazione che per condurre una bicicletta non è necessario possedere alcun tipo di patente, appare certamente corretto sul piano di un giudizio informato al criterio dell’equità, ma tale non pare riguardo ad una valutazione di puro diritto.
Il ragionamento trasfuso in sentenza dal giudice monocratico si fonda, però, su di un equivoco interpretativo dato dalla gnoseologica circostanza del libero uso della bicicletta da parte di chiunque, ad ogni età e senza vincoli autorizzativi di legge.
In realtà, chi scrive ritiene che nel silenzio (o lacuna normativa dell’improvvido legislatore) della norma in ordine al veicolo che sia oggetto della guida in stato di ebbrezza (giacchè l’
art. 186 CdS non fa menzione di specifici veicoli, tutti i veicoli nessuno escluso devono essere ricompresi nella previsione precettale), laddove la persona che conduce la bicicletta sia soggetto munito di una patente di guida, egli debba essere assoggettato anche alla sanzione amministrativa.
La violazione in parola, infatti, sotto il profilo della pura condotta ha natura squisitamente oggettiva, non presentando il tipo di veicolo che si conduce (ciclo, auto o moto) alcuna differenza preliminarmente naturalistica (essendo tutti mezzi di locomozione regolati dal codice) e posto che la differenza fra gli stessi può essere apprezzata solamente sul successivo piano quantitativo della potenzialità degli effetti lesivi che la guida in stato di alterazione può provocare.
La fonte della responsabilità della persona, la condotta di guida, dunque non può essere frammentata e ridotta solo agli effetti penali, con esclusione di altre conseguenze sanzionatorie.
Reputo, quindi, che la sentenza in oggetto – anche per l’assenza di una motivazione più analitica – non possa apparire convincente e che, una corretta interpretazione della disposizione codicistica, in ipotesi di conduzione in stato di ebbrezza da alcool o stupefacenti, di un veicolo per il quale non sia richiesta la formale patente non possa, comunque, prescindere dall’indagine in ordine al possesso da parte del conducente dell’autorizzazione.
L’applicazione della misura amministrativa a parere di chi scrive, auspicabilmente contenuta nei limiti minimi edittali, appare soluzione corretta, a fronte di una violazione che, per la sua natura di reato di evento con profili di potenziale evolutivo pericolo (di sinistri e conseguenze luttuose), presenta connotati di indubbia gravità.
Non credo, infatti, che si possa banalizzare la guida di una bicicletta, se è vero che anche alla guida di un simile mezzo si può morire o si possono provocare sinistri con conseguenze a carico di terzi.
(Altalex, 17 settembre 2007. Nota di
Carlo Alberto Zaina)

Grafico Interessante


Eloquente

E meglio arrivare in ritardo ad uno dei tanti appuntamenti, piuttosto che in anticipo con l'ultimo !!!


IL MODELLO CAI (Ex CID)


