giovedì 20 settembre 2007

Analisi del fenomeno

Che si tratti di cittadini o di professionisti dei trasporti, ciascuno deve poter disporre di un sistema di trasporto che soddisfi le proprie aspettative ed esigenze, e che lo ponga il più al sicuro possibile dai rischi (che come abbiamo visto in precedenza non sono pochi) della circolazione stradale.
La prima preoccupazione degli utenti è l’insicurezza della strada, vista come una costante minaccia. Gli utenti vogliono anche conoscere esattamente cosa pagano quando si servono dell’autostrada o dei trasporti pubblici. L’uso delle infrastrutture e la lotta contro l’inquinamento e la congestione hanno un costo.
Il cittadino non si aspetta semplicemente di essere trasportato in condizioni sempre più sicure. Desidera anche condizioni di trasporto semplici e flessibili, soprattutto quando deve adoperare più modi di trasporto. Desidera inoltre che i suoi diritti siano meglio tutelati.
L’utente vuole infine disporre di trasporti urbani più razionali. L’inquinamento acustico e atmosferico e le sue ripercussioni sulla salute dei cittadini diventano – oltre alla sicurezza della circolazione stradale - sempre più preoccupanti nelle città: vanno quindi al più presto stabiliti i rispettivi ruoli dell’autovettura privata e dei trasporti pubblici.
Fra tutti i modi di trasporto, il trasporto stradale è il più pericoloso e quello in cui si conta il maggior numero di incidenti mortali. Gli incidenti stradali sono stati considerati fino a poco tempo fa un inevitabile corollario della nostra società e non hanno quindi suscitato forti reazioni. Come spiegare altrimenti la relativa tolleranza dimostrata nei confronti degli incidenti stradali, quando ogni giorno il numero di morti sulle strade europee corrisponde in pratica a quello che si avrebbe in seguito alla caduta di un aereo di medie dimensioni?
La sicurezza stradale è però una delle principali preoccupazioni dei cittadini europei, se non la maggiore.
Studi effettuati in materia hanno rilevato che i guidatori europei auspicano misure più incisive in materia di sicurezza stradale, come il miglioramento della qualità delle strade, una migliore formazione dei guidatori, una più seria applicazione del codice della strada, nonché controlli di sicurezza dei veicoli e campagne di sicurezza stradale.
Fino agli anni ‘90, in mancanza di esplicite competenze, è stato difficile formulare l’intervento comunitario in materia di sicurezza stradale. La Comunità ha tuttavia da sempre contribuito alla sicurezza della strada. La creazione del mercato interno ha permesso di sviluppare, soprattutto attraverso la normalizzazione tecnica, dotazioni e componenti sicure per le automobili, grazie a più di cinquanta direttive (uso obbligatorio delle cinture di sicurezza, regolamentazione del trasporto di merci pericolose, applicazione di limitatori di velocità per i camion, patenti normalizzate e controllo tecnico per tutti i veicoli).
Il Trattato di Maastricht[1] ha finalmente dato alla Comunità i mezzi giuridici (articolo 71[2]) per stabilire il quadro generale e adottare le necessarie misure in materia di sicurezza stradale.
Malgrado l’introduzione di queste nuove competenze nel Trattato, non tutti gli Stati membri riconoscono ancora chiaramente la necessità di una reale politica europea in materia di sicurezza stradale e l’applicazione del principio di sussidiarietà rende difficile intervenire a livello comunitario.
L’Unione europea deve nel prossimo decennio perseguire l’ambizioso obiettivo di dimezzare il numero di vittime della strada a livello comunitario, grazie ad un’azione integrata che tenga conto sia della dimensione umana che di quella tecnica, e volta a rendere più sicura la rete stradale transeuropea.
Il tributo che gli europei pagano alla mobilità è stato e continua ancora ad essere troppo elevato. Dal 1970, più di 1,64 milioni di concittadini sono morti sulla strada. Il numero di decessi per incidente stradale era diminuito nettamente all’inizio degli anni ‘90, ma tale tendenza si è ridotta negli ultimi anni.
