sabato 22 settembre 2007

I Fattori di Rischio

Non esistono cause uniche degli incidenti stradali. Le ricerche dimostrano che essi derivano dalla concomitanza di numerosi fattori di rischio. Questi possono essere raggruppati in quattro categorie principali:
norme e controlli della circolazione: leggi, decreti, regole aziendali, norme di comportamento, efficacia dei controlli e delle sanzioni
veicoli: tipo, condizioni, sistemi di sicurezza adottati
circostanze esterne: strade e segnaletica, traffico, condizioni atmosferiche
comportamenti di guida o influenti sulla guida: velocità, distrazione, mancato rispetto delle regole, assunzione di alcol, stanchezza, ecc. Questi fattori sono tra loro correlati e interdipendenti: uno studio condotto dall'Elasis ha quantificato le percentuali di influenza di ciascuno dei fattori in relazione agli altri.In tutti i casi i comportamenti umani, e quindi i fattori socio-culturali che li influenzano (cultura della guida, consapevolezza del rischio, senso delle regole), sono il fattore di gran lunga prioritario su cui intervenire.

Decalogo Sicurezza Circolazione Stradale

Si al casco sempre allacciato, per sé e per chi si trasporta
Si alle cinture di sicurezza sempre allacciate anche nei sedili posteriori: in città (sono ancora più essenziali: uno scontro a 50 Km/h corrisponde ad una caduta dal quarto piano) e fuori città
Si al rispetto dei semafori e ai segnali stradali (precedenze, divieti, distanze di sicurezza ecc.)
Si ad un’informazione costante sul traffico: il numero telefonico per informazioni è il 1518
Siad una periodica manutenzione del veicolo e ad una corretta sistemazione dei bagagli
Siad una velocità adeguata alle condizioni della strada e del traffico specialmente in presenza di curve, pioggia, incroci, pedoni, ciclisti, ecc.
ATTENZIONE:
prudenza significa competenza, capacità di salvaguardare la propria vita e quella altrui
il rischio non è solo la morte (8.300 morti all’anno), ma anche le gravi invalidità permanenti (20.000 all’anno), i feriti (800.000 all’anno), nonché la vita delle famiglie di chi ha subito un incidente
No a mettersi in marcia senza allacciare prima i bambini al seggiolino sul sedile posteriore
No all’uso di alcool
No all’uso di droghe
No al sorpasso a destra
No all’uso del cellulare mentre si guida
ATTENZIONE:
sono anche fattori di rischio ricorrenti di incidenti: distrazione, stanchezza, colpi di sonno
un incidente grave è anche conseguenza di quella che viene percepita come semplice leggerezza, superficialità e eccessiva sicurezza
vi è uno stretto rapporto tra cultura e diritto: le norme della sicurezza stradale, infatti, nascono dall’esperienza che indica modalità attraverso le quali evitare incidenti.Non a caso il grado di civiltà di un Paese si misura anche dal comportamento sulla strada.
Cultura della sicurezza stradale significa acquisire l’orgoglio di comportamenti competenti e responsabili, rifiutando un’acritica attrazione per il rischio che mette in gioco la propria vita e quella degli altri.
La convivenza nella strada è la prima e fondamentale esperienza di democrazia che appartiene a tutti e in quanto tale deve essere riconosciuta, coltivata, apprezzata, trasmessa.
Fonte:Università degli Studi di Roma “La Sapienza”Facoltà di SociologiaCattedra di Antropologia Culturale

L'idea è buona ???

In alcuni paesi europei stanno adottando - come metodo persuasivo per evitare altri incidenti stradali - un sistema del tutto particolare. Infatti, nei luoghi ove si sono verificati degli incidenti mortali, vengono poste delle sagome stilizzate (tante quante le persone decedute) in maniera da rendere più efficace l'intimazione a rispettare le regole del Codice della Strada. Cosa ne pensate se ciò fosse applicato anche in Italia ???

Come Evitare Ciò ???


