giovedì 20 settembre 2007

Di chi è la competenza ???

I reati che si concretizzano al seguito del verificarsi di un incidente stradale hanno – come logica vuole – un diverso riferimento giurisdizionale, che dipende dalla materia stessa, dal luogo ove il fatto è avvenuto, dall’autore stesso dell’evento (maggiore o minore età). Ecco allora che potrà entrare in gioco la Corte di Assise (solo nel caso che un omicidio colposo si dimostri poi essere un omicidio volontario), il Tribunale Ordinario (monocratico o collegiale), il Tribunale per i Minorenni, ed il Giudice di Pace.
Non per caso il nostro codice di procedura penale inizia proprio con l’esaminare la normativa riguardante il Giudice; ciò avviene proprio per indicare la centralità di questa importante funzione giurisdizionale che è quella di gran lunga prevalente ed emergente nel processo. Il Giudice in fin dei conti è colui che decide sui naturali contrasti tra il pubblico ministero e dell’imputato per mezzo del difensore. Egli esprime in ultima analisi le sue valutazioni sugli elementi e le prove create in dibattimento. Quando inizia un processo il Giudice è all’oscuro di tutto, non conosce la vicenda e nel suo fascicolo (fascicolo del dibattimento) non vi sono atti. Tutto incomincia da zero. Sia il pubblico ministero che l’avvocato difensore producono nel fascicolo del dibattimento tutti gli atti irripetibili.
Man mano che il processo va avanti, si delineano, per mezzo delle testimonianze e delle prove che si creano in quel luogo, i fatti che il pubblico ministero ha ritenuto preliminarmente "fatti reato".
Nel dispensare questo compito, il Giudice ha la massima indipendenza, lo stesso è soggetto unicamente alla legge e alle norme specifiche; deve altresì mantenersi estraneo ad ogni interesse o conflitto tra le parti. La legge è uguale per tutti, questa è la frase che è scritta alle spalle del Giudice e lui ne è il massimo garante.
Ci sono varie tipologie di organi giudicanti e queste diverse categorie traggono fondamento dalla loro composizione e i criteri per la loro classificazione sono i seguenti:
1) La composita dell’organo giudicante che prevede giudici monocratici ­ formati da una sola persona come il Giudice di pace, il Giudice per le Indagini Preliminari, il Magistrato di sorveglianza - e dei giudici collegiali, ­ il Tribunale nella veste di organo collegiale, la corte di Appello, la corte di assise e la corte di Cassazione.
2) L’esistenza di uno stabile rapporto di impiego secondo cui si possono avere giudici togati ­ vincitori di un concorso pubblico e giudici onorari ­ nominati a seguito di apposito tirocinio, come il Giudice di pace o che svolgano occasionalmente tale funzione, come i giudici popolari in corte di assise o gli esperti presso il Tribunale per i minorenni.
3) Il tipo di funzioni esercitate, permette la distinzione tra giudici di merito, ai quali è demandato il compito di verificare e valutare le questioni di fatto e di diritto, ed i giudici di legittimità, ai quali è demandata una valutazione espressamente giuridica ovvero per la verifica della corretta applicazione della legge; un esempio in tal senso è la corte di Cassazione, ultimo grado di giudizio che non entra in merito ai fatti ma che si limita appunto a verificare che la legge penale sia stata applicata correttamente dagli organi precedenti. Solo in alcuni, e molto raramente, casi la corte di Cassazione entra nel merito e cioè quando nella procedura che precede è stato commesso un errore di valutazione del merito aberrante.
4) L’inquadramento nelle norme dell’ordinamento giudiziario, secondo cui possono distinguersi i giudici comuni da quelli speciali. Il principio differenziale poggia sulla constatazione che certi organi della giurisdizione istruiscono il loro potere in rapporto alla generalità dei reati e degli imputati, mentre altri membri la esercitano in rapporto a particolari categorie di reati e degli imputati e comprendono i giudici militari, la corte costituzionale che, integra sedici membri laici, giudica il Presidente della Repubblica per alto tradimento o attentato alla costituzione ed il Tribunale per i minorenni.