Nel 2000 gli incidenti stradali hanno provocato la morte di oltre 41.000 persone nell’Unione europea, per non parlare degli oltre 1,7 milioni di feriti. La fascia di età più colpita è quella dei 14-25 anni, per la quale gli incidenti stradali rappresentano la prima causa di decesso. Una persona su tre resterà ferita nel corso della sua vita in un incidente. I costi diretti degli incidenti della circolazione sono pari a 45 miliardi di euro. I costi indiretti (compresi i danni fisici e morali subiti dalle vittime e dalle loro famiglie) sono 3-4 volte superiori. Si tratta di un importo annuo di 160 miliardi di euro, equivalente al 2% del PNL dell’Unione europea.
I mezzi finanziari consacrati alla lotta contro l’insicurezza stradale non sono commisurati alla portata di questa tragedia. Gli interventi di prevenzione degli incidenti stradali rimangono infatti molto limitati: essi rappresentano meno del 5 % del costo totale degli incidenti, compresi i 60 miliardi di euro spesi dalle assicurazioni per indennizzi e riparazioni[3].
La dispersione di responsabilità e risorse tra numerose entità preposte alla sicurezza stradale, sia a livello statale che regionale, limita le azioni di vasta portata e scoraggia l’introduzione di politiche coordinate.
Gli annunciati programmi spesso si limitano a mere dichiarazioni d’intenti e contengono soltanto misure modeste. Vista la difficoltà di ottenere risultati tangibili, gli Stati membri invocano talvolta particolarità culturali per giustificare un atteggiamento fatalista. Per intervenire su aspetti tecnici, come la sicurezza delle strade, occorrono notevoli investimenti che gli Stati tendono a rimandare.
È stato stimato che, se tutti gli Stati ottenessero gli stessi risultati del Regno Unito e della Svezia, il numero di morti potrebbe ridursi di 20.000 all’anno. Di fatto invece, nel 1998, in Paesi come la Svezia e il Portogallo, che hanno una popolazione comparabile, il rapporto tra il numero di cittadini e quello delle vittime di incidenti stradali è stato di 1 a 4,5. Tra il Regno Unito e la Francia, questo rapporto è stato di 1 a 2,5[4]. Le possibilità di progressione sono anche considerevoli nei Paesi candidati all’adesione il cui parco veicoli è in genere più vecchio rispetto ai paesi dell’Unione e che non dispongono delle tecnologie più avanzate (ABS, airbag, ecc.).
La battaglia contro l’insicurezza sulle strade esige che l’Unione europea si doti tra il 2000 e il 2010 (siamo oltre la metà del cammino) di un obiettivo ambizioso di riduzione del numero di morti. La Commissione intende concentrarsi sull’obiettivo di dimezzare il numero di morti per incidenti stradali in tale periodo. Spetta innanzitutto alle autorità nazionali e locali prendere misure per raggiungere l’obiettivo di dimezzare i morti sulle strade entro il 2010; l’Unione europea intende tuttavia contribuire a questo obiettivo, non soltanto attraverso lo scambio di buone pratiche, ma anche intervenendo ad un duplice livello:
· da un lato, armonizzando le sanzioni;
· dall’altro, promuovendo nuove tecnologie al servizio della sicurezza stradale.
I controlli e le sanzioni variano notevolmente da uno Stato membro all’altro. Automobilisti ed autisti sanno di dover "andarci piano" con l’acceleratore in alcuni Paesi mentre invece possono "correre" tranquillamente in altri. Questa constatazione è allarmante quando si pensa che automobilisti ed autisti spesso guidano in più Paesi. Per una determinata infrazione, la sanzione (fermo del veicolo, ritiro della patente) dovrebbe essere la stessa a prescindere dalla nazionalità del conducente e dal luogo dell’infrazione. La patente sospesa in uno Stato membro può invece essere riottenuta in un altro Stato.
Per esempio andando da Colonia a Londra sulle autostrade E40 e E5 un conducente dovrà, raggiunta la frontiera belga, ridurre la sua velocità a 120 km/h, poi potrà circolare a 130 km/h in Francia e dovrà invece rispettare un limite di 112 km/h nel Regno Unito. Giunto a destinazione, potrà consumare bevande alcoliche fino a raggiungere un tasso di alcolemia pari a 0,8 g/l ma, nel percorso di ritorno dovrà limitare il consumo di alcol in maniera da rispettare il limite di 0,5 g/l.
Attualmente le autorità francesi possono confiscare la patente ai conducenti che presentano un tasso di alcolemia superiore a 0,8 g/l, e ben presto anche quando essi superino i limiti di velocità di oltre 40km/h. In entrambi i casi il diritto francese non permette di ritirare la patente ai conducenti di nazionalità diversa da quella francese.