Indennizzo Diretto e Infortunistica Stradale

Quali sono i comportamenti da tenere nell'ipotesi in cui si venga coinvolti in un sinistro stradale.
Sinistro non contestatoIn questa ipotesi ci sono due opzioni: a) compilare un modulo C.A.I., sottoscritto da entrambi i conducenti dei veicoli coinvolti. Colui che non è responsabile del sinistro può inoltrare una richiesta di indennizzo diretto alla propria compagnia assicurativa ed attendere che questa formuli un'offerta entro 30 giorni. Attivando questa procedura è possibile farsi assistere da un legale a proprie spese. Occorre, inoltre, chiarire che nell'ipotesi che l'offerta formulata dalla compagnia non sia ritenuta congrua dal danneggiato, o in mancanza di un'offerta di indennizzo, il danneggiato dovrà proporre azione risarcitoria nei confronti della propria compagnia di assicurazione, facendosi assistere da un legale, anche trattenendo in acconto la somma offerta;b) redigere e sottoscrivere un modulo C.A.I. ed inoltrare una richiesta di indennizzo diretto alla propria compagnia assicurativa ed attendere che questa formuli un'offerta entro 60 giorni (90 giorni in caso di lesioni). Attivando tale procedura è possibile farsi assistere da un legale a proprie spese. In caso di offerta non congrua o in caso di mancata offerta il danneggiato dovrà proporre azione risarcitoria nei confronti della propria compagnia di assicurazione, facendosi assistere da un legale, anche trattenendo in acconto la somma offerta;Il conducente del veicolo non responsabile del sinistro che subisce lesioni personali ha diritto ad ottenere un risarcimento dalla propria compagnia di assicurazione, per lesioni con postumi valutabili fino al 9% di IP. Dovrà, tuttavia, recarsi presso il P.S. del più vicino ospedale e farsi rilasciare, previa visita, referto medico.Il trasportato su qualunque dei veicoli coinvolti nel sinistro ha diritto ad ottenere un risarcimento dalla compagnia assicurativa del vettore, a prescindere dall'accertamento della responsabilità dei conducenti. Anch'egli dovrà recarsi presso il P.S. del più vicino ospedale e farsi rilasciare, previa visita, referto medico.
Sinistro contestatoIn questa ipotesi è consigliabile non rimuovere i veicoli dalle posizioni assunte a seguito del sinistro e sollecitare l'intervento delle autorità di polizia (Vigili Urbani, Polizia Stradale, Carabinieri). Qualora l'intervento delle autorità non sia possibile, si consiglia di effettuare rilievi fotografici dello stato dei luoghi e dei veicoli danneggiati prima di rimuovere gli stessi dalle loro posizioni. Anche in questa ipotesi colui che si ritenga non responsabile del sinistro redigere e sottoscrivere un modulo blu ed inoltrare una richiesta di indennizzo diretto alla propria compagnia assicurativa ed attendere che questa formuli un'offerta entro 60 giorni (90 giorni in caso di lesioni). Attivando tale procedura è possibile farsi assistere da un legale a proprie spese. In caso di offerta non congrua o in caso di mancata offerta il danneggiato dovrà proporre azione risarcitoria nei confronti della propria compagnia di assicurazione, facendosi assistere da un legale, anche trattenendo in acconto la somma offerta. A partire dalla fase giudiziale le spese legali, in caso di esito positivo della procedura, vengono corrisposte dalla compagnia assicurativa.In caso di lesioni al conducente e/o al trasportato, si veda quanto già descritto al punto 1).
Sinistro provocato da veicolo non assicuratoPer questa fattispecie la normativa vigente dispone che i danni cagionati da un veicolo sprovvisto di copertura assicurativa vengano risarciti dal F.G.V.S. (Fondo di Garanzia Vittime della Strada), ma solo con riferimento alle lesioni personali e, pertanto, con esclusione dei danni a cose. Ovviamente, anche in questa ipotesi, in casi di lesioni al trasportato, si veda quanto già descritto al punto 1).
Sinistro provocato da veicolo pirataAnche per questa fattispecie la normativa vigente dispone che danni cagionati da veicolo non identificato vengano risarciti dal F.G.V.S. (Fondo di Garanzia Vittime della Strada), con applicazione di una franchigia di €. 500,00 per i danni a cose e senza applicazione di alcuna franchigia per le lesioni personali. Perchè la domanda possa essere validamente proposta, secondo la più recente e diffusa giurisprudenza, il danneggiato deve proporre nei termini di legge querela contro ignoti. Ovviamente, anche in questa ipotesi, per le lesioni al conducente e/o al trasportato, si veda quanto già descritto al punto 1)
Nelle ipotesi di incidente in cui siano rimasti coinvolti più di due veicoli, di sinistro da cui siano derivate lesioni al conducente con postumi valutabili in misura superiore al 9% di IP (lesioni gravi), ovvero di sinistro che abbia coinvolto un ciclomotore che non sia targato secondo il nuovo regime di targatura entrato in vigore il 14 luglio 2006, il danneggiato dovrà fare richiesta di risarcimento all’assicuratore del veicolo responsabile.Nel caso di sinistro con veicoli esteri la richiesta andrà indirizzata all’Ufficio Centrale Italiano.Poichè la normativa in materia di risarcimento dei danni derivanti dalla circolazione stradale è in continua evoluzione, queste indicazioni, valide al momento della redazione di questa pagina, potrebbero non esserlo più in futuro. Provvederemo ad aggiornare questa sezione tempestivamente, qualora gli scenari normativi in materia dovessero mutare.
Attenzione! La richiesta di indennizzo diretto alla propria compagnia deve contenere tutti gli elementi ed i documenti previsti dalla nuova normativa affinchè l’assicurazione possa formulare una congrua offerta. In caso contrario, verrà richiesta al danneggiato una integrazione ed i termini per la formulazione dell'offerta (30, 60, 90 giorni) ricomincieranno a decorrere dalla data della ricezione dei documenti o degli elementi richiesti. Per evitare di vedere dilatati i tempi di attesa, è consigliabile farsi sempre assistere da un legale in questa fase delicata.

