venerdì 14 settembre 2012

Sinistri stradali e comportamenti degli utenti della strada di Giovanni Fontana*

Come affermò il Giudice Paolo Borsellino, “la maggior parte della gente rispetta le leggi dello Stato non perché le tema, non perché tema la sanzione penale o civile che sia, lo fa perché ritiene che sia giusto non uccidere o non sorpassare in curva. E se così non fosse, non basterebbero tanti carabinieri per il numero di persone che ci sono nel nostro Paese; la maggior parte di noi rispetta le leggi perché sente il dovere di rispettarle” (1). Questa, è quella che io definisco cultura della legalità, il cui costante esercizio, previsto e regolamentato dalla legge, consente ad un popolo di conformarvisi applicandola. Così, appare del tutto evidente, che la norma che si ricava dalla lettura dell’art. 189 del Nuovo Codice della Strada, ha il principale scopo di conformare la mentalità dell’utenza stradale al dovere giuridico di prestare assistenza e soccorso alle persone bisognose, nonché agli stessi animali, che abbiano subito nocumento da un fatto, riconducibile alla circolazione stradale, il cui fatto, a vario titolo, abbia coinvolto il soggetto tenuto a prestare aiuto. Non da meno, di determinare le parti coinvolte a salvaguardare l’immodificabilità dei luoghi e delle cose e di accelerare la pratica dello scambio delle informazioni relative al sinistro stradale, sempre che ciò non pregiudichi la salvaguardia della sicurezza stradale e la fluidità della circolazione. Evidentemente, tali pratiche sono tutte finalizzate al superiore interesse generale della salvaguardia della persona e dell’applicazione della giustizia, venendo meno ogni qualvolta tali pratiche, pur salvaguardando i meri interessi delle parti coinvolte, non attengono più alla tutela dell’interesse generale e del buon andamento della pubblica amministrazione. Anzi, in questi casi, può sorgere un dovere esattamente contrario al primo, quale quello stigmatizzato all’art. 161 dello stesso Codice, in tema di sgombero della carreggiata (2). I vari livelli di reazione dell’ordinamento giuridico, evidentemente, sono da rapportare alla gravità dell’omissione ovvero alla più grave circostanza che dalla stessa - ancorché a livello di mero pericolo - possa derivare l’aggravarsi di una lesione ad una persona o il danno al suo veicolo. Più in generale, l’obbligo di cui sopra, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento, è quello di fermarsi e di prestare l’assistenza occorrente a coloro che eventualmente abbiano subito danno alla persona, indipendentemente dal fatto che tale danno si sia effettivamente verificato e che vi siano persone da assistere; anche sotto il profilo letterale le espressioni eventualmente, riferita al danno, e ove necessaria, riferita all’assistenza, escludono che nella fattispecie criminosa sia richiesta a qualsiasi titolo per la sussistenza dell’illecito l’effettiva verificazione del danno alla persona e l’effettiva necessità dell’assistenza, qualificandosi il reato come omissivo proprio, commissibile mediante la mera condotta omissiva dell’obbligo di fermarsi sul posto del sinistro per constatare se qualcuno abbia subito danno alla persona e prestargli assistenza, ove necessaria. Senza nulla togliere al generale dovere solidaristico di cui all’art. 593 c.p., prima di passare oltre, è opportuno evidenziare che l’insieme degli obblighi (speciali) di cui all’art. 189 del Codice, riguarda esclusivamente gli utenti della strada, il cui comportamento è comunque ricollegabile al verificarsi dell’evento infortunistico. Giovanni Fontana è referente locale ASAPS e funzionario di Polizia Municipale nel Comune di Forte dei Marmi (LU)

Sicurezza Stradale: quando l’inventiva italiana è griffata all’estero Dopo gli stilisti, ci copiano anche la tecnologia… Nel 2011 come numero di vittime l’Italia è tornata a far meglio della Francia E intanto forniamo ai cugini sistemi per il pedaggio dei veicoli pesanti