Gli organi per mezzo dei quali si svolge la funzione giurisdizionale penale sono per l’appunto gli uffici giudiziari intesi non in senso materiale, ma in senso funzionale. Solo la legge può prevedere l’istituzione di un ufficio giudiziario. Solo le sezioni delle corti d’assise d’Appello possono essere costituite, in base alla legge numero 14/84[1], invece che con legge con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del ministero della giustizia di concerto con il ministero del tesoro e sentito il consiglio superiore della magistratura.
Gli organi ai quali è affidata l’amministrazione della giustizia penale sono: il Giudice di pace, il Tribunale ordinario, la corte d’assise, la corte d’Appello, la corte d’assise d’Appello, la corte di Cassazione, il Tribunale per i minorenni, il Magistrato di sorveglianza, il Tribunale di sorveglianza.
Il Giudice di pace è organo monocratico onorario, la cui istituzione era stata prevista dalla legge 21 novembre 1991 numero 374[2].
Il Tribunale con apposite norme del codice di procedura penale, ha ristrutturato gli uffici giudiziari di primo grado secondo il modello del Giudice unico. Così facendo è stato soppressa la figura del pretore, trasferendo al Tribunale le competenze già attribuite dal codice al pretore. Ha stabilito che il Tribunale ­ Giudice unico, giudichi in composizione collegiale (tre componenti) oppure con il Giudice in composizione monocratica, questo a seconda della gravità del reato. I tribunali in relazione alla vastità del territorio assegnato territorialmente possono essere costituiti da molteplici sezioni giudicanti. I reati che rientrano nel giudizio del Tribunale sono tutti quelli che non sono compresi nella espressa competenza della corte d’assise e del Giudice di pace, tranne casi espressamente previsti dalla legge.
La corte d’Appello è un organo collegiale che ha competenza in ambito distrettuale; per meglio comprendere il territorio del distretto è pressappoco corrispondente a quello di una regione. Rimanendo nell’ambito penale, la corte d’Appello esercita sulle decisioni sentenziate dal Tribunale; tutte le corti d’Appello sono suddivise in sezioni.
La corte d’assise è l’organo collegiale il cui circondario corrisponde con quello dei tribunali. La sua composizione comprende giudici togati (magistrati in carriera) e giudici laici (giudici popolari). Ha una competenza mista ovvero giudica su reati che presentano una pena di una certa gravità ovvero su specifici reati al di la questi ultimi della pena prevista. La corte d’assise è composta da un consigliere di corte d’Appello (presidente), da sei giudici popolari. La corte d’assise d’Appello è invece composta da un Magistrato di Cassazione con funzioni di presidente, un Magistrato d’Appello e sei giudici popolari. I magistrati ed i giudici popolari costituiscono un collegio unico. In sostanza i giudici popolari della corte d’assise realizzano quello che è previsto dall’articolo 102 della costituzione[3] ovvero la partecipazione diretta del popolo all’amministrazione della giustizia, relativamente a quei reati che hanno una certa ripercussione in campo sociale.
La Corte di Cassazione è l’ultimo grado di giudizio, insomma posto al vertice dell’organizzazione giudiziaria, ha sede in Roma ed ha la competenza per tutto il territorio italiano.
La corte di Cassazione come abbiamo già accennato, non entra nel merito dei fatti processuali, (tranne casi particolari) ma ha il compito di verificare se ciò che è stabilito dalla legge e dal codice è stato applicato in maniera corretta. La corte di Cassazione è pertanto il Giudice del diritto; verifica che le sentenze pronunciate dai giudici di merito siano conformi alla legge.