Tratto da Studio Santella - Avvocato Pasquale SANTELLA

Obbligo di Custodia della Strada: Luigi VIOLA

Obbligo di custodia della strada e responsabilità del Comune
a cura di Luigi Viola
(Articolo tratto da Altalex Massimario, la banca dati ed il supplemento settimanale di aggiornamento professionale per i giuristi)
Circolazione stradale Insidia stradale
Codice CivileArt. 2051. Danno cagionato da cosa in custodia
Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.
L’art. 2051 c.c., spesso, trova applicazione nell’ambito della manutenzione delle strade, in quanto grava, secondo l’impostazione più recente, sulla Pubblica amministrazione l’obbligo di custodia, al fine di evitare che possano “formarsi” insidie e trabocchetti idonei a cagionare danni, anche significativi, ai cittadini.
Secondo lo schema giuridico di tale articolo, è il danneggiante che deve provare l’eventuale caso fortuito per essere ritenuto non responsabile dell’eventuale danno, ribaltando lo schema probatorio classico (in tema di responsabilità aquilana) suggerito dall’art. 2043 c.c. (dove è il danneggiato a dover dimostrare l’eventuale colpa del danneggiante).
Limiti all'applicabilità della fattispecie
La giurisprudenza più recente ha ben individuato i limiti dell’applicabilità dell’art. 2051 c.c. alle strade.
In particolare, Cassazione civile , sez. III, sentenza 27.03.2007 n° 7403 ha ritenuto che:
Il comune è obbligato a custodire le strade, con la conseguenza che è responsabile dei danni cagionati alle persone e cose, nei limiti in cui non vi sia l’impossibilità di governo del territorio.
L’obbligo di custodia sussiste se vi è:
il potere di controllare la cosa;
il potere di modificare la situazione di pericolo insita nella cosa o che in essa si è determinata;
il potere di escludere qualsiasi terzo dall’ingerenza sulla cosa nel momento in cui si è prodotto il danno.
Se anche il danneggiato ha avuto un ruolo causale nella determinazione dell’evento dannoso troverà applicazione l’art. 1227 c.c.
Nello stesso senso si era già espressa Cassazione civile , sez. III, sentenza 23.02.2005 n° 3745: la presunzione di responsabilità ex art. 2051 non è applicabile nei confronti della P.A. per quelle categorie di beni che sono oggetto di utilizzo generale e diretto da parte di terzi perché in questi casi non è possibile un efficace controllo ed una continua vigilanza da parte della P.A. tale da impedire l'insorgere di cause di pericolo per i cittadini, con la conseguenza che, al più, troverà applicazione l’art. 2043 c.c..
Anche parte della giurisprudenza di merito aveva accolto tale ricostruzione; Tribunale Monza 24.05.2001 n° 1356 riteneva ammissibile l'applicabilità dell'art. 2051 c.c. alla P.A. anche con riferimento ai beni demaniali, nei casi in cui il luogo in cui il danno si era verificato fosse di un'estensione tale da rendere possibile un effettivo controllo da parte della stessa e ciò anche per quanto concerne il demanio stradale. Dalla proprietà pubblica del Comune sulle strade poste all'interno dell'abitato discende per l'ente non solo l'obbligo della manutenzione, come stabilito dell'art. 5 r.d. 15.11.1923 n. 2506 ma anche quello della custodia, con conseguente operatività nei confronti dell'ente stesso, della presunzione di responsabilità di cui all'art. 2051 c.c..
In senso contrario, parte della giurisprudenza ha ritenuto non applicabile l’art. 2051 c.c. alle strade, preferendo l’art. 2043 c.c., con conseguente diverso riparto dell’onere probatorio.
Cassazione civile , sez. III, sentenza 30.07.2002 n° 11250: sussiste la responsabilità della P.A. e dell'Ente concessionario ex art. 2043 cc per i danni subiti dall'utente stradale allorché la insidia non sia visibile e prevedibile.
Tribunale Brindisi, sentenza 03.11.2005 n° 1041: la buca stradale per giustificare un risarcimento del danno, ex art. 2043 c.c., deve rappresentare un pericolo occulto (definito anche insidia o trabocchetto), caratterizzato dalla coesistenza dell’elemento oggettivo della non visibilità e dell’elemento soggettivo della imprevedibilità.
Natura pericolosa della cosa custodita
D’altronde la P.A. non è responsabile ex se, ma nella misura in cui, con la propria omissione sulle strade “controllabili” (perché non eccessivamente estese), abbia creato un pericolo per il cittadino.
Sul punto è stato detto da Cassazione civile, sez. III, sentenza 19.07.2005 n° 15224 che: la non conformità dello stato di manutenzione della strada pubblica è fonte di responsabilità della P.A. solo se determina l'insorgere di una situazione di pericolo, con i caratteri propri dell'insidia.
Parte della giurisprudenza di merito, come il Tribunale di Varese 149/2005 ha affermato che: la responsabilità della pubblica amministrazione proprietaria della strada o del concessionario della strada medesima può essere affermata solo quando il danno sia riconducibile ad una insidia, cioè ad un pericolo oggettivamente non prevedibile ed oggettivamente non visibile.
Prova a carico del danneggiato
Dal punto di vista della prova, è stato detto da Cassazione civile, sez. III, sentenza 30.06.2005 n° 13974 che: in tema di insidia e trabocchetto vanno valutate le singole risultanze probatorie, non potendosi agganciare a mere ricostruzioni astratte.
Altresì, la III sezione della Cassazione, con la pronuncia 19653/2004 ha affermato che: l'applicabilità dell'art. 2051 cod.civ. (nei confronti della P.A o del gestore) non è automaticamente esclusa allorquando il bene demaniale o patrimoniale da cui si sia originato l'evento dannoso, risulti adibito all'uso diretto da parte della collettività (anche per il tramite di pagamento di una tassa o di un corrispettivo) e si presenti di notevole estensione, ipotesi quest'ultima comunque non ravvisabile ove si tratti di edificio. Queste caratteristiche del bene, infatti, quando ricorrano congiuntamente, rilevano soltanto come circostanze le quali - in ragione dell'incidenza che abbiano potuto avere sull'espletamento della vigilanza connessa alla relazione di custodia del bene ed avuto riguardo alle peculiarità dell'evento - possono assumere rilievo sulla base di una specifica e adeguata valutazione del caso concreto, ai fini dell'individuazione del caso fortuito e, quindi, dell'onere che la P.A. (o il gestore) deve assolvere per sottrarsi alla responsabilità, una volta che sia dimostrata l'esistenza del nesso causale.
Comportamento del danneggiato
Dal punto di vista, poi, del comportamento del danneggiato è stato detto dalla III sezione della Cassazione, con la pronuncia 16527/2003 che: il comportamento abnorme del danneggiato esclude l’applicabilità dell’art. 2051 c.c., perché la cosa diviene mera occasione del danno e non causa, che è invece da rinvenire nel comportamento del danneggiato.
Diversamente, se il comportamento del danneggiato non è la causa del danno, ma concorre alla causazione del danno non si può escludere la responsabilità della P.A. (Cassazione 17152/2002).
Approfondimenti
Si veda Responsabilità da buche stradali di Renato Amoroso.
(Fonte: Altalex Massimario)