Interessante Statistica


giovedì 20 settembre 2007

Analisi del fenomeno

Che si tratti di cittadini o di professionisti dei trasporti, ciascuno deve poter disporre di un sistema di trasporto che soddisfi le proprie aspettative ed esigenze, e che lo ponga il più al sicuro possibile dai rischi (che come abbiamo visto in precedenza non sono pochi) della circolazione stradale.
La prima preoccupazione degli utenti è l’insicurezza della strada, vista come una costante minaccia. Gli utenti vogliono anche conoscere esattamente cosa pagano quando si servono dell’autostrada o dei trasporti pubblici. L’uso delle infrastrutture e la lotta contro l’inquinamento e la congestione hanno un costo.
Il cittadino non si aspetta semplicemente di essere trasportato in condizioni sempre più sicure. Desidera anche condizioni di trasporto semplici e flessibili, soprattutto quando deve adoperare più modi di trasporto. Desidera inoltre che i suoi diritti siano meglio tutelati.
L’utente vuole infine disporre di trasporti urbani più razionali. L’inquinamento acustico e atmosferico e le sue ripercussioni sulla salute dei cittadini diventano – oltre alla sicurezza della circolazione stradale - sempre più preoccupanti nelle città: vanno quindi al più presto stabiliti i rispettivi ruoli dell’autovettura privata e dei trasporti pubblici.
Fra tutti i modi di trasporto, il trasporto stradale è il più pericoloso e quello in cui si conta il maggior numero di incidenti mortali. Gli incidenti stradali sono stati considerati fino a poco tempo fa un inevitabile corollario della nostra società e non hanno quindi suscitato forti reazioni. Come spiegare altrimenti la relativa tolleranza dimostrata nei confronti degli incidenti stradali, quando ogni giorno il numero di morti sulle strade europee corrisponde in pratica a quello che si avrebbe in seguito alla caduta di un aereo di medie dimensioni?
La sicurezza stradale è però una delle principali preoccupazioni dei cittadini europei, se non la maggiore.
Studi effettuati in materia hanno rilevato che i guidatori europei auspicano misure più incisive in materia di sicurezza stradale, come il miglioramento della qualità delle strade, una migliore formazione dei guidatori, una più seria applicazione del codice della strada, nonché controlli di sicurezza dei veicoli e campagne di sicurezza stradale.
Fino agli anni ‘90, in mancanza di esplicite competenze, è stato difficile formulare l’intervento comunitario in materia di sicurezza stradale. La Comunità ha tuttavia da sempre contribuito alla sicurezza della strada. La creazione del mercato interno ha permesso di sviluppare, soprattutto attraverso la normalizzazione tecnica, dotazioni e componenti sicure per le automobili, grazie a più di cinquanta direttive (uso obbligatorio delle cinture di sicurezza, regolamentazione del trasporto di merci pericolose, applicazione di limitatori di velocità per i camion, patenti normalizzate e controllo tecnico per tutti i veicoli).
Il Trattato di Maastricht[1] ha finalmente dato alla Comunità i mezzi giuridici (articolo 71[2]) per stabilire il quadro generale e adottare le necessarie misure in materia di sicurezza stradale.
Malgrado l’introduzione di queste nuove competenze nel Trattato, non tutti gli Stati membri riconoscono ancora chiaramente la necessità di una reale politica europea in materia di sicurezza stradale e l’applicazione del principio di sussidiarietà rende difficile intervenire a livello comunitario.
L’Unione europea deve nel prossimo decennio perseguire l’ambizioso obiettivo di dimezzare il numero di vittime della strada a livello comunitario, grazie ad un’azione integrata che tenga conto sia della dimensione umana che di quella tecnica, e volta a rendere più sicura la rete stradale transeuropea.
Il tributo che gli europei pagano alla mobilità è stato e continua ancora ad essere troppo elevato. Dal 1970, più di 1,64 milioni di concittadini sono morti sulla strada. Il numero di decessi per incidente stradale era diminuito nettamente all’inizio degli anni ‘90, ma tale tendenza si è ridotta negli ultimi anni.
Nel 2000 gli incidenti stradali hanno provocato la morte di oltre 41.000 persone nell’Unione europea, per non parlare degli oltre 1,7 milioni di feriti. La fascia di età più colpita è quella dei 14-25 anni, per la quale gli incidenti stradali rappresentano la prima causa di decesso. Una persona su tre resterà ferita nel corso della sua vita in un incidente. I costi diretti degli incidenti della circolazione sono pari a 45 miliardi di euro. I costi indiretti (compresi i danni fisici e morali subiti dalle vittime e dalle loro famiglie) sono 3-4 volte superiori. Si tratta di un importo annuo di 160 miliardi di euro, equivalente al 2% del PNL dell’Unione europea.
I mezzi finanziari consacrati alla lotta contro l’insicurezza stradale non sono commisurati alla portata di questa tragedia. Gli interventi di prevenzione degli incidenti stradali rimangono infatti molto limitati: essi rappresentano meno del 5 % del costo totale degli incidenti, compresi i 60 miliardi di euro spesi dalle assicurazioni per indennizzi e riparazioni[3].
La dispersione di responsabilità e risorse tra numerose entità preposte alla sicurezza stradale, sia a livello statale che regionale, limita le azioni di vasta portata e scoraggia l’introduzione di politiche coordinate.
Gli annunciati programmi spesso si limitano a mere dichiarazioni d’intenti e contengono soltanto misure modeste. Vista la difficoltà di ottenere risultati tangibili, gli Stati membri invocano talvolta particolarità culturali per giustificare un atteggiamento fatalista. Per intervenire su aspetti tecnici, come la sicurezza delle strade, occorrono notevoli investimenti che gli Stati tendono a rimandare.
È stato stimato che, se tutti gli Stati ottenessero gli stessi risultati del Regno Unito e della Svezia, il numero di morti potrebbe ridursi di 20.000 all’anno. Di fatto invece, nel 1998, in Paesi come la Svezia e il Portogallo, che hanno una popolazione comparabile, il rapporto tra il numero di cittadini e quello delle vittime di incidenti stradali è stato di 1 a 4,5. Tra il Regno Unito e la Francia, questo rapporto è stato di 1 a 2,5[4]. Le possibilità di progressione sono anche considerevoli nei Paesi candidati all’adesione il cui parco veicoli è in genere più vecchio rispetto ai paesi dell’Unione e che non dispongono delle tecnologie più avanzate (ABS, airbag, ecc.).
La battaglia contro l’insicurezza sulle strade esige che l’Unione europea si doti tra il 2000 e il 2010 (siamo oltre la metà del cammino) di un obiettivo ambizioso di riduzione del numero di morti. La Commissione intende concentrarsi sull’obiettivo di dimezzare il numero di morti per incidenti stradali in tale periodo. Spetta innanzitutto alle autorità nazionali e locali prendere misure per raggiungere l’obiettivo di dimezzare i morti sulle strade entro il 2010; l’Unione europea intende tuttavia contribuire a questo obiettivo, non soltanto attraverso lo scambio di buone pratiche, ma anche intervenendo ad un duplice livello:
· da un lato, armonizzando le sanzioni;
· dall’altro, promuovendo nuove tecnologie al servizio della sicurezza stradale.
I controlli e le sanzioni variano notevolmente da uno Stato membro all’altro. Automobilisti ed autisti sanno di dover "andarci piano" con l’acceleratore in alcuni Paesi mentre invece possono "correre" tranquillamente in altri. Questa constatazione è allarmante quando si pensa che automobilisti ed autisti spesso guidano in più Paesi. Per una determinata infrazione, la sanzione (fermo del veicolo, ritiro della patente) dovrebbe essere la stessa a prescindere dalla nazionalità del conducente e dal luogo dell’infrazione. La patente sospesa in uno Stato membro può invece essere riottenuta in un altro Stato.
Per esempio andando da Colonia a Londra sulle autostrade E40 e E5 un conducente dovrà, raggiunta la frontiera belga, ridurre la sua velocità a 120 km/h, poi potrà circolare a 130 km/h in Francia e dovrà invece rispettare un limite di 112 km/h nel Regno Unito. Giunto a destinazione, potrà consumare bevande alcoliche fino a raggiungere un tasso di alcolemia pari a 0,8 g/l ma, nel percorso di ritorno dovrà limitare il consumo di alcol in maniera da rispettare il limite di 0,5 g/l.
Attualmente le autorità francesi possono confiscare la patente ai conducenti che presentano un tasso di alcolemia superiore a 0,8 g/l, e ben presto anche quando essi superino i limiti di velocità di oltre 40km/h. In entrambi i casi il diritto francese non permette di ritirare la patente ai conducenti di nazionalità diversa da quella francese.
La guida pericolosa può essere considerata un atto criminale, e la Commissione intende prendere iniziative nel quadro della politica comunitaria in materia di giustizia, non soltanto per i camionisti ma per tutti gli automobilisti.
A titolo di esempio, l’associazione belga RED ha sviluppato azioni innovative ed efficaci in materia di prevenzione stradale e precisamente:
- proponendo corsi di guida difensiva, ad esempio per mantenere il controllo dell’auto sotto la pioggia in caso di frenata urgente, posizione corretta al volante, ecc., ma non si tratta di corsi per evitare lo slittamento;
- organizzando, in collaborazione col Ministero della giustizia, misure alternative in materia di infrazioni, ossia anziché pagare una multa o subire una sospensione della patente, i contravventori possono accettare di seguire un corso di guida difensiva e vanno ad aiutare le vittime di incidenti stradali ricoverate in istituti specializzati.
Occorre affrontare il problema dell’armonizzazione di normative, sanzioni e controlli (specie per eccesso di velocità e guida in stato di ebbrezza) soprattutto sulla rete autostradale transeuropea oggetto di finanziamenti comunitari e sulla quale circola un numero crescente di cittadini di diversi Stati membri, iniziando con i trasporti commerciali internazionali. Ciò presuppone il ravvicinamento dei parametri tecnici delle infrastrutture e anche un minimo di armonizzazione della segnaletica.
La crescente varietà di tipi di segnaletica orizzontale e di cartelli stradali sugli itinerari europei, in particolare gli indicatori di direzione che non sono stati armonizzati dalle convenzioni dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, rappresenta un pericolo per i conducenti. La segnalazione delle direzioni varia, per uno stesso tipo di strada, da uno Stato all’altro. Per le autostrade, il verde è usato in cinque paesi (come il nostro) e il blu negli altri. Variano anche i principi linguistici seguiti per indicare i nomi delle località, per non parlare della numerazione dei vari itinerari. Bisognerebbe quindi prevedere la progressiva installazione sulla rete transeuropea di cartelli e segnali armonizzati e l’impiego degli stessi segnali a bordo dei veicoli. Un sistema comune di identificazione dei diversi tronchi della rete stradale transeuropea risulta essenziale per migliorare la visibilità e garantire così la qualità della rete presso gli utenti.