(ASAPS) Forlì, 10 settembre 2012 – Essere più bravi di altri, a volte, fa piacere. Sapere poi che gli altri ci copiano, per raggiungere i nostri risultati, ci riempie di vero orgoglio: è quanto accade sulle strade e autostrade di Francia, dove i cugini d’Oltralpe, appena pochi giorni fa, hanno inaugurato la propria versione del Tutor. E qui, bisogna dirlo, siamo arrivati prima noi: nel 2005, infatti, Autostrade per l’Italia diede vita - ottenendo l’ok ministeriale- all’innovativo sistema di rilevazione della velocità, basato su un sistema inedito e, al tempo stesso semplicissimo. Il calcolo della velocità media si è rivelato il peggior nemico della trasgressione e oggi, grazie alla sua presenza su 2.500 km di carreggiate in concessione ad Autostrade per l’Italia, le autostrade italiane sono tra le più sicure del mondo. Si pensi che già alla fine del 2005, dopo appena un anno di impiego, le cifre registrate erano da record: -51% della mortalità; -27% del tasso di incidentalità con feriti; -19% del tasso di incidentalità complessiva; riduzione della velocità media del 15%; riduzione della velocità di picco del 25%. E ad oggi la riduzione della mortalità grazie al Tutor ha raggiunto il -75% Col tempo, l’idea del Tutor è stata copiata da molti stati europei: sistemi per il calcolo della velocità media sono infatti attivi in Gran Bretagna, Germania, Belgio, Norvegia e Svizzera, ma quello che più ci rende orgogliosi è che in Francia – paese leader nella lotta alla sicurezza stradale – l’idea prende concretezza solo nel 2012: che si tratti di un tentativo di invertire un pericoloso segnale di inversione di tendenza? Bisogna infatti considerare che il 2011 non è stato un anno d’oro, per l’azione di contrasto alla violenza stradale: sulle pagine di nostro sito (clicca qui) abbiamo infatti pubblicato i risultati francesi definitivi dello scorso anno, risultati sostanzialmente identici a quelli registrati nel 2010: 3963 vittime. Lo scorso anno, in Italia, secondo le ultime stime di Aci e Istat, si sono registrate circa 3.800 vittime, contro le 4.090 del 2010. Cinque anni fa, nel 2007, ne avevamo contate 5.131. Insomma nel 2011 l’Italia sarebbe tornata finalmente a far meglio della Francia con uno scarto di 163 vittime in meno, pari a un 4%. Il Tutor, in questa vittoria, ha giocato un ruolo determinante, perché ha contribuito a far leva sulla coscienza del conducente. Lo ha abituato, con la sua costanza e la sua inattaccabilità giuridica, a far tenere il piede leggero e con esso, anche il fardello della mortalità, ha tutta un’altra consistenza. Intanto però Autostrade per l’Italia, attraverso la controllata Ecomouv’, ha vinto l’appalto per la fornitura in Francia del sistema di pedaggio dei veicoli pesanti (oltre le 3,5 Tonnellate) che verrà implementato a partire dalla metà del 2013 su circa 15 mila km di strade francesi. Un altro esempio di grande capacità e competenza di un’azienda del nostro paese ed un ulteriore tassello a favore non solo della sicurezza, ma questa volta anche della nostra economia. (ASAPS) Forlì lì 10 settembre 2012 Giordano Biserni Presidente ASAPS

Buca in strada, un classico. Ma per il risarcimento attenzione ai confini del cantiere

Anche il Comune, oltre alla società appaltatrice dei lavori pubblici, è responsabile – in qualità di appaltante e di Ente proprietario della strada - per il danno derivante dal sinistro stradale che si verifica nelle vicinanze ma al di fuori dell’area di cantiere regolarmente delimitata. Lo ha stabilito la Cassazione, sentenza 12811/12. Il caso Un uomo, alla guida della sua auto nel lontano ’89, sprofondava in una buca - non segnalata - del manto stradale e, a causa della rottura dell’avantreno della vettura, finiva per perdere il controllo del mezzo schiantandosi contro un altro veicolo che procedeva nell’opposto senso di marcia. La buca che aveva dato origine all’incidente era dovuta ai lavori stradali in corso. Il danneggiato (passeggero a bordo dell’auto ‘caduta’ nella buca), perciò, conveniva in giudizio il Comune di Roma (quale ente appaltante) e la società appaltatrice delle medesime opere, oltre alle assicurazioni. Il contraddittorio veniva poi integrato con l’intervento della società incaricata della manutenzione stradale. All’esito del giudizio di primo grado i convenuti venivano condannati, in diversa misura, al risarcimento del danno occorso all’attore con il sinistro. La Corte d’Appello di Roma, decidendo poi sull’appello principale e sugli appelli incidentali tra cui quello del danneggiato, distribuiva la colpa tra il conducente dell’auto e il Comune di Roma, condannandoli al risarcimento (salvo regresso nei confronti delle assicurazioni). Il successivo ricorso per cassazione, promosso in via principale dal danneggiato e articolato in numerosi ricorsi incidentali ad opera delle altre parti, viene rigettato. Vengono così in rilievo alcuni principi di diritto in materia di risarcimento per fatto illecito extracontrattuale e ripartizione della responsabilità tra appaltante e appaltatore di lavori pubblici. È di interesse la questione sollevata dal ricorso incidentale del Comune di Roma riguardo alla responsabilità per i danni cagionati da lavori stradali: è l’Ente a dover rispondere, oppure la società che svolge l’attività autorizzata? La Cassazione risolve il quesito stabilendo che è responsabile il solo appaltatore (o, come nel caso di specie, il subappaltatore) nei casi in cui il sinistro avvenga in un’area delimitata (nella specie, scavo di trincee per il posizionamento di cavi), dato che questi è il soggetto custode dell’aerea. Diversamente, risponde dei danni anche l’Amministrazione comunale se l’area viene utilizzata anche per la circolazione dei veicoli. Infatti in tema di appalto vige il principio per cui «l’appaltatore esplica l’attività contrattualmente prevista in piena autonomia, a proprio rischio» nei casi in cui il committente non ne indirizzi l’attività con indicazioni vincolanti. In quest’ultima circostanza chi esegue i lavori è solo nudus minister e la responsabilità ‘risale’, di conseguenza, in capo al committente. Strada e area di cantiere: c’è differenza. Sempre ai fini della valutazione della responsabilità per il risarcimento, la Suprema Corte distingue anche tra l’area di cantiere chiaramente delimitata e la porzione di sede stradale (ancora) adibita alla circolazione. Il soggetto responsabile per l’incidente che si verifica nella prima è esclusivamente l’appaltatore, in qualità di custode dell’area. Quanto alla seconda, la responsabilità è invece ascrivibile anche all’Ente locale proprietario della strada, permanendo il rapporto di custodia tra Amministrazione Pubblica e soggetto appaltatore dei lavori. da lastampa.it Mercoledì, 12 Settembre 2012