La guida pericolosa può essere considerata un atto criminale, e la Commissione intende prendere iniziative nel quadro della politica comunitaria in materia di giustizia, non soltanto per i camionisti ma per tutti gli automobilisti.
A titolo di esempio, l’associazione belga RED ha sviluppato azioni innovative ed efficaci in materia di prevenzione stradale e precisamente:
- proponendo corsi di guida difensiva, ad esempio per mantenere il controllo dell’auto sotto la pioggia in caso di frenata urgente, posizione corretta al volante, ecc., ma non si tratta di corsi per evitare lo slittamento;
- organizzando, in collaborazione col Ministero della giustizia, misure alternative in materia di infrazioni, ossia anziché pagare una multa o subire una sospensione della patente, i contravventori possono accettare di seguire un corso di guida difensiva e vanno ad aiutare le vittime di incidenti stradali ricoverate in istituti specializzati.
Occorre affrontare il problema dell’armonizzazione di normative, sanzioni e controlli (specie per eccesso di velocità e guida in stato di ebbrezza) soprattutto sulla rete autostradale transeuropea oggetto di finanziamenti comunitari e sulla quale circola un numero crescente di cittadini di diversi Stati membri, iniziando con i trasporti commerciali internazionali. Ciò presuppone il ravvicinamento dei parametri tecnici delle infrastrutture e anche un minimo di armonizzazione della segnaletica.
La crescente varietà di tipi di segnaletica orizzontale e di cartelli stradali sugli itinerari europei, in particolare gli indicatori di direzione che non sono stati armonizzati dalle convenzioni dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, rappresenta un pericolo per i conducenti. La segnalazione delle direzioni varia, per uno stesso tipo di strada, da uno Stato all’altro. Per le autostrade, il verde è usato in cinque paesi (come il nostro) e il blu negli altri. Variano anche i principi linguistici seguiti per indicare i nomi delle località, per non parlare della numerazione dei vari itinerari. Bisognerebbe quindi prevedere la progressiva installazione sulla rete transeuropea di cartelli e segnali armonizzati e l’impiego degli stessi segnali a bordo dei veicoli. Un sistema comune di identificazione dei diversi tronchi della rete stradale transeuropea risulta essenziale per migliorare la visibilità e garantire così la qualità della rete presso gli utenti.
Un’adeguata indicazione dei punti pericolosi - evidenziando il numero di vittime che già hanno causato - permetterebbe di accrescerne la visibilità agli occhi dei conducenti europei in circolazione sui grandi assi stradali dei diversi Paesi.
Occorrerà esaminare la possibilità di promuovere sulla rete stradale transeuropea, oltre agli studi di impatto sull’ambiente, anche lo svolgimento di controlli e studi di impatto sulla sicurezza stradale, in particolare per i progetti per i quali è stato chiesto un contributo europeo.
Bisogna inoltre proseguire nella lotta al flagello della guida in stato di ebbrezza e risolvere la questione dell’uso di droghe o farmaci che influenzano la capacità di guidare in condizioni sicure. Il 17 gennaio 2001, la Commissione ha adottato una raccomandazione in cui invitava gli Stati membri ad adottare un tasso limite di alcolemia di 0,5 g/l per tutti i conducenti e di 0,2 g/l per i conducenti professionisti, quelli di motocicli e per i neopatentati[5].
Per lottare contro il flagello della guida in stato di ebbrezza, nel 1995 è stata lanciata in Belgio la campagna "Bob" (chi guida non beve) che ha riscosso un grande successo. La campagna incoraggia a designare tra i membri di un determinato gruppo una persona che si asterrà dal bere e che potrà quindi riaccompagnare a casa tutti gli altri in piena sicurezza. In Francia, oltre alle campagne di sensibilizzazione, sono state realizzate anche altre iniziative per ridurre il numero di morti all’uscita delle discoteche. Alcuni locali invitano ad esempio gli avventori a consegnare al loro arrivo le chiavi del proprio veicolo e le restituiscono dopo aver verificato il tasso alcolemico del conducente. In alcune regioni, per indurre gli automobilisti ad una maggiore prudenza, nei luoghi ove vi sono stati incidenti mortali sono stati disegnate le sagome dei corpi sull’asfalto. Vedendoli, il 37 % dei guidatori afferma di fare più attenzione e il 20 % di rallentare[6].