Un’adeguata indicazione dei punti pericolosi - evidenziando il numero di vittime che già hanno causato - permetterebbe di accrescerne la visibilità agli occhi dei conducenti europei in circolazione sui grandi assi stradali dei diversi Paesi.
Occorrerà esaminare la possibilità di promuovere sulla rete stradale transeuropea, oltre agli studi di impatto sull’ambiente, anche lo svolgimento di controlli e studi di impatto sulla sicurezza stradale, in particolare per i progetti per i quali è stato chiesto un contributo europeo.
Bisogna inoltre proseguire nella lotta al flagello della guida in stato di ebbrezza e risolvere la questione dell’uso di droghe o farmaci che influenzano la capacità di guidare in condizioni sicure. Il 17 gennaio 2001, la Commissione ha adottato una raccomandazione in cui invitava gli Stati membri ad adottare un tasso limite di alcolemia di 0,5 g/l per tutti i conducenti e di 0,2 g/l per i conducenti professionisti, quelli di motocicli e per i neopatentati[5].
Per lottare contro il flagello della guida in stato di ebbrezza, nel 1995 è stata lanciata in Belgio la campagna "Bob" (chi guida non beve) che ha riscosso un grande successo. La campagna incoraggia a designare tra i membri di un determinato gruppo una persona che si asterrà dal bere e che potrà quindi riaccompagnare a casa tutti gli altri in piena sicurezza. In Francia, oltre alle campagne di sensibilizzazione, sono state realizzate anche altre iniziative per ridurre il numero di morti all’uscita delle discoteche. Alcuni locali invitano ad esempio gli avventori a consegnare al loro arrivo le chiavi del proprio veicolo e le restituiscono dopo aver verificato il tasso alcolemico del conducente. In alcune regioni, per indurre gli automobilisti ad una maggiore prudenza, nei luoghi ove vi sono stati incidenti mortali sono stati disegnate le sagome dei corpi sull’asfalto. Vedendoli, il 37 % dei guidatori afferma di fare più attenzione e il 20 % di rallentare[6].
Diversi Stati membri hanno varato numerose iniziative originali per prevenire i comportamenti a rischio ed in particolare per sensibilizzare i giovani ai pericoli dell’alcol; è importante incoraggiare la diffusione e lo scambio di queste buone pratiche.
Una proposta di direttiva, in discussione al Consiglio e al Parlamento europeo, prevede che i passeggeri debbano utilizzare la cintura di sicurezza, se presente, negli autobus. Esiste già una direttiva sulle cinture di sicurezza per gli autobus che definisce le norme tecniche per le cinture, ma non impone ai costruttori l’obbligo di installarle a bordo. Per rendere il dispositivo efficiente, bisogna imporre ai costruttori di autobus, come è stato fatto per i costruttori di automobili, che tutti i sedili installati siano provvisti di cinture di sicurezza.
Gli sviluppi tecnologici permetteranno fra l’altro di rafforzare i metodi abituali di controllo e sanzione, grazie alla diffusione di mezzi automatici e di dispositivi a bordo di ausilio alla guida. A tale proposito, l’auspicata e futura installazione di scatole nere nei veicoli, in grado di registrare, come per gli altri modi di trasporto, i parametri utili per capire le cause tecniche degli incidenti, responsabilizzerà gli automobilisti, accelererà i procedimenti giudiziari legati agli incidenti, ne ridurrà i costi e permetterà di adottare misure preventive più efficaci. Nel giugno 2001 la Commissione ha inoltre adottato una proposta che rende obbligatoria la presenza di limitatori di velocità su tutti i veicoli che superano le 3,5 tonnellate o con più di 9 posti passeggeri (la velocità massima è limitata a 90 km/h per i veicoli commerciali e a 100 km/h per gli autobus).
Particolari problemi sono legati allo sfruttamento delle inchieste effettuate in caso di incidente. Attualmente le inchieste eseguite dalle autorità giudiziarie o dalle assicurazioni hanno come obiettivo principale il rimborso dei danni causati dagli incidenti e l’accertamento delle responsabilità, in applicazione della normativa applicabile. Queste inchieste non possono sostituirsi all’esigenza, sempre più avvertita in Europa e negli Stati Uniti, di potere disporre di inchieste tecniche indipendenti, volte a stabilire le cause degli incidenti ed a migliorare la legislazione.
Da diversi anni, la regolamentazione europea prevede ormai simili inchieste nel settore dell’aviazione civile. Un obbligo analogo è previsto nella regolamentazione ferroviaria. La Commissione intende proporre simili inchieste anche nel settore marittimo; in un secondo tempo l’obbligo andrebbe esteso anche agli incidenti stradali.
Le inchieste indipendenti devono essere svolte a livello nazionale, ma secondo una metodologia europea. I risultati dovrebbero essere comunicati ad un comitato di esperti indipendenti, presso la Commissione, incaricato di migliorare la legislazione vigente e di adeguare la metodologia all’evoluzione tecnica.
Come ricordato dal sig. Pieter Van Vollenhoven[7] - Presidente del Comitato dei Paesi Bassi per la Sicurezza dei trasporti - in occasione della terza Conferenza sulle indagini in caso di incidente, organizzata dal Consiglio europeo per la sicurezza stradale (ETSC), un’organizzazione indipendente permanente non solo garantisce l’indipendenza delle indagini, ma assicura anche che le raccomandazioni producano effetti concreti.
L’introduzione della patente elettronica potrebbe inoltre permettere di armonizzare le sanzioni per il fermo dei veicoli dei conducenti cui è stata ritirata la patente.
L’Unione europea ha una responsabilità considerevole, se non esclusiva, nel favorire la diffusione di tecnologie innovative che permettano il lancio sul mercato di nuovi veicoli sicuri. Questi veicoli, equipaggiati con tecnologie d’avanguardia, ad esempio nel settore della gestione del traffico e dei sistemi anticollisione, permetteranno secondo le stime di migliorare la sicurezza stradale del 50 % circa. Gli sviluppi tecnologici dovrebbero inoltre permettere di aumentare la resistenza dei veicoli agli urti, grazie alla messa a punto di nuovi materiali e all’introduzione di nuovi processi di progettazione avanzati per l’integrità strutturale.
In questo contesto, i progressi in corso in materia di pneumatici (riduzione degli schizzi prodotti dai pneumatici di autoveicoli pesanti, miglioramento dell’aderenza su strade sdrucciolevoli, sistemi di allarme in caso di gonfiatura insufficiente) dovrebbero permettere entro breve termine di ridurre i consumi di carburante e il rumore, pur mantenendo un elevato livello di sicurezza. Si prevede una riduzione del 10% nei consumi di carburante e di circa mille decessi all’anno.
La protezione degli occupanti dei veicoli in caso di impatto registra progressi considerevoli. Grazie all’elettronica, i nuovi dispositivi di protezione intelligenti (ad esempio airbag) terranno conto del numero di occupanti da proteggere, della loro morfologia e delle caratteristiche dell’impatto per offrire una protezione più adeguata. Un allarme che ricordi l’obbligo di allacciare la cintura deve figurare tra le dotazioni standard dei veicoli.
In Svezia, il 95 % degli occupanti delle autovetture allaccia abitualmente la cintura di sicurezza. Tuttavia, la metà dei morti risulta priva di cintura al momento dell’incidente.
Per meglio tutelare pedoni e ciclisti, l’elaborazione di norme di sicurezza per la progettazione delle parti anteriori delle autovetture potrebbe contribuire a salvare ogni anno fino a 2.000 vite umane. È attualmente in discussione un accordo volontario con l’industria per l’applicazione di simili norme.
Con l’aumento dei volumi di traffico, migliorare la gestione della velocità dei veicoli è un imperativo di sicurezza per combattere la congestione. Oltre alle favorevoli ripercussioni sulla sicurezza, l’osservanza dei limiti di velocità avrà anche un impatto significativo in termini di riduzione delle emissioni dei gas serra. A tal fine, le prospettive più promettenti sono quelle legate alle nuove tecnologie che permettono di determinare la velocità ottimale in qualsiasi momento, in funzione della situazione del traffico, delle caratteristiche delle strade e delle condizioni esterne (ad esempio le condizioni meteorologiche) e di informarne i guidatori grazie alla segnaletica esterna oppure mediante mezzi di comunicazione installati a bordo. E’ importante che le strade e i veicoli di tutta l’Unione siano dotati quanto prima di queste nuove tecnologie.
Un nuovo programma di azione sulla sicurezza stradale relativo al periodo 2002-2010 individuerà le misure atte a raggiungere l’obiettivo globale di ridurre del 50% il; numero di morti sulle strade, garantendo che sia tenuto conto di tutte le azioni, nazionali ed europee, volte a ridurre il numero di vittime.
Gli Stati membri saranno invitati ad approfondire la cooperazione e lo scambio di esperienze in materia di prevenzione ed analisi degli incidenti, grazie in particolare a strumenti comuni sviluppati a partire dalla base di dati CARE (Community database on Accidents on the Road in Europe), nonché alla creazione di un Osservatorio europeo della sicurezza stradale cui potrebbero fare capo le varie attività di sostegno da portare all’attenzione degli esperti della sicurezza stradale e del pubblico in generale.
L’armonizzazione delle sanzioni e della normativa in vigore (in particolare in materia di segnaletica, tasso d’alcolemia ed eccesso di velocità) sarà proposta per i trasporti internazionali effettuati sulla la rete autostradale transeuropea.
Sarà stilata una lista di punti particolarmente pericolosi che saranno dotati della segnaletica del caso. Presso la Commissione sarà istituito un comitato di esperti indipendenti, specializzati nelle inchieste sugli incidenti, incaricato di assistere negli sviluppi della regolamentazione sulla sicurezza.
La Commissione si riserva inoltre la possibilità, qualora i miglioramenti registrati tra qualche anno non fossero significativi, di presentare le opportune proposte legislative.