Il Tribunale per i minorenni è l’organo giudicante per quei reati commessi da persone che non hanno compiuto il diciottesimo anno di età; ciò è dovuto al fine di assicurare al minore una particolare tutela, in relazione al suo diritto alla formazione e ad una conveniente organizzazione per un processo di socializzazione. Sono previsti tribunali speciali che risiedono presso i tribunali che sono sede di corte di Appello e presso i quali sono costituite delle Procure della Repubblica per i minori, allo stesso modo specializzate.
Il Tribunale per i minorenni è composto da un Magistrato di Appello che ha le funzioni di presidente, un Magistrato di Tribunale e due cittadini, un uomo ed una donna scelti fra esperti di discipline psicopatologiche, psichiatriche, antropologiche ecc che abbiano compiuto almeno trent’anni. Anche presso il Tribunale per i minorenni esiste l’ufficio del Giudice per le indagini preliminari che opera unicamente per i provvedimenti da adottarsi durante la fase delle indagini mentre in sede di udienza preliminare sono presenti due giudici onorari, un uomo ed una donna.
Il Magistrato di sorveglianza è l’organo a cui è demandato l’obbligo di vigilare sulla organizzazione degli istituti di prevenzione e pena, manifestando al ministero della Giustizia le necessità dei vari servizi con particolare riguardo al trattamento rieducativo. Il Tribunale di sorveglianza è istituito presso ogni distretto e per ogni sezione distaccata di corte d’Appello al quale sono devoluti i compiti in materia di misure alternative alla detenzione e di revoca anticipata delle misure di sicurezza in grado di Appello. Il Tribunale è composto dai magistrati si sorveglianza in servizio nel distretto nonché da psicologi, professionisti nel servizio sociale, pedagogia, psichiatria e criminologia. I provvedimenti vengono adottati da un collegio composto da un presidente già Magistrato di Cassazione, da un Magistrato di sorveglianza e da due esperti.
Di seguito andremo ad evidenziare – per ogni singola Autorità Giudiziaria – le sue specifiche competenze per i reati sopra trattati e che a noi più interessano, strettamente collegati agli eventi relazionabili all’infortunistica stradale.
[1] Legge 10 aprile 1951, numero 287 - (Aggiornamenti apportati dalle leggi n. 1324/1951, 405/1952, 1441/1956, 795/1982, 14/1984; d.P.R. n. 449/1988, D.Lgs. n. 51/1998 e 273/89 e dai d.l. n. 31/1978 convertito in legge n. 74/1978, d.l. n. 394/1987 convertito in legge n. 479/1987 e d.l. n. 18/1986 convertito in legge n. 78/1986) - pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.102 del 7 maggio 1951 – Riordinamento dei Giudizi di Assise.
[2] Legge 21 novembre 1991 n. 374, Istituzione del giudice di pace, in G.U. 27 novembre 1991, n. 278, S.O.
[3] Articolo 102 della Costituzione della Repubblica Italiana - «La funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull'ordinamento giudiziario. Non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali. Possono soltanto istituirsi presso gli organi giudiziari ordinari sezioni specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura. La legge regola i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo all'amministrazione della giustizia.»
4.2 La competenza penale della Corte di Assise


E’ un organo della giurisdizione ordinaria penale competente a giudicare in primo grado solo per alcuni gravi reati. E’ composta da un Presidente (magistrato di Corte d’Appello), da un "giudice a latere" (magistrato di Tribunale) e da sei giudici popolari. Nello svolgimento della loro funzione i giudici popolari sono equiparati ai magistrati di Tribunale e partecipano alla formazione della sentenza con parità di voto.