Diversi Stati membri hanno varato numerose iniziative originali per prevenire i comportamenti a rischio ed in particolare per sensibilizzare i giovani ai pericoli dell’alcol; è importante incoraggiare la diffusione e lo scambio di queste buone pratiche.
Una proposta di direttiva, in discussione al Consiglio e al Parlamento europeo, prevede che i passeggeri debbano utilizzare la cintura di sicurezza, se presente, negli autobus. Esiste già una direttiva sulle cinture di sicurezza per gli autobus che definisce le norme tecniche per le cinture, ma non impone ai costruttori l’obbligo di installarle a bordo. Per rendere il dispositivo efficiente, bisogna imporre ai costruttori di autobus, come è stato fatto per i costruttori di automobili, che tutti i sedili installati siano provvisti di cinture di sicurezza.
Gli sviluppi tecnologici permetteranno fra l’altro di rafforzare i metodi abituali di controllo e sanzione, grazie alla diffusione di mezzi automatici e di dispositivi a bordo di ausilio alla guida. A tale proposito, l’auspicata e futura installazione di scatole nere nei veicoli, in grado di registrare, come per gli altri modi di trasporto, i parametri utili per capire le cause tecniche degli incidenti, responsabilizzerà gli automobilisti, accelererà i procedimenti giudiziari legati agli incidenti, ne ridurrà i costi e permetterà di adottare misure preventive più efficaci. Nel giugno 2001 la Commissione ha inoltre adottato una proposta che rende obbligatoria la presenza di limitatori di velocità su tutti i veicoli che superano le 3,5 tonnellate o con più di 9 posti passeggeri (la velocità massima è limitata a 90 km/h per i veicoli commerciali e a 100 km/h per gli autobus).
Particolari problemi sono legati allo sfruttamento delle inchieste effettuate in caso di incidente. Attualmente le inchieste eseguite dalle autorità giudiziarie o dalle assicurazioni hanno come obiettivo principale il rimborso dei danni causati dagli incidenti e l’accertamento delle responsabilità, in applicazione della normativa applicabile. Queste inchieste non possono sostituirsi all’esigenza, sempre più avvertita in Europa e negli Stati Uniti, di potere disporre di inchieste tecniche indipendenti, volte a stabilire le cause degli incidenti ed a migliorare la legislazione.
Da diversi anni, la regolamentazione europea prevede ormai simili inchieste nel settore dell’aviazione civile. Un obbligo analogo è previsto nella regolamentazione ferroviaria. La Commissione intende proporre simili inchieste anche nel settore marittimo; in un secondo tempo l’obbligo andrebbe esteso anche agli incidenti stradali.
Le inchieste indipendenti devono essere svolte a livello nazionale, ma secondo una metodologia europea. I risultati dovrebbero essere comunicati ad un comitato di esperti indipendenti, presso la Commissione, incaricato di migliorare la legislazione vigente e di adeguare la metodologia all’evoluzione tecnica.
Come ricordato dal sig. Pieter Van Vollenhoven[7] - Presidente del Comitato dei Paesi Bassi per la Sicurezza dei trasporti - in occasione della terza Conferenza sulle indagini in caso di incidente, organizzata dal Consiglio europeo per la sicurezza stradale (ETSC), un’organizzazione indipendente permanente non solo garantisce l’indipendenza delle indagini, ma assicura anche che le raccomandazioni producano effetti concreti.
L’introduzione della patente elettronica potrebbe inoltre permettere di armonizzare le sanzioni per il fermo dei veicoli dei conducenti cui è stata ritirata la patente.
L’Unione europea ha una responsabilità considerevole, se non esclusiva, nel favorire la diffusione di tecnologie innovative che permettano il lancio sul mercato di nuovi veicoli sicuri. Questi veicoli, equipaggiati con tecnologie d’avanguardia, ad esempio nel settore della gestione del traffico e dei sistemi anticollisione, permetteranno secondo le stime di migliorare la sicurezza stradale del 50 % circa. Gli sviluppi tecnologici dovrebbero inoltre permettere di aumentare la resistenza dei veicoli agli urti, grazie alla messa a punto di nuovi materiali e all’introduzione di nuovi processi di progettazione avanzati per l’integrità strutturale.