Gli utenti dei servizi di trasporto hanno diritto di sapere cosa pagano e perché. Contenere la congestione in Europa, lottare contro l’effetto serra, sviluppare le infrastrutture ma anche migliorare la sicurezza stradale o dei trasporti pubblici, attenuare gli effetti nocivi ambientali, tutto questo ha un costo. Al costo sociale si aggiungono le spese di investimento per controllare meglio i trasporti, mettere in circolazione nuovi treni o costruire nuove infrastrutture (ad esempio aeroporti). In futuro, la contropartita di questi benefici per la società e gli utenti del trasporto dovrà riflettersi nei prezzi di trasporto pagati dall’utenza, senza tuttavia compromettere la possibilità di usufruire di un servizio continuo e di qualità su tutto il territorio.
Gli spostamenti vanno pensati come un flusso continuo. Le politiche di assetto territoriale ed urbano sono a tal fine fondamentali. Le principali stazioni di metropolitana/ferrovia, le stazioni di autobus e i parcheggi dovrebbero rendere agevole il passaggio dall’automobile ai trasporti pubblici, offrire servizi collaterali (ad esempio negozi), incoraggiando così il ricorso ai trasporti pubblici, meno inquinanti e più sicuri. In alcune casi, come ad esempio a Monaco o ad Oxford, sono stati creati comodi parcheggi nelle immediate vicinanze della città (e anche vicino alle stazioni ferroviarie, di metropolitana/tram), serviti dai principali mezzi di trasporto pubblici (compresi i taxi) per spingere gli automobilisti ad abbandonare il proprio veicolo. Anche il fatto di adattare i trasporti pubblici per permettere il trasporto delle biciclette al seguito, può incoraggiare una certa forma di intermodalità su tragitti brevi. Va a tal fine sottolineato che la bicicletta è un mezzo di trasporto troppo spesso trascurato, se si pensa che ogni giorno vengono effettuati in Europa circa 50 milioni di spostamenti in bicicletta (ossia il 5% del totale). Il numero di spostamenti raggiunge addirittura il 18% in Danimarca e il 27% nei Paesi Bassi[8].
Per il successo dell’intermodalità occorre dare il giusto spazio anche ai taxi che oltre al trasporto delle persone garantiscono anche una serie di servizi complementari (piccoli trasporti merci, consegne espresse, ecc.). Andranno inoltre sviluppati in futuro sistemi di gestione del traffico intelligenti che permettano, informando tempestivamente i viaggiatori sulle condizioni di trasporto, di ridurre le perdite di tempo nel passare da un modo all’altro. Il successo dell’intermodalità presuppone naturalmente passaggi agevoli da un modo all’altro anche per le persone a mobilità ridotta.
Lo sviluppo del tessuto urbano, il cambiamento del modo di vita e la flessibilità dell’automobile privata, combinati a trasporti pubblici non sempre all’altezza della situazione, sono all’origine del considerevole aumento del traffico automobilistico registrato nelle città nel corso degli ultimi 40 anni. Benché il decentramento dei centri d’attività e dei quartieri residenziali sia stato in parte accompagnato dallo sviluppo di adeguate infrastrutture o di opportuni servizi di trasporto pubblico, la mancanza di un approccio integrato tra politiche urbanistiche e dei trasporti ha decretato la supremazia quasi indiscussa dell’autovettura privata.
Essa si impone, onnipresente ed ingombrante, sia nei centri città che (e soprattutto) nelle zone periurbane, ove la crescita del traffico è stata particolarmente rapida. Proprio in queste zone dove le esigenze di spostamento sono difficili da identificare e soddisfare, i trasporti collettivi, così come attualmente concepiti, non risultano abbastanza flessibili. Senza contare che un senso di pericolo dissuade talvolta dal fare ricorso ai trasporti pubblici in alcune zone e a determinate ore del giorno.
Alla crescita del traffico e della congestione si accompagna nelle città l’aumento dell’inquinamento atmosferico e acustico e degli incidenti e dei reati ad essi correlati.
Dal punto di vista della di sicurezza, un incidente mortale su due ha luogo in ambiente urbano: pedoni, ciclisti e motociclisti – figure deboli tra i protagonisti degli incidenti stradali - sono i più colpiti.
Anche se, in applicazione del principio di sussidiarietà, i trasporti urbani rientrano fra le competenze delle autorità nazionali e locali, non si possono ignorare i problemi che affliggono tali trasporti e che comportano un deterioramento della qualità della vita. Il problema più grave che le autorità nazionali e locali dovranno risolvere (che si profila più urgente del previsto) è il controllo del traffico, con particolare riguardo al ruolo dell’automobile privata nei grandi centri urbani.
Indipendentemente dall’aspetto del problema che si intende considerare (inquinamento, congestione, mancanza di infrastrutture) la società attuale è ormai orientata verso la limitazione del ruolo dell’automobile. Un approccio alternativo sarebbe quello di promuovere veicoli puliti e di sviluppare trasporti pubblici di qualità.
In applicazione del principio di sussidiarietà[9], l’Unione europea è legittimata ad intervenire, soprattutto in campo regolamentare, per promuovere la differenziazione delle fonti energetiche usate nei trasporti. L’Unione europea non può invece adottare alcun atto normativo per imporre soluzioni alternative all’automobile nelle città. La Commissione non può pertanto che limitarsi a promuovere le buone pratiche in materia.
Oltre al grave problema della sicurezza della circolazione stradale (ampiamente esaminato in questo elaborato), la congestione rappresenta con l’inquinamento - questi due fenomeni sono strettamente legati - una delle cause della "cattiva qualità di vita" in città. L’uso eccessivo degli autoveicoli privati ne è una delle principali cause.
Occorre dunque rendere più allettanti le possibili soluzioni alternative all’automobile a livello di infrastruttura (metropolitana, tram, piste ciclabili, corsie prioritarie per i trasporti pubblici) e di servizi offerti (qualità delle prestazioni, informazioni agli utenti). I trasporti pubblici devono raggiungere un livello di comfort, qualità e rapidità all’altezza delle aspettative dei cittadini. Questa opzione della qualità è stata scelta da molte città europee che hanno deciso di innovare, attivando nuove linee di metropolitana o di tram, nuovi autobus più facilmente accessibili per le persone a mobilità ridotta. È fondamentale che i trasporti collettivi si adattino ai cambiamenti della società: gli spostamenti si suddividono ormai sempre più equamente nel corso della giornata e tendono a rendere superata la distinzione tra ore morte e ore di punta. Alla costruzione di nuove abitazioni o di centri commerciali alla periferia delle città dovrebbe inoltre accompagnarsi un opportuno adeguamento degli itinerari dei trasporti pubblici e dei mezzi a tal fine utilizzati.
Alcune città hanno adottato disposizioni che mirano a limitare allo stretto necessario la costruzione di parcheggi per ogni nuovo edificio adibito ad uffici, cosa che rende meno pratico l’uso dell’automobile.
Alcune amministrazioni locali hanno deciso di assegnare corsie preferenziali non solo ai mezzi di trasporto collettivi (autobus - taxi) ma anche ai veicoli privati che, ad esempio, praticano lo car-sharing[10], aumentando il numero di piste e corsie riservate alle biciclette o alle moto. Si potrebbe prevedere un’iniziativa nelle grandi città e conurbazioni volta ad ottenere la collaborazione dei principali datori di lavoro, imprese o amministrazioni nell’organizzare gli spostamenti dei propri dipendenti o per il finanziamento dei trasporti collettivi; emblematico a tal fine il caso della città di Vienna la cui metropolitana è in parte finanziata dalle imprese locali.
Oltre allo sviluppo di nuovi mezzi di trasporto pubblico, per ridurre la congestione in città – e quindi il numero di incidenti stradali e delle sue tragiche conseguenze - occorre anche adottare sistemi di tariffazione delle infrastrutture urbane (la forma più semplice è l’installazione di parchimetri). Alcune città, fra cui ad esempio Londra, ricorrono a sistemi più complessi, basati su tecniche di identificazione elettronica dei veicoli e su un sistema elettronico di riscossione degli oneri dovuti, armonizzato a livello comunitario.
Si tratta di misure dissuasive che avranno tuttavia un impatto significativo soltanto se le alternative offerte in termini di servizi e di infrastrutture di trasporto pubblico risultano veramente competitive. È dunque essenziale utilizzare parte degli introiti per contribuire al finanziamento di nuove infrastrutture e migliorare l’offerta di trasporto urbano nel suo insieme.
Ecco quindi che un impegno costante e duraturo di tutte le forze in campo, quali Stato, enti locali, forze dell’ordine, volto al raggiungimento degli obiettivi sopra fissati, consentirà di raggiungere risultati sin non troppo tempo fa solo immaginati, e – cosa più importante – aiuterà ignari giovani a crescere nella vita evitando almeno alcune sciocche insidie dalla stessa posteci.
Insomma, per dirla in termini musicali, sarà il caso di non cantare più canzoni per un’amica, con buona pace di Francesco GUCCINI[11], il quale presumo sarà senz’altro d’accordo.
[1] Il Trattato sull'Unione Europea (noto come Trattato di Maastricht) venne firmato nella cittadina olandese sulle rive della Mosa di Maastricht il 7 febbraio 1992 dai 12 paesi membri dell'allora Comunità Europea, oggi Unione Europea ed è entrato in vigore il 1 novembre 1993. Con questo trattato vengono introdotti i cosiddetti Tre pilastri dell'Unione Europea: 1. la "Comunità Europea" che riunisce tutti i trattati precedenti (CECA- Comunità europea del carbone e dell'acciaio, Euratom- Comunità Europea dell'Energia Atomica e CEE - Comunità Economica Europea) 2. la Politica estera e di sicurezza comune (PESC) e la politica estera di sicurezza e difesa (PESD) 3. la Cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni (CGAI)
[2] L'articolo 71, paragrafo 1, lettera c), del trattato sull'Unione europea stabilisce che la politica comune dei trasporti nell'Unione deve prevedere misure per aumentare la sicurezza in tale settore. A questo scopo, nell'aprile 1997 la Commissione aveva adottato un programma di misure, nel quale si menzionava espressamente l'efficacia dei provvedimenti che costringono chi guida a consumare una minore quantità di alcol, come mezzo per ridurre il numero degli incidenti e delle vittime del traffico. Il 17 marzo 2000 è stata inoltre adottata una comunicazione che ridefinisce le priorità dell'Unione nel campo della sicurezza stradale e ribadisce la necessità di prevenire i rischi di un'eccessiva assunzione di alcol da parte dei conducenti.
[3] Dati tratti da: “Commissione delle Comunità europee – Libro Bianco” - La politica europea dei trasporti fino al 2010 - il momento delle scelte.
[4] Dati tratti da: “Commissione delle Comunità europee – Libro Bianco” - La politica europea dei trasporti fino al 2010 - il momento delle scelte.

