giovedì 20 settembre 2007

L'Articolo 189 del Codice della Strada

L’articolo 189 del Codice della Strada[1] così recita:
«1. L’utente della strada, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento, ha l’obbligo di fermarsi e di prestare l’assistenza occorrente a coloro che, eventualmente, abbiano subito danno alla persona.
2. Le persone coinvolte in un incidente devono porre in atto ogni misura idonea a salvaguardare la sicurezza della circolazione e, compatibilmente con tale esigenza, adoperarsi affinche’ non venga modificato lo stato dei luoghi e disperse le tracce utili per l’accertamento delle responsabilita’.
3. Ove dall’incidente siano derivati danni alle sole cose, conducenti e ogni altro utente della strada coinvolto devono inoltre, ove possibile, evitare intralcio alla circolazione, secondo le disposizioni dell’art. 161. Gli agenti in servizio di polizia stradale, in tali casi, dispongono l’immediata rimozione di ogni intralcio alla circolazione, salva soltanto l’esecuzione, con assoluta urgenza, degli eventuali rilievi necessari per appurare le modalita’ dell’incidente.
4. In ogni caso i conducenti devono, altresi’, fornire le proprie generalita’, nonche’ le altre informazioni utili, anche ai fini risarcitori, alle persone danneggiate o, se queste non sono presenti, comunicare loro nei modi possibili gli elementi sopraindicati.
5. Chiunque, nelle condizioni di cui al comma 1, non ottempera all’obbligo di fermarsi in caso di incidente, con danno alle sole cose, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 250 euro a 1000 euro. In tale caso, se dal fatto deriva un grave danno ai veicoli coinvolti tale da determinare l’applicazione della revisione di cui all’articolo 80, comma 7, si applica la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da quindici giorni a due mesi, ai sensi del capo I, sezione II, del titolo VI.
6. Chiunque, nelle condizioni di cui comma 1, in caso di incidente con danno alle persone, non ottempera all’obbligo di fermarsi, è punito con la reclusione da tre mesi atre anni. Si applica la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a tre anni, ai sensi del capo II, sezione II, del titolo VI. Nei casi di cui al presente comma sono applicabili le misure previste dagli articoli 281, 282, 283 e 284 del codice di procedura penale, anche al di fuori dei limiti previsti dall’articolo 280 del medesimo codice, ed è possibile procedere all’arresto, ai sensi dell’articolo 381 del codice di procedura penale, anche al di fuori dei limiti di pena ivi previsti
7. Chiunque, nelle condizioni di cui al comma 1, non ottempera all’obbligo di prestare l’assistenza occorrente alle persone ferite, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Si applica la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per un periodo non inferiore ad un anno e sei mesi e non superiore a cinque anni, ai sensi del capo II, sezione II, del titolo VI.
8. Il conducente che si fermi e, occorrendo, presti assistenza a coloro che hanno subito danni alla persona, mettendosi immediatamente a disposizione degli organi di polizia giudiziaria, quando dall’incidente derivi il delitto di omicidio colposo o di lesioni personali colpose, non e’ soggetto all’arresto stabilito per il caso di flagranza di reato.
8-bis. Nei confronti del conducente che, entro le ventiquattro ore successive al fatto di cui al comma 6, si mette a disposizione degli organi di polizia giudiziaria, non si applicano le disposizioni di cui al terzo periodo del comma 6
9. Chiunque non ottempera alle disposizioni di cui ai commi 2, 3 e 4 e’ soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 71 a euro 286 .»
Buona parte delle norme di comportamento previste dal codice della strada del ‘92 hanno subito nel tempo modificazioni, anche rilevanti, eccezion fatta per l’articolo 189. Tale articolo e, più in particolare la prescrizione contenuta nel suo primo comma, impone all’utente della strada, che in certo qual modo abbia causato il sinistro stradale, di fermarsi e di prestare l’assistenza occorrente a coloro che, eventualmente, abbiano subito danno alla persona: questo, nel pieno rispetto di quel principio personalista contenuto nell’articolo 2 della Costituzione[2] e che impone ad ogni cittadino l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà economica e sociale, finalizzato alla trasformazione dell’individuo in membro effettivo e responsabile della comunità.