La Corte di Assise è competente a norma dell’articolo 5 del c.p.p.:
a) per i delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a ventiquattro anni, esclusi i delitti di tentato omicidio (56, 575 c.p.), di rapina e di estorsione, comunque aggravati, e i delitti previsti dall’articolo 630 primo comma del codice penale e dal decreto del Presidente della Repubblica 09 ottobre 1990, numero 309[1];
b) per i delitti consumati previsti dagli articoli 579, 580, 584, del codice penale;
c) per ogni delitto doloso se dal fatto è derivata la morte di una o più persone, escluse le ipotesi previste dagli articoli 586 588 e 593 c.p.;
d) per i delitti previsti dalle leggi di attuazione della XII disposizione finale della Costituzione, dalla L. 9 ottobre 1967 n. 962[2] e nel Titolo I del Libro II del Codice Penale (241-313 c.p.), sempre che per tali delitti sia stabilita la pena della reclusione non inferiore nel massimo a dieci anni.
Nei casi specifici trattati nel presente elaborato, l’unico caso che potrebbe interessare alla Corte di Assise è quello dell’omicidio (articolo 575 del Codice Penale). Bisogna invero doverosamente precisare che per il delitto di tentato omicidio, comunque aggravato, la competenza è invece del Tribunale collegiale.


La competenza penale del Tribunale Ordinario


E’ il Giudice con competenza in materia sia civile che penale per un ambito territoriale detto circondario. Con il Decreto legislativo numero 51/98[3], che ha abolito il Pretore, il Tribunale ordinario è rimasto Giudice unico di primo grado, salvo talune competenze minori del Giudice di pace per le quali è quest’ultimo il giudice di primo grado. Perciò, il Tribunale ordinario giudica anche in secondo grado sugli appelli proposti contro le sentenze del Giudice di pace.
Il Tribunale ordinario giudica in composizione collegiale (tre giudici) e in composizione monocratica (un giudice singolo)[4]. Le sentenze del Tribunale ordinario sono impugnabili, mediante l’appello, davanti alla Corte d’Appello per motivi concernenti il fatto che ha dato origine alla causa (motivi di merito) e davanti alla Corte di Cassazione, mediante ricorso per cassazione, per motivi concernenti questioni di puro diritto (motivi di legittimità) o di attribuzione tra le varie giurisdizioni (motivi di giurisdizione).
Il Tribunale ordinario esercita anche le funzioni di Giudice tutelare, oltre ad altre specifiche funzioni stabilite dalla legge. I Tribunali ordinari sono 166, due dei quali appositamente istituiti in area di tribunali metropolitani.
Stando quindi ai principi sopra esposti, saranno di competenza del Tribunale Ordinario i reati che si concretizzano a seguito della violazione dei seguenti articoli del Codice della Strada: articolo 186, articolo 189, articoli 9/bis e 9/ter. E’ doveroso evidenziare che l’articolo 186 del Codice della Strada – già di competenza del Tribunale Ordinario – per un breve periodo fu attribuito alla competenza penale del Giudice di Pace – per poi far ritorno all’originaria competenza del Tribunale Ordinario.
Per quel che riguarda la violazione di norme del Codice Penale correlate ad venti infortunistici, i reati previsti dai seguenti articoli sono di competenza del Tribunale: articolo 582, articolo 589, articolo 593 – limitatamente all’ipotesi prevista dal terzo comma, articolo 337/bis, articolo 367, articolo 485 ed articolo 489. Per il delitto di tentato omicidio, comunque aggravato, la competenza è sempre del Tribunale ma riunito in forma collegiale.
L’attribuzione di taluni reati (connessi all’infortunistica stradale) alla competenza del Tribunale dà sicuramente certezza di un giudizio sicuro ed equo, frutto di un iter processuale molto severo.
L’aspetto negativo, se così si può dire, della vicenda è quello purtroppo collegato alle lungaggini processuali. Come ben si sa più una pena è ravvicinata al fatto che l’ha generata più la stessa sortisce gli effetti anche rieducativi voluti. Inoltre è anche diritto di un cittadino veder risolta in breve tempo una situazione penale che magari lo vede ingiustamente coinvolto. Chiaramente trattando detto argomento si sfonda una porta aperta, in quanto la vicenda è già all’attenzione delle forze politiche, ed anzi costituisce proprio fonte di scontro tra le stesse. La soluzione del problema comunque non dovrebbe avere colori politici, in quanto la sua giusta definizione andrebbe a vantaggio indistinto di tutta la popolazione.