[5] La maggior parte degli Stati membri ha già introdotto nella propria legislazione un limite di 0,5 mg/ml, stabilendo che il contravventore è punito con una sanzione penale oppure con un'ammenda o altra sanzione. La Commissione raccomanda a tutti gli Stati membri di adottare tale soglia massima e di andare verso limiti inferiori, nell'interesse di una maggiore sicurezza stradale. Tuttavia la Commissione ritiene che la scelta del tasso massimo di alcolemia, dei mezzi per garantirne l'osservanza e delle sanzioni conseguenti costituisca una questione di competenza delle autorità nazionali.
[6] Dati tratti da: “Commissione delle Comunità europee – “Libro Bianco” - La politica europea dei trasporti fino al 2010 - il momento delle scelte.
[7] Si laurea in Giurisprudenza nel 1965 – e diventa un giurato presso il parlamento. A livello nazionale ed internazionale si occupa di sicurezza. E’ membro dell’European Transport Safety Council, dell’International Safety Association, e del Transport Safety Boards. Nel 2004 è entrato a far parte del Group of Experts on Accident Investigations, un gruppo di consulta della Commissione Europea.

[8] Dati tratti da: “Commissione delle Comunità europee – Libro Bianco” - La politica europea dei trasporti fino al 2010 - il momento delle scelte.
[9] La sussidiarietà è un principio regolatore dell'esercizio delle competenze che deve consentire di determinare se, in caso di conflitto di competenze, l'Unione può agire o deve demandare agli Stati membri la soluzione della questione. L'osservanza di tale principio può essere verificata tramite due modalità distinte, ossia con un controllo politico o giurisdizionale.

[10] Gli utenti interessati si devono abbonare al servizio e in base a questo hanno diritto ad utilizzare l'auto (dalla citycar al monovolume) solo per il tempo di cui hanno bisogno (compresi i tempi molto brevi, un'ora ad esempio). Dopo averla utilizzata la rimettono a disposizione di altri utenti nelle aree di parcheggio appositamente create pagando una tariffa proporzionata alla durata di utilizzo ed ai chilometri percorsi. Questo sistema risulta conveniente a chi ha percorrenze inferiori ai 12-15000 km l'anno.
[11] GUCCINI Francesco – 14 giugno 1940 - Cantautore con oltre trent'anni d'esperienza, il creatore di alcune delle più belle canzoni degli anni settanta. Guccini ha scritto brani che hanno contribuito a creare in un certo qual modo, la storia dei cantautori Italiani.