In questo contesto, i progressi in corso in materia di pneumatici (riduzione degli schizzi prodotti dai pneumatici di autoveicoli pesanti, miglioramento dell’aderenza su strade sdrucciolevoli, sistemi di allarme in caso di gonfiatura insufficiente) dovrebbero permettere entro breve termine di ridurre i consumi di carburante e il rumore, pur mantenendo un elevato livello di sicurezza. Si prevede una riduzione del 10% nei consumi di carburante e di circa mille decessi all’anno.
La protezione degli occupanti dei veicoli in caso di impatto registra progressi considerevoli. Grazie all’elettronica, i nuovi dispositivi di protezione intelligenti (ad esempio airbag) terranno conto del numero di occupanti da proteggere, della loro morfologia e delle caratteristiche dell’impatto per offrire una protezione più adeguata. Un allarme che ricordi l’obbligo di allacciare la cintura deve figurare tra le dotazioni standard dei veicoli.
In Svezia, il 95 % degli occupanti delle autovetture allaccia abitualmente la cintura di sicurezza. Tuttavia, la metà dei morti risulta priva di cintura al momento dell’incidente.
Per meglio tutelare pedoni e ciclisti, l’elaborazione di norme di sicurezza per la progettazione delle parti anteriori delle autovetture potrebbe contribuire a salvare ogni anno fino a 2.000 vite umane. È attualmente in discussione un accordo volontario con l’industria per l’applicazione di simili norme.
Con l’aumento dei volumi di traffico, migliorare la gestione della velocità dei veicoli è un imperativo di sicurezza per combattere la congestione. Oltre alle favorevoli ripercussioni sulla sicurezza, l’osservanza dei limiti di velocità avrà anche un impatto significativo in termini di riduzione delle emissioni dei gas serra. A tal fine, le prospettive più promettenti sono quelle legate alle nuove tecnologie che permettono di determinare la velocità ottimale in qualsiasi momento, in funzione della situazione del traffico, delle caratteristiche delle strade e delle condizioni esterne (ad esempio le condizioni meteorologiche) e di informarne i guidatori grazie alla segnaletica esterna oppure mediante mezzi di comunicazione installati a bordo. E’ importante che le strade e i veicoli di tutta l’Unione siano dotati quanto prima di queste nuove tecnologie.
Un nuovo programma di azione sulla sicurezza stradale relativo al periodo 2002-2010 individuerà le misure atte a raggiungere l’obiettivo globale di ridurre del 50% il; numero di morti sulle strade, garantendo che sia tenuto conto di tutte le azioni, nazionali ed europee, volte a ridurre il numero di vittime.
Gli Stati membri saranno invitati ad approfondire la cooperazione e lo scambio di esperienze in materia di prevenzione ed analisi degli incidenti, grazie in particolare a strumenti comuni sviluppati a partire dalla base di dati CARE (Community database on Accidents on the Road in Europe), nonché alla creazione di un Osservatorio europeo della sicurezza stradale cui potrebbero fare capo le varie attività di sostegno da portare all’attenzione degli esperti della sicurezza stradale e del pubblico in generale.
L’armonizzazione delle sanzioni e della normativa in vigore (in particolare in materia di segnaletica, tasso d’alcolemia ed eccesso di velocità) sarà proposta per i trasporti internazionali effettuati sulla la rete autostradale transeuropea.
Sarà stilata una lista di punti particolarmente pericolosi che saranno dotati della segnaletica del caso. Presso la Commissione sarà istituito un comitato di esperti indipendenti, specializzati nelle inchieste sugli incidenti, incaricato di assistere negli sviluppi della regolamentazione sulla sicurezza.
La Commissione si riserva inoltre la possibilità, qualora i miglioramenti registrati tra qualche anno non fossero significativi, di presentare le opportune proposte legislative.
Gli utenti dei servizi di trasporto hanno diritto di sapere cosa pagano e perché. Contenere la congestione in Europa, lottare contro l’effetto serra, sviluppare le infrastrutture ma anche migliorare la sicurezza stradale o dei trasporti pubblici, attenuare gli effetti nocivi ambientali, tutto questo ha un costo. Al costo sociale si aggiungono le spese di investimento per controllare meglio i trasporti, mettere in circolazione nuovi treni o costruire nuove infrastrutture (ad esempio aeroporti). In futuro, la contropartita di questi benefici per la società e gli utenti del trasporto dovrà riflettersi nei prezzi di trasporto pagati dall’utenza, senza tuttavia compromettere la possibilità di usufruire di un servizio continuo e di qualità su tutto il territorio.