Il Costo Improprio della Difesa: di Marco MINARDI

Secondo alcune tra le maggiori associazioni rappresentative dei consumatori1, in materia di infortunistica stradale noi avvocati abbiamo rappresentato sino ad ora un “costo improprio”. Proprio così. Il nuovo sistema di indennizzo diretto, secondo queste associazioni, avrebbe posto fine a questo sperpero di danaro, che, sempre a loro dire, consentirà alle compagnie di ridurre i premi assicurativi.
Ormai sono in molti a pensare che dietro le associazioni dei consumatori, per lo meno alcune, vi siano interessi spesso indecifrabili. D'altra parte, non si comprenderebbe altrimenti come una associazione che afferma di voler tutelare una parte notoriamente debole, cioè il consumatore, possa sostenere che la difesa legale sia un costo improprio. Ciò, peraltro, nonostante la Cassazione abbia autorevolmente affermato, nella nota
sentenza n. 11606 del 2005, che “l’intervento di un professionista, sia esso un legale o un perito di fiducia, così come previsto dall’art. 5 ultimo comma legge 5 marzo 2001 n. 57 e come affermato nel regime precedente dalla Corte di Cassazione è necessario non solo per dirimere eventuali divergenze su punti della controversia, quanto per garantire già in questa prima fase la regolarità del contraddittorio ove si osservi che l’istituto assicuratore non solo è economicamente più forte, ma anche tecnicamente organizzato e professionalmente attrezzato per affrontare tutte le problematiche in materia di risarcimento del danno da circolazione stradale, attesa la complessità e molteplicità dei principi regolatori della materia. Va, quindi, affermato il principio che nella speciale procedura per il risarcimento del danno da circolazione stradale, introdotta con legge n. 990 del 1969 e sue successive modificazioni, il danneggiato ha diritto, in ragione del suo diritto di difesa, costituzionalmente garantito di farsi assistere da un legale di fiducia e, in ipotesi di composizione bonaria della vertenza, ad ottenere il rimborso delle relative spese legali”.
Diritto di difesa che oggi viene sconfessato proprio da chi afferma di voler tutelare (sic) quella parte che il Supremo Collegio definisce debole. Le associazioni dei consumatori esultano di fronte alla prospettiva della riduzione di qualche decina di euro dei premi assicurativi, senza considerare che per poter essere tutelati, i danneggiati (ma non sono anch'essi consumatori?) dovranno farsi carico delle spese di difesa. A meno di credere inopinatamente che i liquidatori delle compagnie faranno di tutto per tutelare il danneggiato e risarcire la somma massima dovuta. Peccato, però, che questi solerti impiegati sono legati a budget di spesa: meno spendono, più fanno carriera all'interno della compagnia.
Dimenticano le associazioni dei consumatori che se oggi esiste il danno biologico, il danno non patrimoniale derivante dalla lesione di valori costituzionali e tanti altri danni non previsti espressamente da una norma di legge, ciò si deve non solo ai giudici che li hanno riconosciuti, ma prima ancora all'iniziativa di qualche coraggioso avvocato che sfidando l'orientamento tradizionale ha chiesto il risarcimento di un danno mai prima di allora risarcito. Il nostro, infatti, è un ordinamento fondato sul principio della domanda: ottieni solo ciò che chiedi.
Tutti citano la sentenza del 25 maggio 1974 del Tribunale di Genova quando si parla degli albori del danno biologico, ma pochi riflettono che quel Tribunale ha riconosciuto quel diritto solo perchè un avvocato ha avuto il coraggio di chiederne il risarcimento. Non esisterebbe quella figura di danno se quel valente collega non avesse sfidato un principio consolidato da oltre un secolo, quello cioè che la salute è legata imprescindibilmente al reddito. Il danno biologico, il danno morale e il danno esistenziale sono figure di danno che proprio nell'infortunistica stradale hanno avuto la possibilità di crescere e maturare e certamente non per la generosità dei liquidatori delle compagnie assicurative, bensì grazie alla professionalità degli avvocati e alle loro battaglie.
Ma questo importa poco alle associazioni dei consumatori. Per molte di loro, ormai, ciò che conta è solo sedere al tavolo delle trattative e brindare insieme alle Compagnie alla fine dello spreco.