Un caso (per me) emblematico

Sei anni fa - nel mese di maggio - mi trovavo a svolgere, in qualità di Ufficiale di Polizia Giudiziaria, il servizio di reperibilità per un intero week-end (sabato e domenica). Grazie all’aiuto della moderna tecnologia (telefoni cellulari) svolgere tale servizio al giorno d’oggi è molto più facile e meno gravoso di un tempo. All’epoca infatti bisognava stare a casa tutte le quarantotto ore del servizio, oppure rapidamente spostarsi e dare il numero telefonico dell’utenza fissa nella quale ci si andava a collocare. Altri tempi!!
Verso le ore 23,00 del sabato sera, mentre mi trovavo in compagnia di mia moglie e di altre coppie di amici, ricevevo sul mio telefono cellulare una chiamata dalla Sala Operativa della Sezione Polizia Stradale di Gorizia, il cui operatore mi avvisava che si era verificato un grave incidente stradale in Gorizia, in prossimità del ponte sul fiume Isonzo. Sentito ciò salutavo gli amici e la moglie, e speditamente mi recavo in Ufficio per prendere il materiale necessario (apparecchiatura fotografica, stampati di Polizia Giudiziaria, ecc. ecc.) per poi portarmi sul posto del sinistro unitamente alle pattuglie operanti.
Giunto sul luogo del fatto avevo modo di constatare che la scena era drammatica, quasi un teatro di guerra. Vi erano due vetture che si erano scontrate frontalmente, una Ford ed una Renault, ed il conducente di quest’ultima (ragazzo di trent’anni) giaceva privo di vita all’interno del suo veicolo. Vi erano altri due giovanissimi ragazzi (diciassettenni) che giacevo sull’asfalto in condizioni disperatissime, e che al momento del fatto erano seduti sul sedile posteriore della Renault. Il trasportato anteriore destro dello stesso veicolo lamentava delle lesioni fisiche fortunatamente e miracolosamente non gravi.
Il conducente della Ford (venticinquenne) – che poi è risultato essere il veicolo che aveva provocato il fatto – appariva in evidente stato di ebbrezza alcolica. Sottoposto all’esame tramite etilometro in Nostra dotazione, evidenziava un tasso di etanolo di molte volte superiore al limite di Legge.
Gli occupanti della Renault facevano parte di una squadra locale di calcio, e quella sera stavano festeggiando, come altre squadre, la fine della stagione agonistica con una cena in un vicino locale. Il tam tam del fatto si diffuse in maniera molto veloce e sulla zona cominciarono ad affluire centinaia di persone, per vedere se nel fatto fosse coinvolto qualche loro compagno. Anche da un punto di vista di ordine pubblico la situazione cominciava ad essere critica.
Sul luogo del sinistro abbiamo svolto tutti gli accertamenti, tranne l’identificazione dei due ragazzi rimasti gravemente feriti, in quanto si è data la giusta precedenza ai sanitari che stavano agendo sugli stessi per rianimarli. Appresi dal Dottore che stava agendo che uno dei ragazzi era in condizioni disperatissime, per cui veniva trasportato in ambulanza al vicino Ospedale Civile di Gorizia, mentre l’altro ragazzo, sempre in condizioni gravissime ma per il quale c’erano più speranze, veniva trasportato in ambulanza al più attrezzato Ospedale Civile di Udine. Rimasi d’accordo con il sanitario che più tardi (era ormai l’una di notte) ci saremmo sentiti per avere le generalità dei feriti.
Rientrato in Ufficio, e dopo aver preso accordi con il Magistrato di turno, iniziai la stesura del rapporto per l’Autorità Giudiziaria competente. Verso le quattro di notte decidemmo di chiamare gli Ospedali di Gorizia e di Udine per avere le generalità e le diagnosi dei due feriti di cui detto. Io mi incaricai di chiamare il reparto di rianimazione dell’Ospedale di Udine, mentre il mio collega prese l’incarico di chiamare quello di Gorizia. Nel mentre l’infermiera mi faceva lo spelling del cognome del ferito di Udine, mi rendevo conto che stavo scrivendo il mio cognome. Meccanicamente, mentre la voce dall’altro lato del filo continuava a darmi dati, io continuavo a scrivere gli stessi su un foglio di carta, anche se li conoscevo a memoria. Erano i dati del figlio di mio fratello, quelli di mio nipote!!
Mi venne riferito che il ragazzo veniva accolto in stato di coma in condizioni gravissime. Chiusa come un automa la telefonata apprendevo dal collega che l’altro ragazzo, il quale risultava essere in condizioni disperatissime, era un amico fraterno di mio nipote, e figlio di un caro conoscente di famiglia. I due giocavano assieme a calcio in una locale squadra giovanile.
Sentito ciò io – che ero già passato da una situazione di sgomento terribile appena giunto sul luogo del fatto, e che avevo fatto fatica ad immergermi nel freddo ruolo del rilevatore tecnico-giudiziario – chiudevo l’ennesima fase della faticosa nottata, diventando stretto parente di una parte coinvolta nel sinistro, che oltretutto versava in gravissime condizioni fisiche.
Chiesi ed ottenni il permesso di terminare lì i miei accertamenti del fatto, lasciando l’incarico di proseguire ad altro collega, e cominciai ad affrontare un’altra fase delicata. Dovevo comunicare l’avvenuto sinistro a mio fratello, a mia cognata, ed agli altri parenti. Per l’altro ragazzo diedi l’incarico al mio collaboratore d’Ufficio.
Telefonai a mio fratello comunicandogli l’accaduto, ed assieme a mia moglie andammo con lui e sua moglie all’Ospedale Civile di Udine, per verificare le condizioni del nipote. Detti la notizia anche a mia sorella, il cui figlio (compagno di squadra dei ragazzi coinvolti) era sino a poco prima con loro, per cui era sfuggito fortunatamente all’accaduto.
Per tutto il tragitto da Gorizia ad Udine mio fratello mi chiese se suo figlio era morto, non fidandosi del fatto che io gli dicessi – per motivi psicologici – subito tutta la verità. Giunti all’Ospedale di Udine apprendemmo che il ragazzo versava in stato di coma in condizioni critiche e che, un migliore quadro clinico, si sarebbe avuto nelle successive 24-48 ore. Mentre ci trovavamo lì avemmo il modo di notare che parte dei compagni di squadra erano andati all’Ospedale di Gorizia per accertarsi delle condizioni fisiche dell’altro ferito, mentre altri erano venuti ad Udine per fare la stessa cosa. Le due località distano circa 40 Km l’una dall’altra.
Nel corso della nottata si apprese che il povero compagno di mio nipote non c’è l’aveva fatta. Era deceduto!!
Nella mattinata tornai a Gorizia, e mi recai personalmente a casa dei genitori (che conosco benissimo) del povero ragazzo (avrebbe compiuto 18 anni il 20 agosto 2000) che era mancato. La scena fu terribile, il dignitoso strazio in cui versavano i genitori (quarantacinquenni) del povero A. sarà una cosa che porterò per sempre dentro il mio cuore, in quanto ha preso alloggio in esso.
Mio nipote c’è l’ha fatta!! Dopo svariati interventi, mesi di Ospedale, e cure riabilitative, ha ripreso a svolgere una vita apparentemente normale. Credo che però anche nel suo cuore, da quella fatidica notte di maggio, dimori per sempre un sentimento mai provato e di inconfessabile contenuto. I morti non so dove vanno, ma so cosa lasciano!![1]
Da indagini esperite nei mesi successivi appresi che la madre del conducente responsabile del sinistro (che risiedeva a Roma) aveva mandato per un breve periodo il figlio dalla nonna (abitante in provincia di Gorizia) in quanto stava frequentando brutte compagnie, ed aveva paura per il suo futuro.
Il processo si è tenuto lo scorso anno. L’imputato doveva rispondere di plurimo omicidio colposo e di guida in stato di ebbrezza alcolica. La sentenza è stata un paio di anni di reclusione e qualche mese di sospensione della patente di guida. Ovviamente, con tutti i benefici di Legge previsti, la pena è applicata fittizziamente poiché non viene scontata all’interno di una casa circondariale.
L’esempio sopra narrato è stato per me un duro e complesso percorso all’interno della materia che tratta dell’infortunistica stradale e dei reati ad essa connessi. Sia per gli aspetti diretti previsti su tale argomento, sia per gli aspetti correlati come il coinvolgimento emotivo personale. Inoltre, il caso descritto, ha toccato anche l’argomento del disagio sociale (nel quale evidentemente versava il conducente responsabile del fatto) e delle sue possibili gravi conseguenze indirette sull’infortunistica stradale.
Il bagaglio così acquisito costituirà per me un prezioso ed insostituibile compagno di viaggio ogni qualvolta mi approccerò ad esaminare questo argomento, ed ahimè ogni qualvolta mi troverò ad operare in simili tragedie.
[1] Citazione tratta dal Film “Non ti muovere” Regia: Sergio Castelletto, Sceneggiatura: Sergio Castelletto, Margaret Mazzantini, Interpreti: Penelope Cruz, Sergio Castellitto, Claudia Gerini, Angela Finocchiaro, Marco Giallini, Pietro De Silva, Elena Perino. Musiche originali: Lucio Godoy.