Gli spostamenti vanno pensati come un flusso continuo. Le politiche di assetto territoriale ed urbano sono a tal fine fondamentali. Le principali stazioni di metropolitana/ferrovia, le stazioni di autobus e i parcheggi dovrebbero rendere agevole il passaggio dall’automobile ai trasporti pubblici, offrire servizi collaterali (ad esempio negozi), incoraggiando così il ricorso ai trasporti pubblici, meno inquinanti e più sicuri. In alcune casi, come ad esempio a Monaco o ad Oxford, sono stati creati comodi parcheggi nelle immediate vicinanze della città (e anche vicino alle stazioni ferroviarie, di metropolitana/tram), serviti dai principali mezzi di trasporto pubblici (compresi i taxi) per spingere gli automobilisti ad abbandonare il proprio veicolo. Anche il fatto di adattare i trasporti pubblici per permettere il trasporto delle biciclette al seguito, può incoraggiare una certa forma di intermodalità su tragitti brevi. Va a tal fine sottolineato che la bicicletta è un mezzo di trasporto troppo spesso trascurato, se si pensa che ogni giorno vengono effettuati in Europa circa 50 milioni di spostamenti in bicicletta (ossia il 5% del totale). Il numero di spostamenti raggiunge addirittura il 18% in Danimarca e il 27% nei Paesi Bassi[8].
Per il successo dell’intermodalità occorre dare il giusto spazio anche ai taxi che oltre al trasporto delle persone garantiscono anche una serie di servizi complementari (piccoli trasporti merci, consegne espresse, ecc.). Andranno inoltre sviluppati in futuro sistemi di gestione del traffico intelligenti che permettano, informando tempestivamente i viaggiatori sulle condizioni di trasporto, di ridurre le perdite di tempo nel passare da un modo all’altro. Il successo dell’intermodalità presuppone naturalmente passaggi agevoli da un modo all’altro anche per le persone a mobilità ridotta.
Lo sviluppo del tessuto urbano, il cambiamento del modo di vita e la flessibilità dell’automobile privata, combinati a trasporti pubblici non sempre all’altezza della situazione, sono all’origine del considerevole aumento del traffico automobilistico registrato nelle città nel corso degli ultimi 40 anni. Benché il decentramento dei centri d’attività e dei quartieri residenziali sia stato in parte accompagnato dallo sviluppo di adeguate infrastrutture o di opportuni servizi di trasporto pubblico, la mancanza di un approccio integrato tra politiche urbanistiche e dei trasporti ha decretato la supremazia quasi indiscussa dell’autovettura privata.
Essa si impone, onnipresente ed ingombrante, sia nei centri città che (e soprattutto) nelle zone periurbane, ove la crescita del traffico è stata particolarmente rapida. Proprio in queste zone dove le esigenze di spostamento sono difficili da identificare e soddisfare, i trasporti collettivi, così come attualmente concepiti, non risultano abbastanza flessibili. Senza contare che un senso di pericolo dissuade talvolta dal fare ricorso ai trasporti pubblici in alcune zone e a determinate ore del giorno.
Alla crescita del traffico e della congestione si accompagna nelle città l’aumento dell’inquinamento atmosferico e acustico e degli incidenti e dei reati ad essi correlati.
Dal punto di vista della di sicurezza, un incidente mortale su due ha luogo in ambiente urbano: pedoni, ciclisti e motociclisti – figure deboli tra i protagonisti degli incidenti stradali - sono i più colpiti.
Anche se, in applicazione del principio di sussidiarietà, i trasporti urbani rientrano fra le competenze delle autorità nazionali e locali, non si possono ignorare i problemi che affliggono tali trasporti e che comportano un deterioramento della qualità della vita. Il problema più grave che le autorità nazionali e locali dovranno risolvere (che si profila più urgente del previsto) è il controllo del traffico, con particolare riguardo al ruolo dell’automobile privata nei grandi centri urbani.
Indipendentemente dall’aspetto del problema che si intende considerare (inquinamento, congestione, mancanza di infrastrutture) la società attuale è ormai orientata verso la limitazione del ruolo dell’automobile. Un approccio alternativo sarebbe quello di promuovere veicoli puliti e di sviluppare trasporti pubblici di qualità.