La competenza penale del Giudice di Pace


A partire dal 1° maggio 1995 il Giudice di Pace inizia la sua attività in sostituzione del Giudice Conciliatore il cui ufficio è abolito. Rispetto al Giudice Conciliatore ha una competenza in materia civile molto più ampia oltre ad una competenza in materia penale per fatti lievi e che non richiedono accertamenti complessi. Il Giudice di Pace ha iniziato a svolgere le funzioni di giudice penale a partire dal 1° gennaio 2002[5].
Il Giudice di Pace è un magistrato onorario al quale temporaneamente sono assegnate funzioni giurisdizionali. Dura in carica quattro anni e alla scadenza può essere confermato una sola volta. Al compimento del 75° anno d’età cessa dalle funzioni. Egli è tenuto ad osservare i doveri previsti per i magistrati ed è soggetto a responsabilità disciplinare.
Il Giudice di Pace è un magistrato onorario e non di carriera e non ha un rapporto di impiego con lo Stato. Egli percepisce una indennità cumulabile con i trattamenti pensionistici e di quiescenza.
Stando quindi ai principi sopra esposti, sarà di competenza del Giudice di Pace – per quel che riguarda il Codice della Strada – il solo reato previsto e punito dall’articolo 187.
Nell’ambito del Codice Penale invece il Giudice di Pace ha conservato una più ampia competenza – sempre per fatti ricollegabili ad incidenti stradali – avendo egli capacità a decidere sui reati previsti dai seguenti articoli: articolo 590, articolo 593 – limitatamente ai casi previsti dal I° e II° comma, articolo 635.
Rispetto all’argomento precedente (Tribunale Ordinario) qui i parametri si invertono. Il Giudizio davanti al Giudice di Pace garantisce maggior snellezza e velocità, per cui si è compiuto – in tale direzione – un passo avanti. Critiche invece potrebbero essere avanzate sull’importante aspetto che riguarda la certezza della pena. Molto spesso è capitato (anche nella pratica) di vedere casi di assoluzione che poco o nulla hanno a che vedere con la giusta applicazione del diritto.
Ricordo ad esempio in un processo, nel quale io svolgevo le funzioni di Pubblico Ministero (allora ciò era dalla Legge consentito agli Ufficiali di Polizia Giudiziaria), l’assoluzione di un giovane cameriere che aveva pesantemente offeso due Carabinieri (in servizio ed in divisa) dal reato di cui all’articolo 341 del Codice Penale[6] (Oltraggio ad un Pubblico Ufficiale). Il Giudice di Pace competente, pur dimostrando ed ammettendo essere avvenuto il fatto in esame, assolse l’imputato con la motivazione che essendo il fatto successo nella serata del giorno di ferragosto, il giovane cameriere era stressato in quanto aveva intensamente lavorato tutto il giorno, per cui un simile suo comportamento – palesemente contrario alla Legge - era in un certo qual modo giustificato. All’emanazione della sentenza sono rimasto un po’ sbigottito, ed allora ho pensato che qualcosa nell’ingranaggio della macchina giustizia non funzionasse. Ho infatti relazionato l’accaduto al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale competente, al fine di proporre – avverso la citata sentenza – giusto ricorso.
Chiaramente non si può generalizzare, ma l’impressione (a dir il vero non solo mia…) è che il Giudice di Pace – essendo magistrato onorario e non di ruolo (per cui per tutta la sua vita può aver fatto ad esempio il funzionario dell’INPS, che poca attinenza ha con la materia Giustizia) è in balia spesso dei vari avvocati i quali, più esperti e maliziosi di lui – chi più chi meno – di detta debolezza si approfittano, facendo pendere l’ago della bilancia giustizia dalla loro parte. Ciò sicuramente mette a serio rischio l’importante aspetto, come già sopra detto, della certezza della pena, aspetto che come sappiamo è fondamentale per far ben funzionare uno Stato di diritto com’è il nostro.