L'aiuto della tecnica

I dispositivi di sicurezza automobilistica vengono distinti in sistemi di sicurezza attiva e passiva e molti di essi sono per legge diventati obbligatori, di conseguenza forniti di serie al momento dell’acquisto di una autovettura.
Il fattore che ha concorso alla diffusione dello studio e della messa in opera di sempre maggiori sistemi di sicurezza è il numero delle vittime per incidente stradale, elevato in tutto il mondo.
Dai primi progressi in campo automobilistico avvenuti con miglioramenti sostanziali riguardanti gli impianti frenanti si è passato allo studio di telai e carrozzerie ad assorbimento progressivo d’urto, ai test simulativi degli incidenti sempre più evoluti.
Le conclusioni di tutti questi studi sono state man mano recepite anche dagli organi legislativi che hanno introdotto l’obbligatorietà dei sistemi di sicurezza più importanti. In Italia, da parecchi anni, è obbligatorio sia il montaggio che l’uso delle cinture di sicurezza[1] mentre l’ultimo dispositivo ad essere considerato inderogabile è stato l’ABS[2].
Molto usati sono anche i congegni di controllo elettronico della trazione (ESP[3]) e quelli a protezione del conducente e dei passeggeri in caso di urto (airbag[4] frontali e laterali). Spesso la presenza di questi accessori è una forma di valore aggiunto sul quale le case automobilistiche puntano anche nelle varie campagne pubblicitarie.
Alcuni dei dispositivi hanno portato ad un diverso modo di affrontare la guida di un veicolo; in un’auto munita di ABS ad esempio occorre frenare a fondo nonostante le forti vibrazioni del pedale, poiché è il sistema stesso che provvede ad evitare il bloccaggio delle ruote. Tale frenata violenta era invece assolutamente da evitare in passato, soprattutto in condizioni di asfalto bagnato in cui era facile incorrere nel cosiddetto acquaplaning[5].
Nelle strade residenziali esistono molti utenti vulnerabili, come pedoni e ciclisti (possono essere sia giovani che anziani) , le cui zone riservate (piste ciclabili e marciapiedi) devono essere tenute in efficienza, onde garantirli maggior sicurezza.
All’altro capo dello spettro viario rispetto alle strade di vicinato stanno le autostrade. Esse hanno le caratteristiche ingegneristiche migliori, e dunque sono tipicamente le strade più sicure per chilometro percorso, e contemporaneamente consentono maggiori velocità e migliore economia di combustibile (per vari aspetti altimetrici e di raggio di curvatura).
Le migliori autostrade sono rialzate nelle curve per ridurre la necessità di ricorrere alla trazione laterale dei pneumatici e per aumentare la stabilità dei veicoli con centro di gravità alto. La maggioranza delle strade sono coronate, cioè hanno superfici rotondeggianti, in questo modo vi si riduce la permanenza di acqua e ghiaccio, per poter prevenire il danneggiamento della carreggiata per congelamento ma anche per aumentare la trazione in condizioni ambientali disagevoli. Attualmente alcune sezioni della strada vengono rivestite di bitume poroso per aumentare il drenaggio; questo specialmente nelle curve e dossi.
Attualmente buona parte del rivestimento stradale viene progettata per assorbire l’energia d’impatto e minimizzare il rischio per gli occupanti delle automobili, e delle altre persone ivi presenti. Per esempio, la maggior parte delle estremità dei guardrail oggi giorno vengono fatti "affogare" nel terreno, in questo modo non possono fare breccia in un abitacolo di passeggeri, e molti lampioni e pali vengono progettati per rompersi alla altezza della loro base, piuttosto che fermare violentemente una macchina che li colpisce.
Gran parte dei rivestimenti stradali sono fatti per collassare nell’ impatto. Molti enti proprietari di autostrade hanno anche rimosso gli alberi nelle vicinanze della carreggiata; e anche se il concetto stesso di "alberi pericolosi" ha attratto grosse critiche (sul fatto di come l’esigenze della mobilità piegano alle loro ferree logiche e bisogni ogni aspetto paesaggistico, culturale ed ambientale) ed anche molto scetticismo, non possiamo dimenticare che oggetti come tronchi d’albero possono determinare danni severi a veicoli senza controllo (gli alberi riescono a fermare una macchina in pochi centimetri, non permettendo di smaltire l’energia cinetica) e così causano lesioni interne gravi da decelerazione immediata ai loro occupanti. Sono anche ostacoli alla visibilità e causano incidenti per la caduta dei loro rami, in seguito a svariate condizioni ambientali.
I pericoli stradali e le intersezioni attualmente sono segnalati molte volte, circa cinque, venti e sessanta secondi in anticipo rispetto al loro sopraggiungere, in modo che i guidatori siano meno propensi a tentare manovre violente.
Molti segni e linee sulla carreggiata sono catarifrangenti, ed hanno incorporato al loro interno piccole sfere di vetro per riflettere i fari più efficientemente. I marcatori delle corsie in alcuni paesi e regioni sono caratterizzati dai c.d. occhi di gatto[6] oppure marcatori rialzati, i quali riflettono le luci delle vetture in maniera brillante, e non sbiadiscono come la pittura.
In alcuni paesi le strade più importanti hanno "bande di tono" impresse o tagliate nei bordi della carreggiata legalmente percorribile, in questo modo gli automobilisti sonnolenti vengono risvegliati da un forte rumore quando perdono il controllo dello sterzo e cominciano a deviare fuori dal bordo della strada. Queste bande vengono anche chiamate "rumble strips" (strisce di rollio), per il ritmico suono che creano.
Gli Stati Uniti d’America hanno sviluppato un prototipo di autostrade automatizzate, per ridurre la fatica del guidatore ed aumentare la capacità di carico dell’autostrada. Unità automatiche radioemittenti, presenti sul bordo stradale che partecipano a sistemi di sicurezza per reti veicolari wireless[7] sono attualmente in corso di studio.
Il veloce progresso tecnologico di questi ultimi anni, in particolar modo nel mondo dell’informatica e dell’hardware capace di produrre oggetti sempre più capaci e sempre più piccoli in dimensioni, ha dato, sta dando e darà un grosso contributo ad aumentare la sicurezza della circolazione stradale, migliorando sia i sistemi di sicurezza attiva che passiva. Speriamo che detta sicurezza non segua le logiche di mercato (più pago, più ottengo e più sono sicuro), ma segua bensì quelle del buon senso.
[1] In via generale è noto che l’obbligo delle cinture di sicurezza fu introdotto dall’art. 20 e seg., della legge 18 marzo 1988, n. 111 (G.U. n. 84 del 11.4.1988). Già l’art. 22, al comma 1, stabiliva che tutti i veicoli della categoria M1 immatricolati dopo 2 anni dalla data di entrata in vigore della stessa legge (26 aprile 1990), dovevano essere equipaggiati con cinture di sicurezza in corrispondenza di tutti i posti a sedere. Entro il medesimo termine, l’art. 23, prevedeva anche l’uso dei dispositivi da parte di tutti gli occupanti. La legge in parola è stata poi abrogata dall’art. 231, comma 1, del DPR 285/1992, entrato in vigore il 1° gennaio 1993, in quanto i precetti relativi erano stati di fatto riproposti nell’art. 172 che, al comma 1.
[2] Con questa sigla (che in inglese sta per "Antilock Braking System" o, in tedesco, per "Anti Blockiert System") si indica un sistema controllato da una centralina elettronica per mezzo del quale, in qualunque situazione, si impedisce che una o più ruote della vettura possano bloccarsi in frenata. L'ABS costituisce un contributo di grande importanza per la sicurezza di guida e si rivela di eccezionale utilità in situazioni critiche come frenate d'emergenza su fondi a ridotto coefficiente di attrito (acqua, ghiaino, neve...) o in presenza di differenti condizioni di aderenza sui due lati della vettura.
[3] Controllo elettronico della stabilità, dopo le cinture è il più efficace dispositivo per la sicurezza. Purtroppo,costa ancora parecchio (fra 500 e 600 euro) e per certe auto, come le utilitarie, non è neppure disponibile.
[4] L'airbag è un "pallone" di forma piatta che viene istantaneamente gonfiato appena inizia l'urto, fuoriuscendo da un apposito vano dotato di coperchio, dalla parte centrale dello sterzo se dal lato guidatore e dal cruscotto se dal lato passeggero. La sua funzione fondamentale, soprattutto negli urti a velocità maggiori, è di impedire il contatto della testa o e del volto dei trasportati con il volante od il cruscotto. Infatti, anche se il torace, il bacino e le gambe sono trattenuti dalla cintura di sicurezza, la testa rimane libera di muoversi in avanti e verso il basso.
[5] L'acquaplaning è un fenomeno di galleggiamento di un veicolo in movimento su uno strato d'acqua esteso su una strada. Più precisamente si verifica quando l'acqua, tipicamente di origine piovana, tra le ruote e il manto stradale è in quantità tale da non permettere più la perfetta aderenza di queste due superfici; asfalti, cosiddetti "drenanti", rivestono il manto stradale per impedire che si formino zone in cui l'acqua ristagna, mentre gli intagli sul battistrada del pneumatico sono appositamente studiati per far defluire, comprimendola, la maggiore quantità d'acqua che si viene a trovare tra la ruota e l'asfalto; purtroppo quando la quantità d'acqua è eccessiva o quando l'eccessiva usura dei pneumatici ne ha ridotto la capacità di scaricare via l'acqua sottostante, viene a ridursi la "tenuta di strada", problema che fa dell'acquaplaning un rischio per la sicurezza stradale.

[6] Dispositivi rifrangenti puntiformi ad alta visibilità.
[7] Wireless, trasmissione dati senza filo, sfruttando la tecnologia radio SST. La tecnologia SST (Spread Spectrum Tecnology) è nata durante la seconda Guerra Mondiale per evitare che il Nemico potesse disturbare o intercettare e decodificare le comunicazioni degli Alleati. Oggi, grazie alla normativa europea ETSI, questa tecnologia è disponibile anche nei paesi europei. Con la sua architettura cellulare consente la copertura di qualunque superficie. Gli apparati supportano algoritmi di compressione, protezione e criptaggio. Il sistema ha come caratteristica di non ricevere ne emettere nessun tipo di disturbo radio, questo grazie anche alla bassa potenza irradiata che per norma non deve essere superiore a 100mW.