In applicazione del principio di sussidiarietà[9], l’Unione europea è legittimata ad intervenire, soprattutto in campo regolamentare, per promuovere la differenziazione delle fonti energetiche usate nei trasporti. L’Unione europea non può invece adottare alcun atto normativo per imporre soluzioni alternative all’automobile nelle città. La Commissione non può pertanto che limitarsi a promuovere le buone pratiche in materia.
Oltre al grave problema della sicurezza della circolazione stradale (ampiamente esaminato in questo elaborato), la congestione rappresenta con l’inquinamento - questi due fenomeni sono strettamente legati - una delle cause della "cattiva qualità di vita" in città. L’uso eccessivo degli autoveicoli privati ne è una delle principali cause.
Occorre dunque rendere più allettanti le possibili soluzioni alternative all’automobile a livello di infrastruttura (metropolitana, tram, piste ciclabili, corsie prioritarie per i trasporti pubblici) e di servizi offerti (qualità delle prestazioni, informazioni agli utenti). I trasporti pubblici devono raggiungere un livello di comfort, qualità e rapidità all’altezza delle aspettative dei cittadini. Questa opzione della qualità è stata scelta da molte città europee che hanno deciso di innovare, attivando nuove linee di metropolitana o di tram, nuovi autobus più facilmente accessibili per le persone a mobilità ridotta. È fondamentale che i trasporti collettivi si adattino ai cambiamenti della società: gli spostamenti si suddividono ormai sempre più equamente nel corso della giornata e tendono a rendere superata la distinzione tra ore morte e ore di punta. Alla costruzione di nuove abitazioni o di centri commerciali alla periferia delle città dovrebbe inoltre accompagnarsi un opportuno adeguamento degli itinerari dei trasporti pubblici e dei mezzi a tal fine utilizzati.
Alcune città hanno adottato disposizioni che mirano a limitare allo stretto necessario la costruzione di parcheggi per ogni nuovo edificio adibito ad uffici, cosa che rende meno pratico l’uso dell’automobile.
Alcune amministrazioni locali hanno deciso di assegnare corsie preferenziali non solo ai mezzi di trasporto collettivi (autobus - taxi) ma anche ai veicoli privati che, ad esempio, praticano lo car-sharing[10], aumentando il numero di piste e corsie riservate alle biciclette o alle moto. Si potrebbe prevedere un’iniziativa nelle grandi città e conurbazioni volta ad ottenere la collaborazione dei principali datori di lavoro, imprese o amministrazioni nell’organizzare gli spostamenti dei propri dipendenti o per il finanziamento dei trasporti collettivi; emblematico a tal fine il caso della città di Vienna la cui metropolitana è in parte finanziata dalle imprese locali.
Oltre allo sviluppo di nuovi mezzi di trasporto pubblico, per ridurre la congestione in città – e quindi il numero di incidenti stradali e delle sue tragiche conseguenze - occorre anche adottare sistemi di tariffazione delle infrastrutture urbane (la forma più semplice è l’installazione di parchimetri). Alcune città, fra cui ad esempio Londra, ricorrono a sistemi più complessi, basati su tecniche di identificazione elettronica dei veicoli e su un sistema elettronico di riscossione degli oneri dovuti, armonizzato a livello comunitario.
Si tratta di misure dissuasive che avranno tuttavia un impatto significativo soltanto se le alternative offerte in termini di servizi e di infrastrutture di trasporto pubblico risultano veramente competitive. È dunque essenziale utilizzare parte degli introiti per contribuire al finanziamento di nuove infrastrutture e migliorare l’offerta di trasporto urbano nel suo insieme.
Ecco quindi che un impegno costante e duraturo di tutte le forze in campo, quali Stato, enti locali, forze dell’ordine, volto al raggiungimento degli obiettivi sopra fissati, consentirà di raggiungere risultati sin non troppo tempo fa solo immaginati, e – cosa più importante – aiuterà ignari giovani a crescere nella vita evitando almeno alcune sciocche insidie dalla stessa posteci.
Insomma, per dirla in termini musicali, sarà il caso di non cantare più canzoni per un’amica, con buona pace di Francesco GUCCINI[11], il quale presumo sarà senz’altro d’accordo.