La competenza penale del Tribunale per i Minorenni


Le materie di competenza del Tribunale per i Minorenni sono molteplici. Quanto alla materia penale il Tribunale per i minorenni giudica per i reati commessi dai minori degli anni 18, e la relativa procedura è regolata dal DPR 22/09/1988 numero 448[7].
La tendenza all’autonomia del diritto minorile si è manifestata, per prima, nel campo del diritto penale.
A prescindere, infatti, da ogni riferimento alle disposizioni costituzionali ed internazionali, l’esame della legislazione mette in evidenza come il campo del diritto penale è stato, da sempre, quello in cui la tendenza alla specialità si è manifestata maggiormente; ed invero, sia la parte generale del codice penale che la parte speciale contengono norme che, avendo come presupposto o come oggetto la minore età, pongono deviazioni evidenti dalle regole generali.
Si possono ricordare gli articoli 97 e 98[8], che pongono i cardini e le condizioni per l’imputabilità, nonché tutte le altre norme che dettano disposizioni particolari proprio in relazione a dette condizioni. E’ anche necessario porre in evidenza che l’evoluzione differenziata del «diritto penale minorile» si basa su cardini di vecchia data e che questi sono stati posti dal legislatore sia nel diritto sostanziale (i citati articolo 97 e 98 del Codice Penale), sia in quello processuale (la previsione di un organo specializzato e tutto il corpo normativo del c.d. c.p.p.min.), sia, infine, in quello dell’esecuzione penale (articolo 79 della legge 27 luglio 1975, n. 354[9]), che, a sua volta, ha un precedente nell’articolo 142 Codice Penale - Esecuzione delle pene detentive inflitte a minori – che già prevedeva una sistema differenziato di esecuzione della pena da infliggere ai minori degli anni 18.
In conseguenza di questa differenziazione, fin dagli anni cinquanta, si era avvertita la necessità della costruzione scientifica, prima di un «sistema penale minorile» e, successivamente, di un sistema più generale, in cui fosse superata la limitazione al campo penale e conservata come elemento di specializzazione o specificazione la «qualità dei soggetti».
Sembrava, fin da allora, maturo il tempo per la razionalizzazione del sistema stesso e per uno studio della personalità e della socialità del minore.
Si è dovuto, invece, aspettare il 1988 e, poi, il 2000 per avere due punti fermi della normativa che possono, finalmente, instradare il discorso verso una specialità ed una specificità autonoma della materia penale minorile e, in genere, del sistema legislativo minorile che conduca all’identificazione, anche legislativa, di un corpo autonomo di «diritto minorile».
I due punti fermi sono, da una parte, l’approvazione del d.p.r. 448 del 1988[10], contenente disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni e, dall’altra, l’articolo 15, comma 1, della legge 8 marzo 2000, numero 53[11], contenente delega al governo per l’emanazione di un testo unico in materia di assistenza all’infanzia.
D’altra parte e sotto altri aspetti, si deve osservare che la previsione costituzionale di un organo specializzato di giustizia minorile (art. 102 Costituzione[12]) non poteva rimanere senza effetti.
Il campo del diritto penale minorile, quindi, rivendica, ed ha rivendicato da sempre, una propria autonomia basata su tre postulati fondamentali, di recente posti anche in discussione, che sono l’inizio dell’imputabilità a quattordici anni (anche se a determinate condizioni), la fine della situazione di minorità dovuta all’età, al compimento del diciottesimo anno di età e la misura dell’età (considerata in relazione alla posizione del minore persona offesa dal reato) variamente determinata a secondo delle situazioni in cui il minore stesso viene coinvolto.