Indennizzo Diretto

Autocarrozzieri, esperti di infortunistica stradale e avvocati pronti a scendere in piazza contro l’indennizzo diretto. Dopo la costituzione di una commissione tecnico-giuridica per studiare i profili di illegittimità del regolamento sulla liquidazione dei danni provocati da sinistri auto, sempre su iniziativa dell’Aneis, l’associazione nazionale degli esperti di infortunistica stradale guidata da Dino Incognito, è stata lanciata una nuova protesta.
Assieme a tutte le aziende di carrozzeria romane aderenti alle associazioni Car (Consorzio auto riparatori Roma), Gar (Gruppo auto riparatori Castelli Romani), Upcp (Unione provinciale carrozzieri pontini) appartenenti a Cna e Confartigianato e gli avvocati dell’Unarca hanno deciso di passare a metodi più forti. Per manifestare contro l’indennizzo diretto saranno bloccate, usando carro attrezzi e auto di cortesia, le strade centrali di Roma e, soprattutto, il suo raccordo anulare.
L’obiettivo? Convincere il ministro dello sviluppo economico, Pierluigi Bersani, a modificare la normativa in vigore da febbraio 2007 così come, a luglio scorso, ci sono riusciti i tassisti nella prima tornata delle liberalizzazioni. La decisione è stata presa venerdì scorso in occasione di un incontro a Roma tra le varie associazioni. «L’indennizzo diretto ha come scopo creare mega-strutture di carrozzerie, di elettrauto e di aziende che si occupano di autoriparazioni che in accordo con Ania e con le associazioni di consumatori le costringeranno a chiudere », ha spiegato Incognito, «praticando tariffe più basse di quelle oggi in vigore, dalle 26-28 attuali a 16-17 all’ora». La data delle protesta sarà deliberata a fine aprile. E nel frattempo l’Aneis sta preparando anche un ricorso all’Antitrust contro gli spot pubblicitari sull’indennizzo diretto mandati in onda da Ania. Dal ministero dello sviluppo economico, per ora, nessuna reazione, anzi. Sono stati resi noti i dati dell’indennizzo diretto a due mesi dall'entrata in vigore: 73 mila assicurati hanno ottenuto il rimborso in meno di 60 giorni per un ammontare complessivo di 80 milioni di euro. I dati elaborati il 5 aprile scorso dalla Consap «confermano una tendenza già registrata a un mese dall'entrata in vigore del nuovo meccanismo di risarcimento», dichiarano dal dicastero. Rispetto alla prima stanza di compensazione (elaborata lo scorso 6 marzo) i sinistri liquidati sono passati da 8.300 a 73 mila, su un totale di 100 mila sinistri aperti nel mese di febbraio e circa 180 mila a marzo. ITALIAOGGI 17 APRILE 2007

GLI INCIDENTI STRADALI

Secondo la definizione data dall’Organizzazione mondiale della sanità, un incidente stradale è una scontro che avviene su una strada pubblica, che coinvolge almeno un veicolo e che può avere (ma non necessariamente) conseguenze sulla salute di chi vi è coinvolto.
Gli incidenti stradali rappresentano un problema di assoluta priorità per la sanità pubblica per l’alto numero di morti e di invalidità permanenti e temporanee che causano nel mondo. Agli enormi costi sociali e umani, si aggiungono quindi anche elevati costi economici, che rendono la questione della sicurezza stradale un argomento di enorme importanza per i dipartimenti di Prevenzione e i sistemi sanitari di tutti i Paesi.
La grande maggioranza degli incidenti gravi e di quelli mortali sono dovuti a una serie di comportamenti scorretti, principalmente eccesso di velocità, guida distratta e pericolosa, mancato rispetto della precedenza o della distanza di sicurezza, assunzione di alcol e sostanze stupefacenti.