[1] Il Trattato sull'Unione Europea (noto come Trattato di Maastricht) venne firmato nella cittadina olandese sulle rive della Mosa di Maastricht il 7 febbraio 1992 dai 12 paesi membri dell'allora Comunità Europea, oggi Unione Europea ed è entrato in vigore il 1 novembre 1993. Con questo trattato vengono introdotti i cosiddetti Tre pilastri dell'Unione Europea: 1. la "Comunità Europea" che riunisce tutti i trattati precedenti (CECA- Comunità europea del carbone e dell'acciaio, Euratom- Comunità Europea dell'Energia Atomica e CEE - Comunità Economica Europea) 2. la Politica estera e di sicurezza comune (PESC) e la politica estera di sicurezza e difesa (PESD) 3. la Cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni (CGAI)
[2] L'articolo 71, paragrafo 1, lettera c), del trattato sull'Unione europea stabilisce che la politica comune dei trasporti nell'Unione deve prevedere misure per aumentare la sicurezza in tale settore. A questo scopo, nell'aprile 1997 la Commissione aveva adottato un programma di misure, nel quale si menzionava espressamente l'efficacia dei provvedimenti che costringono chi guida a consumare una minore quantità di alcol, come mezzo per ridurre il numero degli incidenti e delle vittime del traffico. Il 17 marzo 2000 è stata inoltre adottata una comunicazione che ridefinisce le priorità dell'Unione nel campo della sicurezza stradale e ribadisce la necessità di prevenire i rischi di un'eccessiva assunzione di alcol da parte dei conducenti.
[3] Dati tratti da: “Commissione delle Comunità europee – Libro Bianco” - La politica europea dei trasporti fino al 2010 - il momento delle scelte.
[4] Dati tratti da: “Commissione delle Comunità europee – Libro Bianco” - La politica europea dei trasporti fino al 2010 - il momento delle scelte.

[5] La maggior parte degli Stati membri ha già introdotto nella propria legislazione un limite di 0,5 mg/ml, stabilendo che il contravventore è punito con una sanzione penale oppure con un'ammenda o altra sanzione. La Commissione raccomanda a tutti gli Stati membri di adottare tale soglia massima e di andare verso limiti inferiori, nell'interesse di una maggiore sicurezza stradale. Tuttavia la Commissione ritiene che la scelta del tasso massimo di alcolemia, dei mezzi per garantirne l'osservanza e delle sanzioni conseguenti costituisca una questione di competenza delle autorità nazionali.
[6] Dati tratti da: “Commissione delle Comunità europee – “Libro Bianco” - La politica europea dei trasporti fino al 2010 - il momento delle scelte.
[7] Si laurea in Giurisprudenza nel 1965 – e diventa un giurato presso il parlamento. A livello nazionale ed internazionale si occupa di sicurezza. E’ membro dell’European Transport Safety Council, dell’International Safety Association, e del Transport Safety Boards. Nel 2004 è entrato a far parte del Group of Experts on Accident Investigations, un gruppo di consulta della Commissione Europea.

[8] Dati tratti da: “Commissione delle Comunità europee – Libro Bianco” - La politica europea dei trasporti fino al 2010 - il momento delle scelte.
[9] La sussidiarietà è un principio regolatore dell'esercizio delle competenze che deve consentire di determinare se, in caso di conflitto di competenze, l'Unione può agire o deve demandare agli Stati membri la soluzione della questione. L'osservanza di tale principio può essere verificata tramite due modalità distinte, ossia con un controllo politico o giurisdizionale.

[10] Gli utenti interessati si devono abbonare al servizio e in base a questo hanno diritto ad utilizzare l'auto (dalla citycar al monovolume) solo per il tempo di cui hanno bisogno (compresi i tempi molto brevi, un'ora ad esempio). Dopo averla utilizzata la rimettono a disposizione di altri utenti nelle aree di parcheggio appositamente create pagando una tariffa proporzionata alla durata di utilizzo ed ai chilometri percorsi. Questo sistema risulta conveniente a chi ha percorrenze inferiori ai 12-15000 km l'anno.
[11] GUCCINI Francesco – 14 giugno 1940 - Cantautore con oltre trent'anni d'esperienza, il creatore di alcune delle più belle canzoni degli anni settanta. Guccini ha scritto brani che hanno contribuito a creare in un certo qual modo, la storia dei cantautori Italiani.

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