Interventi Sociali

Forse ancor più importante dell’intervento diretto (o legislativo) è quello indiretto. Infatti è sempre meglio curare un male alla radice che curarne le sue conseguenze. Un primo ed ottimo intervento potrebbe essere quello di inserire in maniera obbligatoria tra le materie di insegnamento della nostra scuola (almeno per i primi dieci anni di ciclo scolastico) la materia Educazione Stradale. Ciò farebbe crescere i nostri giovani con una cultura della strada, una cultura del rispetto delle regole in essa previste, ed una conoscenza delle conseguenze che la loro mancata osservazione determinerebbe.
Oltre alla scuola ovviamente sui giovani può agire la famiglia. Ecco quindi che si dovrebbero motivare i genitori a fornire – sull’argomento trattato - un’educazione specifica ai figli. Si potrebbe incentivare la famiglia, magari con detrazioni fiscali, a far seguire ai propri figli corsi specifici in preparazione dell’utilizzo della strada con qualsiasi veicolo (a partire dal velocipede).
Altro intervento, di più ampia e difficile portata, è quello sulle periferie degradate delle nostre città. Spesso in detti luoghi giovani ragazzi si pongono alla guida di vetture senza nemmeno averne il titolo abilitativo o addirittura l’età per averlo. E’ chiaro che diffondere in detti luoghi la cultura della legalità della circolazione stradale diventa impresa ardua, e forse problema non primario da affrontare. Certo magari risolvendo quello che potrebbe essere un problema secondario si può trovare la giusta ricetta per risolverne altri più grandi.
Da ultimo anche il favorire l’utilizzo dei mezzi pubblici a scapito di quelli privati consentirebbe di decongestionare le nostre arterie stradali, mettendo così in moto la logica equazione meno traffico meno incidenti stradali. Certo per favorire ed incentivare l’utilizzo dei mezzi pubblici bisognerebbe che gli stessi fossero garanzia di presenza e di puntualità, cose queste che non sembrano ancora essere patrimonio genetico del nostro trasporto pubblico.
La costante applicazione dei citati interventi indiretti consentirebbe, nel corso degli anni, di diffondere anche in Italia la c.d. cultura dell’educazione stradale. I ragazzi, se ben formati sin da giovani, diventeranno degli adulti rispettosi delle norme non perché dietro l’angolo c’è in agguato la pattuglia della Polizia Stradale o dei Carabinieri, ma perché ciò sarà sentito dal di dentro, luogo entro il quale nessun organo di polizia stradale può accedere.

Interventi Legislativi

Nel corso degli anni, il maggior accento posto sul problema dell’infortunistica stradale, ed in particolar modo sul problema della mortalità giovanile, ha spinto il legislatore a modificare alcune norme del Codice della Strada e ad inserirne alcune nuove. Si pensi ad esempio all’obbligo dell’uso del casco (prima per i motociclisti, poi per tutti), all’obbligo dell’uso delle cinture di sicurezza (prima quelle anteriori, poi tutte), all’abbassamento del tasso di etanolo consentito nel conducente (prima 0,8 g/l ora 0,5 g/l), all’introduzione della patente a punti e del c.d. patentino per i conducenti di ciclomotori.
Tali interventi – concentratisi a dir il vero negli ultimi decenni, forse anche su spinta della necessità di uniformarci con gli altri paesi dell’Unione Europea, hanno determinato ottimi risultati, consentendo di ottenere una diminuzione del numero dei decessi e dei feriti a seguito del verificarsi di incidenti stradali.
Tali interventi non sono sempre di facile applicazione, e facili da far rispettare. Essi infatti incidono sulla vita quotidiana della quasi totalità della cittadinanza, la quale non sempre è pronta a mutare le proprie abitudini ed i propri usi. Ecco quindi che l’intervento diretto (o legislativo) andrà sempre affiancato da altri tipi di intervento (indiretto – che tratteremo dopo) in maniera da preparare il terreno al primo, così da renderlo fertile per la norma che si vuole introdurre.
Ecco quindi alcuni possibili interventi che si potrebbero porre in atto per diminuire (o tentar di far ciò) l’accadimento di reati a seguito del verificarsi di incidenti stradali. Da primo si potrebbe vietare con legge dello stato al conducente di fumare o di bere nel mentre si trova alla guida del veicolo. Il bere ed in special modo il fumare durante la guida è azione che distrae il conducente, e non di rado è azione che provoca incidenti stradali. Non sono rari i casi del conducente che fumando perde la bronza della sigaretta, oppure la sigaretta stessa. In tal momento lo stesso automobilista si preoccupa più del pericolo imminente rappresentato dalla bronza che del pericolo latente (ma ben più grave) del fatto di distrarre la sua attenzione dalla strada. Un simile divieto incontrerebbe all’inizio (come è stato per il divieto di usare il telefono cellulare) delle forti resistenze da parte dei conducenti fumatori, i quali si sentono (a parer loro) già ghettizzati per la nota legge Sirchia[1] (divieto di fumo nei locali pubblici – n.d.r.) ma se ben applicata nel tempo consentirebbe di far diventare un’abitudine il non fumare mentre si guida. Chissà che ciò non possa far anche diminuire il numero dei fumatori in Italia ?
Altro possibile intervento diretto teso a far diminuire gli incidenti stradali, potrebbe essere quello della progressiva eliminazione – laddove possibile – degli incroci stradali, sostituendoli con più innocue rotatorie. E’ statisticamente dimostrato che laddove la circolazione stradale è regolata da rotatorie si ha una drastica diminuzione degli eventi infortunistici. Ciò si potrebbe incentivare magari prevedendo come sostegno economico – dal centro alla periferia – debiti contributi a quegli Enti locali che si adoperano per tali trasformazioni.
Altra decisione – a dir il vero un po’ fantasiosa - che aiuterebbe il nostro scopo potrebbe essere quella di dar valenza immediata (per l’accertamento della velocità) al biglietto autostradale. Quest’ultimo infatti – all’atto dell’ingresso in autostrada – viene emesso da un sistema computerizzato, e porta impresse la stazione (o meglio il casello) d’ingresso e l’ora dello stesso. Quando l’utente esce dall’autostrada il biglietto va reinserito nella stazione d’uscita, ed il casellante incassa il pedaggio in base al chilometraggio percorso. Interessante sarebbe far pagare un sovrapprezzo (alla normale tariffa) indirettamente proporzionale al tempo del viaggio. Quindi più si corre oltre il limite di velocità più si paga. Detta somma incassata come sovrapprezzo dall’ente proprietario della strada, potrebbe essere versata su un capitolato speciale dello Stato, usato poi solo per migliorie stradali ed altro di attinente. Per gli utenti dotati di telepass[2] l’applicazione della sovrattassa andrebbe direttamente applicata in automatico. Quando si utilizzano sistemi sanzionatori che vanno ad intaccare direttamente la tasca degli utenti in maniera così automatica e capillare, senza quindi possibilità di farla franca, è molto più probabile raggiungere il risultato voluto.
L’applicazione di dette innovazioni non sarebbe certo facile, in quanto – per forza di cose – ci si andrebbe a scontrare con interessi di altre attività e di altri settori ai quali poco importa il nobile scopo per il quale si agisce. Ma se veramente si vuole raggiungere una maggiore sicurezza stradale, e si vogliono far diminuire i reati che si verificano alla guida di veicoli, bisogna aver la forza di vincere dette resistenze e detti ostacoli.
[1] Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 dicembre 2003 - Attuazione dell'art. 51, comma 2 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, come modificato dall'art. 7 della legge 21 ottobre 2003, n. 306, in materia di «tutela della salute dei non fumatori». (GU n. 300 del 29-12-2003).
[2] Con il Telepass, sistema elettronico da tenere nella vettura, più piccolo di un pacchetto di sigarette, si può transitare nelle porte autostradali dedicate ai possessori di Telepass e pagare il pedaggio senza fermarsi al casello. Il canone relativo al servizio e il prezzo dei pedaggi autostradali saranno addebitati trimestralmente, senza alcuna maggiorazione, direttamente sul Conto Corrente Bancario.