I fattori di rischio

Ci sono diversi fattori che possono contribuire al fenomeno degli incidenti stradali: il comportamento e lo stato psicofisico del conducente, le condizioni e la sicurezza dei mezzi di trasporto, la circolazione sulle strade e i pericoli legati al trasporto di prodotti pericolosi. Inoltre, possono incidere anche numerosi fattori umani, come aggressività, status sociale, uso inappropriato di bevande alcoliche e di farmaci, malattie, deficit della vista, uso di sostanze psicotrope, stress, affaticamento, uso di telefoni cellulari alla guida, mancato rispetto delle norme del codice della strada. Inoltre, il rischio può aumentare anche in caso di cattivo uso (o totale mancanza) dei dispositivi di sicurezza, soprattutto in ambiente urbano.
Tra i fattori di rischio legati allo stato del conducente si possono classificare quattro categorie particolarmente rilevanti poiché possono alterare lo stato di attenzione e di concentrazione del guidatore.
Alcol: è il fattore più rilevante nel caso di incidenti stradali gravi o mortali; il rischio di incidenti aumenta, in modo esponenziale, quando la concentrazione di alcol nel sangue raggiunge i 50 mg/100 ml. Inoltre, a parità di alcol ingerito, il rischio aumenta al diminuire dell’età del conducente e quanto minore è la frequenza di consumo abituale di sostanze alcoliche.
Stupefacenti: l’assunzione di sostanze come allucinogeni, anfetamine, cannabinoidi, cocaina, estasi, inalanti e oppiacei comporta un notevole aumento del rischio di incidente, specialmente se accompagnata dal consumo di alcol.
Farmaci: i medicinali che possono interferire con la guida sono numerosi e largamente utilizzati, come per esempio sedativi, ipnotici, tranquillanti, antidepressivi, anestetici, antistaminici, farmaci cardiovascolari, diuretici, ormoni, antidiabetici, antipertensivi. I rischi rilevati non sono generalmente troppo elevati, ma è comunque utile che il paziente sia messo in guardia dal medico sui possibili effetti dei farmaci che assume.
Malattie: epilessia, diabete, malattie cardiovascolari, problemi di vista, disturbi del sonno, problemi cognitivi possono aumentare il rischio di incidenti mortali.
Parola chiave: prevenzione
Per combattere l’impatto derivante dagli incidenti stradali, l’Oms e le istituzioni sanitarie dei diversi Paesi puntano sulla prevenzione. Affinché i programmi di prevenzione possano essere efficaci è necessario innanzitutto informare tutti gli attori coinvolti, dagli operatori sanitari alle autoscuole, dalle famiglie alle scuole, per favorire la consapevolezza dei rischi derivanti da comportamenti sbagliati e per mettere a punto azioni preventive coordinate e attuabili.
A livello globale, con il World report on road traffic injury prevention del 2004 l’Oms incoraggia i Paesi a pianificare una strategia multisettoriale per la sicurezza stradale, che prenda in considerazione le necessità di ognuno. L’attività di prevenzione deve essere allo stesso tempo ambiziosa e realistica e deve essere seguita da piani di azione nazionali e da specifici progetti di intervento.
In Europa, la Commissione europea ha promosso un programma per la sicurezza stradale che prevede di dimezzare le vittime degli incidenti stradali entro il 2010. La Commissione individua alcuni settori di intervento principali: incoraggiare gli utenti della strada ad assumere un comportamento più responsabile, rendere i veicoli più sicuri grazie a innovazioni tecnologiche, migliorare le infrastrutture stradali attraverso le tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Importanti anche la raccolta e l’analisi dei dati relativi alle lesioni fisiche dovute agli incidenti stradali. Si sottolinea anche la necessità di suddividere le responsabilità tra le parti coinvolte (Stati membri, autorità regionali e locali, industrie, società di trasporto e utenti privati) e l’importanza che tutte aderiscano alla Carta europea della sicurezza stradale.
In Italia, a livello nazionale, la sicurezza stradale rientra tra gli obiettivi fondamentali sia del Piano sanitario nazionale 2006-2008 che del Piano nazionale della prevenzione 2005-2007. Sono stati inoltre promulgati numerosi piani regionali che istituiscono centri e osservatori sulla mobilità e il traffico e per l’educazione stradale rivolta all’utenza, dalle scuole alle famiglie. Gli interventi di prevenzione hanno un carattere intersettoriale proprio per la natura stessa di questo tipo di incidenti.

La Traccia di Frenata

E’ intuitivo che la “frenata” è quella manovra fisica posta in essere dal conducente di un veicolo al fine di arrestare nel più breve tempo possibile la marcia del mezzo.
Non è altrettanto intuitivo il risultato di numerose ricerche scientifiche e di sperimentazioni pratiche effettuate da Enti vari, preposti alla sicurezza del traffico e della circolazione, nonché delle stesse Case costruttrici dei mezzi di trasporto. Da tali ricerche emerge che numerosissimi sono i fattori che hanno influenza sulla efficacia e sulla sicurezza di una azione frenante posta in essere da un conducente:
- fattori umani: come l’età, il sesso, le condizioni fisiche e psichiche, l’uso o l’abuso di particolari sostanze che modifichino ciò che viene denominato il “tempo tecnico di reazione”, e cioè l’intervallo di tempo che trascorre dal momento in cui il conducente si rende conto di una situazione pericolosa e “decide” mentalmente di frenare ed il momento in cui il suo piede “pigia” effettivamente e correttamente il pedale del freno;
- fattori meccanici: come lo stato di usura del sistema frenante, il tipo di sistema, la esistenza di sistemi di agevolazione dell’azione frenante (servofreno, ABS, trazione integrale, freni a disco, stato e tipo dei pneumatici etc.);
- fattori di luogo, di tempo e di modo: come la velocità, lo stato dell’asfalto, la presenza di attività meteorica, le dimensioni e l’andamento (curva, rettilineo) della strada, la visibilità etc.
Uno dei parametri più utilizzati per risalire alla velocità tenuta dal veicolo ed alle condizioni in cui si è verificata un’azione frenante consiste nella misurazione della lunghezza e delle altre impronte di frenata lasciate da un veicolo sull’asfalto. Un sistema che, probabilmente, si rivelerà fra qualche anno non utilizzabile in virtù della sempre più diffusa adozione, sui veicoli di recente costruzione, di sistemi di controllo elettronico dell’azione frenante (come l’A.B.S.) i quali non consentono il “bloccaggio” delle ruote ed evitano, di conseguenza, che queste ultime lascino tracce evidenti sull’asfalto.
Soccorrono, in tali casi, altre metodiche, basate prevalentemente sul grado di deformazione di lamierati interessati dagli urti.