Tale valore è talmente alto che il legislatore, nell’attuare questo principio costituzionale e nel trasfonderlo nel codice stradale, ha previsto che la mera omissione di assistenza sia punibile con una pena criminale (comma 6), aggravata questa dal fatto che tale omissione sia in concreto riconducibile alla mancata assistenza alla persona ferita (comma 7). E ciò è tanto più vero, in ragione del fatto che il successivo comma 8 dell’articolo citato prevede una sorta di norma (per così dire) premiale che esclude la possibilità di procedere all’arresto del conducente che, sebbene indagato per omicidio colposo (art. 589 Codice Penale) o lesioni colpose (art. 590 Codice Penale), si sia fermato e, in caso di necessità, abbia prestato l’assistenza necessaria alle persone ferite. Vero è che nell’un caso (commi 6 e 7) il soggetto attivo è da ritenere, genericamente, ogni utente stradale (quindi, non necessariamente, il conducente di un veicolo ma chi faccia uso in concreto della strada) che abbia partecipato all’evento sinistro; mentre, nell’altro, il solo conducente (comma 8).
Ma ciò che adesso ci interessa, è il solo fatto che nella ipotesi prevista dal comma 6 del più volte citato art. 189 Codice della Strada, il secondo periodo prevede la passibilità dell’arresto di chi, non solo non si è fermato al fine di appurare l’esistenza di un eventuale danno alla persona, ma, che poi, si sia dato alla fuga.
Una prima considerazione è da fare ora in ragione della struttura data all’articolo in commento e, più in particolare ai richiamati commi 6 e 7. Infatti, l’ipotesi dell’arresto è da prevedere nella sola ipotesi di fuga nella omissione di assistenza che, su piano della pena — ma, in concreto — è meno grave della omissione di soccorso. Sono previste inoltre, per la commissione di tali reati, le sanzioni amministrative accessorie della sospensione della patente di guida da uno a tre anni per la violazione del comma VI° dell’articolo 189, e da un anno e sei mesi a cinque anni per la violazione del comma VII° del medesimo articolo.
Così come introdotto dalla Legge 9 aprile 2003, numero 72[3], il conducente che viola l’articolo 189/6° comma del Codice della Strada è passibile di arresto ai sensi dell’articolo 381 del Codice di Procedura Penale[4], a meno che non si metta a disposizione degli organi di polizia giudiziaria entro le 24 ore successive al fatto.
Ma al fine di meglio configurare le fattispecie di cui si discute, è il caso di sottolineare che nella ipotesi di cui all’art. 189, comma 6, Codice della Strada l’indagine non deve essere rivolta tanto alle conseguenze lesive (che, peraltro, in ragione di quanto si legge nel primo comma dell’articolo citato, sono da ritenere semplicemente “eventuali” quindi, prevedibili e rapportabili all’evento, con l’obbligo per l’agente, di accertarne l’esistenza), ma al comportamento adottato in concreto dall’utente che, in quanto causante o concausante il sinistro, non si dà preoccupazione alcuna in ordine al fatto che le altre parti coinvolte possano avere subito danno alla persona; anzi, questi aggrava con la fuga quel comportamento già di per sé lesivo dell’oggetto tutelato dalla norma (il valore sociale della solidarietà umana), meritevole quindi di pena criminale.
Nel caso previsto dall’articolo 189, comma 7, Codice della Strada, invece, l’indagine è precipuamente rivolta alla circostanza che l’agente ha in concreto accertato l’esistenza delle lesioni sulle altre parti coinvolte e con ciò, ha omesso di prestare la necessaria assistenza.
Ed è anche il caso di ricordare, che la stessa Corte Costituzionale è stata chiamata a valutare la conformità della norma contenuta nel comma 6, dell’articolo 189 del codice stradale alla Carta, scaturendone con ciò, la piena legittimità della norma (Corte Costituzionale 24 luglio 1996, numero 305[5]).
Tutto ciò premesso, si potrebbe quindi concludere, che all’accertamento del reato previsto dal comma 1 dell’art. 189 Codice della Strada., ma sanzionato dal comma 7 stesso articolo, non potrebbe anche conseguire l’accertamento della fuga (nel senso precedentemente detto) e, ciò che più conta, il disvalore sociale che giustificherebbe la misura dell’arresto. Infatti, in tal caso, con l’accertamento del reato, verrebbe altresì dimostrata la buona disponibilità dell’agente che abbia causato o concausato il sinistro; questi, infatti, si sarebbe quanto meno preoccupato di verificare i danni “eventualmente” subiti dalla persona, in conseguenza del sinistro.
Quindi:
- nel caso della omissione di assistenza di cui all’art. 189, comma 6, il comportamento illecito palesa un evidente disvalore sociale, riconducibile a chi non si preoccupa minimamente delle conseguenze derivanti dal proprio comportamento;
- nel caso della omissione di soccorso di cui all’art. 189, comma 7, si dimostra comunque — proprio sulla base dell’accertamento della fattispecie giuridica prevista — il comportamento conforme al dovere sociale di assistenza ancorché, successivamente al comportamento conforme, ne consegua altro, che minaccia il bene giuridico della salute pubblica.
Non molto tempo fa una testimone chiamò una nostra pattuglia in quanto rinvenne nel canalone adiacente una strada di collina il corpo di un ciclista gravemente ferito, il quale – a suo dire – ansimava in tale stato da diverse ore. La pattuglia intervenne, fece i rilievi di rito ed appurò che l’evento fu causato da un veicolo datosi alla fuga, del quale rinvenne solo qualche frammento dello specchio retrovisore esterno sinistro. Gli agenti, al termine degli accertamenti sul luogo del sinistro, si portarono nella non lontana (appena qualche chilometro) abitazione della teste, per sentirla in merito ai fatti. In tale sede il marito della stessa si presentò molto gentile e premuroso, chiedendo cosa fosse successo, ed offrendo dell’uva (era il mese di settembre) agli operatori della Polizia Stradale. Nel corso delle complesse indagini svolte dal nostro ufficio, qualche giorno dopo giungemmo alla identificazione dell’autore del fatto, che risultò poi essere proprio il marito della signora che aveva rinvenuto il ciclista nel canalone (quello che appariva avere animo premuroso e gentile). Il ferito (che tra l’altro, ironia della sorte, gestiva un’osteria frequentata spesso dall’investitore) di anni ventiquattro, a seguito dell’evento ha riportato delle lesioni fisiche permanenti tali da renderlo invalido al 50%, nonché ha riportato delle lesioni fisiche neurologiche anch’esse giudicate permanenti. A dire dei sanitari, se fosse stato soccorso nell’immediatezza, i danni sarebbero stati ridotti del 90%. Ciò spiega come anche persone comuni (l’investitore è, o meglio era, un artigiano ben stimato e senza precedenti penali) che incappano in eventi imprevisti (come l’incidente stradale) si trasformino poi in pericolosi soggetti che in una continua escalation di situazioni assumono anche atteggiamenti da far invidia a delinquenti ben più incalliti.
Possiamo concludere evidenziando l’attuale grave allarme sociale che deriva dal sempre più alto numero di sinistri stradali e, soprattutto, da quel comportamento (prima ancora che antigiuridico) immorale di chi si dà alla fuga, lasciando alle conseguenze — anche nefaste — del sinistro, chi abbia subito danno alla persona. Questo è un male che deve essere combattuto con vigore da tutte le forze in campo: a livello di prevenzione/repressione (forze dell’ordine); a livello legislativo (leggi adeguate, pene idem); ed anche a livello punitivo (processi equi e veloci, tali da rendere la pena tale e certa). Una forte sinergia tra tutte le componenti sopra citate consentirà di raggiungere il giusto fine.
[1] Balduino SIMONE, Il Codice della Strada e il Regolamento di Esecuzione XI° Edizione, cit., pag. 260 – 261.
[2] Articolo 2 della Costituzione - «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. »

[3] Legge 9 aprile 2003 n. 72 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2003. Modifiche al Codice Penale e al Decreto Legislativo 30 aprile 1992, numero 285, in materia di Omissione di Soccorso.
[4] Articolo 381 (Arresto facoltativo in flagranza) Codice di Procedura Penale «1. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria hanno facoltà di arrestare chiunque è colto in flagranza di un delitto non colposo, consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni ovvero di un delitto colposo per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni. 2. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria hanno altresì facoltà di arrestare chiunque è colto in flagranza di uno dei seguenti delitti:.....»

[5] «…La Corte Costituzionale dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 189, sesto comma, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) sollevata, in riferimento agli artt. 76 e 3, primo comma, della Costituzione, dal pretore di Milano con l'ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 luglio 1996.»

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