Appare evidente, quindi, che le norme di diritto sostanziale volte a tutela della situazione particolare del minore si riverberano e s’intersecano con quelle di diritto processuale e con quelle di diritto dell’esecuzione penale per andare a formare un corpo autonomo regolato da principi parzialmente diversi da quelli dettati per i maggiorenni.
Mai come nel campo del diritto penale, la situazione soggettiva dell’autore o della vittima hanno avuto tanta influenza e tanta autonomia, quanto nell’ipotesi d’autore o vittima minorenne.
Questa circostanza, da una parte, importa una necessità di verifica della stessa funzione della pena rispetto al minore e, dall’altra, coinvolge la nozione di reato, che, in definitiva, deve essere rielaborata quando vi sia coinvolgimento, a qualsiasi titolo, di un minore degli anni diciotto.
Discutere, in questa sede, della funzione della pena in generale e, in particolare, della funzione della pena rispetto al minorenne, sarebbe non solo fuorviante ma anche improprio.
L’evoluzione storica, poi, di alcuni istituti nati in funzione premiale (perdono giudiziale e sospensione condizionale della pena) e, a maggior ragione, l’introduzione di altri (irrilevanza del fatto e messa alla prova), induce, per quanto riguarda i minorenni, ad una rivisitazione dello stesso concetto di reato.
Purtroppo non è infrequente, nel campo dell’infortunistica stradale, porre gli atti a disposizione del Tribunale per i Minorenni in quanto nel fatto è coinvolto – come autore del reato – un minore degli anni 18. Il progresso tecnologico, il benessere sociale, l’imitazione giovanile, hanno fatto sì che sempre più giovani e sempre prima si dotassero di veloci e potenti veicoli che magari – con piccole modifiche compiute da compiacenti meccanici – si trasformano rapidamente in velocissimi e pericolosissimi mezzi di trasporto. Detti veicoli purtroppo costituiscono un pericolo latente sulle nostre strade, ed ancor più grave costituiscono un pericolo ancor maggiore per i loro occupanti. Giova precisare che – così come previsto dall’articolo 115 del Codice della Strada[13] - compiuti gli anni sedici e muniti di patente di categoria “A”, i minori possono porsi alla guida anche di motoveicoli di cilindrata fino a 125 cc ed anche di macchine agricole che non superino i limiti di sagoma e di peso stabiliti per i motoveicoli e che non superino i 40 Km/h. In entrambi i casi i minori non possono trasportare altri passeggeri sul veicolo. In questo caso la patente (quella di categoria “A”) era già prevista dal Codice della Strada, per cui si suppone che il livello di preparazione del minore che si pone alla guida di detti veicoli sia di livello adeguato, o almeno consono al fatto di rendere sicura la circolazione stradale.
La recente introduzione del certificato di idoneità alla guida dei ciclomotori (c.d. patentino) previsto anche per i minorenni, dovrebbe far aumentare la conoscenza delle norme del Codice della Strada nei minori che si apprestano a porsi alla conduzione di un ciclomotore. Ciò aumenterà senz’altro la sicurezza stradale, ed impedirà a tanti minori di incappare nelle disavventure penali sopra narrate.
[1] D.p. r. 9 ottobre 1990 n. 309, Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, in G.U. 31 ottobre 1990 n. 255, S.O.
[2] Legge 9 ottobre 1967 n. 962, Prevenzione e repressione del delitto di genocidio, in G.U. 31 ottobrte 1967 n. 272.

[3] D.lgs. 19 febbraio 1998 n. 51, Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado, in G.U. 20 marzo 1998 n. 66 S.O.
[4] Decreto Legge 24 maggio 1999 n. 145 -coordinato e modificato con la legge di conversione n. 234/1999 - pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 119 del 24 maggio 1999 e la legge di conversione nella Gazzetta Ufficiale n. 171 del 23 luglio 1999.