domenica 23 settembre 2007

Consigli Utili

L'incidente stradale è, fra gli illeciti civili, quello di gran lunga più frequente nella nostra società. Per le gravi conseguenza che ne derivano ha acquisito ormai da molti anni il significato di un fenomeno sociale ed economico di segno negativo. Da qui nasce l'idea di pubblicare una guida utile e di veloce consultazione. L'intento di Leggeonline.com è quello di fornire al cittadino una "bussola" che lo aiuti ad orientarsi con sicurezza nell'intricata giungla delle procedure da adempiere in caso di sinistro stradale.
Che cosa fare in caso di incidente stradale?
1) E' consigliabile compilare, ove possibile, il
Cid su apposito modulo fornito dall'Assicurazione, avvertendo che tale documento non ha valore di prova certa delle modalità del sinistro, ma costituisce solo una presunzione di prova superabile dalla eventuale prova in contrario offerta dall'Assicurazione (accade raramente).
2) E' consigliabile richiedere l'intervento della forza pubblica (Polstrada, Carabinieri, Vigili Urbani) più vicina al luogo del sinistro per la rilevazione della dinamica del sinistro (Verbale, Rilievi Planimetrici etc.) e per l'acquisizione delle altre prove reperibili in loco (eventuali testi). Acquisire inoltre ogni altro elemento utile per la ricostruzione della dinamica del sinistro.
3) Nel caso di lesioni personali, anche lievi, recarsi subito al Pronto Soccorso dell'Ospedale più vicino per una prima diagnosi. Recarsi poi dal proprio medico di fiducia per la conferma della diagnosi e per la prescrizione delle terapie appropriate al caso. Conservare tutta la documentazione medica e le ricevute delle spese anche farmaceutiche da allegare in copia alla richiesta di risarcimento danni (
esborsi documentati).
4) Formulare lettera raccomandata A.R. con richiesta di ristoro dei danni subiti alla Compagnia di Assicurazione della controparte, anche se generica, riservandosi di quantificarli in un secondo tempo a guarigione clinica avvenuta.
E' consigliabile indirizzare la lettera anche al proprietario del veicolo che si presume responsabile, ed anche al conducente se diverso dal proprietario, perché sussiste una responsabilità solidale di tutti questi soggetti per il risarcimento danni. Il che vuol dire che il danneggiato potrà rivolgersi a ciascuno di essi per ottenere il ristoro dei danni patiti. Normalmente è la Compagnia di Assicurazione che paga.
5) Se il mezzo di trasporto è stata danneggiato, metterlo subito a disposizione dell'Assicurazione per farlo periziare, indicando il luogo in cui si trova e fissando un termine a tal fine.
6) Non affrettarsi a sottoscrivere l'atto di transazione e quietanza predisposto dall'Assicurazione, se prima non è chiara la situazione del quanto l'Assicurazione dovrà sborsare, perché una volta sottoscritto tale documento non vi sarà poi alcuna possibilità di rivendicare altro, salvo che l'offerta dell'Assicurazione non venga accettata solo a titolo di acconto, per poi agire in giudizio per il resto.
7) Non affrettarsi a chiudere la pratica se non si è stati prima dichiarati clinicamente guariti. E' comunque consigliabile, prima di chiedere la pratica, fare accertare da un medico legale di fiducia gli eventuali postumi invalidanti, ossia le conseguenze di carattere permanente delle lesioni riportate, attraverso una perizia di parte da contrapporre a
quella dell'Assicurazione. Sono questi postumi, infatti, che maggiormente incidono sull'entità del risarcimento (vedi Danno Biologico, Danno Morale, Incapacità Generica, Inabilità Specifica, I.T Min, I.P., I.T.P., I.T.T.).
8) E' sempre preferibile transigere, ossia accordarsi, con la Compagnia di Assicurazione interessata sull'importo da liquidare a titolo di ristoro dei danni, e promuovere causa solo nei casi limite, dati i tempi tecnici lunghi della giustizia sia civile che penale, specie se di competenza del Tribunale (la competenza del Giudice di Pace è limitata a sole £.30.000.000.).
9) Prescrizione dell'azione: tenere presente che, nel caso specifico di sinistro stradale, il diritto al risarcimento si prescrive in due anni (prescrizione breve). Il che significa che se il danneggiato non si attiva con la richiesta di risarcimento entro tale periodo, non potrà più farlo, salvo casi particolari (per es. se è stata promossa azione penale per il reato di lesioni colpose, perseguibile solo su querela dell'interessato). E' comunque, in genere, sconsigliabile agire anche penalmente contro il responsabile, salvo il caso di lesioni gravi e/o di contestazione della responsabilità.
Si avverte che questi primi consigli preliminari sono ovviamente parziali e generici, in quanto ogni sinistro stradale presente delle variabili e caratteristiche diverse, che occorre valutare in concreto caso per caso, possibilmente con
l'ausilio di un legale di fiducia specializzato in materia.
Le spese della procedura, in caso di esito favorevole, sono a carico dell'Assicurazione.