[5] Decreto Legislativo 28 agosto 2000 n. 274 - pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 6 ottobre 2000 n. 234 - S.O. n. 166.
[6] Articolo 341 Codice Penale - Oltraggio a un pubblico ufficiale - «Chiunque offende l'onore o il prestigio di un pubblico ufficiale, in presenza di lui e a causa o nell'esercizio delle sue funzioni, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni. La stessa pena si applica a chi commette il fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritto o disegno, diretti al pubblico ufficiale e a causa delle sue funzioni. La pena è della reclusione da uno a tre anni, se l'offesa consiste nella attribuzione di un fatto determinato. Le pene sono aumentate quando il fatto è commesso con violenza o minaccia, ovvero quando l'offesa è recata in presenza di una o più persone.»

[7] D.P.R. 22 settembre 1988 n. 448, Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni, in G.U. 24 ottobre 1988, n. 250, S.O.
[8] Articolo 97 Codice Penale - «Minore degli anni quattordici Non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva compiuto i quattordici anni. Articolo 98 Codice Penale - Minore degli anni diciotto È imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, aveva compiuto i quattordici anni, ma non ancora i diciotto, se aveva capacità d'intendere e di volere; ma la pena è diminuita. Quando la pena detentiva inflitta è inferiore a cinque anni, o si tratta di pena pecuniaria, alla condanna non conseguono pene accessorie. Se si tratta di pena più grave, la condanna importa soltanto l'interdizione dai pubblici uffici per una durata non superiore a cinque anni, e, nei casi stabiliti dalla legge, la sospensione dall'esercizio della potestà dei genitori o dell'autorità maritale.»
[9] L. 26 luglio 1975 n. 354, Norme sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà, in G.U. 9 agosto 1975, n. 212, S.O. - Articolo 79 - «Minori degli anni diciotto sottoposti a misure penali. Magistratura di sorveglianza. Le norme della presente legge si applicano anche nei confronti dei minori degli anni diciotto sottoposti a misure penali, fino a quando non sarà provveduto con apposita legge. Nei confronti dei minori di cui al comma precedente e dei soggetti maggiorenni che commisero il reato quando erano minori degli anni diciotto le funzioni della sezione di sorveglianza e del magistrato di sorveglianza sono esercitate, rispettivamente, dal tribunale per i minorenni e dal giudice di sorveglianza presso il tribunale per i minorenni Al giudice di sorveglianza per i minorenni non si applica l'ultimo comma dell'articolo 68.»
[10] D.p.r. 22 settembre 1988, Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni, in G.U. 24 ottobre 1988, n. 250, S.O.
[11] Articolo 15.(Testo unico) - «1. Al fine di conferire organicità e sistematicità alle norme in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo è delegato ad emanare un decreto legislativo recante il testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia, nel rispetto dei seguenti princípi e criteri direttivi:…»
[12] Articolo 102 Costituzione della Repubblica Italiana. «La funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull'ordinamento giudiziario. Non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali. Possono soltanto istituirsi presso gli organi giudiziari ordinari sezioni specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura. La legge regola i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo all'amministrazione della giustizia.»

[13] Articolo 115 Codice della Strada. Requisiti per la guida dei veicoli e la conduzione di animali. - «Chi guida veicoli o conduce animali deve essere idoneo per requisiti fisici e psichici e aver compiuto: anni quattordici per guidare veicoli a trazione animale o condurre animali da tiro, da soma o da sella, ovvero armenti, greggi o altri raggruppamenti di animali; anni quattordici per guidare ciclomotori; anni sedici per guidare: motoveicoli di cilindrata fino a 125 cc che non trasportino altre persone oltre al conducente; macchine agricole o loro complessi che non superino i limiti di sagoma e di peso stabiliti per i motoveicoli e che non superino la velocita' di 40 km/h, la cui guida sia consentita con patente di categoria A, sempreche' non trasportino altre persone oltre al conducente; ……….»

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