Un'occhiata all'Estero


In Breve

Gli incidenti stradali provocano ogni anno in Italia circa 8.000 decessi (2% del totale), circa 170.000 ricoveri ospedalieri e 600.000 prestazioni di pronto soccorso non seguite da ricovero; rappresentano inoltre la prima causa di morte tra i maschi sotto i 40 anni. Il gran numero di persone che subiscono lesioni, più o meno gravi, in seguito ad incidenti stradali costituiscono la prova che, anche in termini di costi sociali legati all’assistenza e alla riabilitazione, ci troviamo di fronte ad una “emergenza” non trascurabile. E’ del tutto evidente quindi che le problematiche legate alla sicurezza stradale, pur nella molteplicità dei fattori implicati e degli organismi ed enti interessati ad azioni preventive e correttive, costituiscono certamente un aspetto primario della Sanità pubblica. E’ diventato prioritario, pertanto, individuare continuamente nuove strategie di prevenzione che consentano, a breve, medio e lungo termine, di porre un argine a questo allarmante fenomeno dei nostri tempi.

sabato 22 settembre 2007

I Fattori di Rischio

Non esistono cause uniche degli incidenti stradali. Le ricerche dimostrano che essi derivano dalla concomitanza di numerosi fattori di rischio. Questi possono essere raggruppati in quattro categorie principali:
norme e controlli della circolazione: leggi, decreti, regole aziendali, norme di comportamento, efficacia dei controlli e delle sanzioni
veicoli: tipo, condizioni, sistemi di sicurezza adottati
circostanze esterne: strade e segnaletica, traffico, condizioni atmosferiche
comportamenti di guida o influenti sulla guida: velocità, distrazione, mancato rispetto delle regole, assunzione di alcol, stanchezza, ecc. Questi fattori sono tra loro correlati e interdipendenti: uno studio condotto dall'Elasis ha quantificato le percentuali di influenza di ciascuno dei fattori in relazione agli altri.In tutti i casi i comportamenti umani, e quindi i fattori socio-culturali che li influenzano (cultura della guida, consapevolezza del rischio, senso delle regole), sono il fattore di gran lunga prioritario su cui intervenire.

Decalogo Sicurezza Circolazione Stradale

Si al casco sempre allacciato, per sé e per chi si trasporta
Si alle cinture di sicurezza sempre allacciate anche nei sedili posteriori: in città (sono ancora più essenziali: uno scontro a 50 Km/h corrisponde ad una caduta dal quarto piano) e fuori città
Si al rispetto dei semafori e ai segnali stradali (precedenze, divieti, distanze di sicurezza ecc.)
Si ad un’informazione costante sul traffico: il numero telefonico per informazioni è il 1518
Siad una periodica manutenzione del veicolo e ad una corretta sistemazione dei bagagli
Siad una velocità adeguata alle condizioni della strada e del traffico specialmente in presenza di curve, pioggia, incroci, pedoni, ciclisti, ecc.
ATTENZIONE:
prudenza significa competenza, capacità di salvaguardare la propria vita e quella altrui
il rischio non è solo la morte (8.300 morti all’anno), ma anche le gravi invalidità permanenti (20.000 all’anno), i feriti (800.000 all’anno), nonché la vita delle famiglie di chi ha subito un incidente
No a mettersi in marcia senza allacciare prima i bambini al seggiolino sul sedile posteriore
No all’uso di alcool
No all’uso di droghe
No al sorpasso a destra
No all’uso del cellulare mentre si guida
ATTENZIONE:
sono anche fattori di rischio ricorrenti di incidenti: distrazione, stanchezza, colpi di sonno
un incidente grave è anche conseguenza di quella che viene percepita come semplice leggerezza, superficialità e eccessiva sicurezza
vi è uno stretto rapporto tra cultura e diritto: le norme della sicurezza stradale, infatti, nascono dall’esperienza che indica modalità attraverso le quali evitare incidenti.Non a caso il grado di civiltà di un Paese si misura anche dal comportamento sulla strada.
Cultura della sicurezza stradale significa acquisire l’orgoglio di comportamenti competenti e responsabili, rifiutando un’acritica attrazione per il rischio che mette in gioco la propria vita e quella degli altri.
La convivenza nella strada è la prima e fondamentale esperienza di democrazia che appartiene a tutti e in quanto tale deve essere riconosciuta, coltivata, apprezzata, trasmessa.
Fonte:Università degli Studi di Roma “La Sapienza”Facoltà di SociologiaCattedra di Antropologia Culturale