Sent. C. Cass.
n. 28219/09 del 9 Luglio 2009
Guida sotto l’effetto di stupefacenti: stato di alterazione va accertato con esame tecnico. Così ha stabilito la Cassazione, la quale ha avuto modo di confermare come l’alterazione del conducente debba essere accertata attraverso un esame tecnico su campioni di liquidi biologici. Per configurarsi la contravvenzione di guida sotto l'influenza di sostanze stupefacenti, è necessario escludere che lo stato di alterazione possa essere desunto da elementi sintomatici esterni, come invece e' ammesso per l'ipotesi di guida sotto l'influenza dell'alcool (art. 186 CdS), in quanto l'accertamento richiede conoscenze tecniche specialistiche in relazione alla individuazione ed alla quantificazione delle sostanze. Costituisce "opzione scientifica non arbitraria", inoltre, il fatto che la presenza del principio attivo stupefacente persista per un certo arco temporale, della durata anche di diversi giorni, dopo l'assunzione dello sostanza. Ciò implica che, astrattamente, tale circostanza potrebbe non costituire prova certa al di là di ogni ragionevole dubbio di uno stato di "alterazione" da stupefacenti, che costituisce il proprium del reato di cui all'articolo 187 CdS.
Corte di Cass., IV sez. penale, nr. 28219/09 del 9.07.2009 (ud. 10.06.2009)
Corte di Cass., IV sez. penale, nr. 28219/09 del 9.07.2009 (ud. 10.06.2009)
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Il GIP presso il Tribunale di Savona, chiamato a pronunciarsi sulla richiesta di "patteggiamento" avanzata nell'interesse di C. C.A., imputato dei reati di cui all'art. 589 c.p., artt. 186 e 187 C.d.S., ha ritenuto di applicare la pena solo relativamente ai primi due reati, mentre ha prosciolto il prevenuto per la contravvenzione di cui all'art. 187 C.d.S., ritenendo che l'esito degli accertamenti sui liquidi biologici non fossero bastevoli per dare la prova della condizioni di alterazione del conducente, sul rilievo che la "positività" in ordine alla presenza di sostanze stupefacenti nel sangue può risultare anche a diversi giorni di distanza dalla relativa assunzione, onde in difetto di apposita visita neurologica volta ad accertare la "perduranza" dello stato di alterazione dovuta all'assunzione di stupefacenti non poteva ritenersi raggiunta la prova della responsabilità.
Avverso il proscioglimento parziale ricorre il Procuratore della Repubblica di Savona, che prospetta l'abnormità del provvedimento gravato.
Il ricorso è fondato, giacchè la decisione gravata, pur se non abnorme in senso tecnico, è viziata sotto un duplice profilo, per evidenti violazioni di legge.
In primo luogo, sviluppando le doglianze del ricorrente, vi è da rilevare come il giudice abbia esorbitato dai poteri/doveri attribuitigli dall'ordinamento in caso di applicazione della pena su richiesta delle parti. Come è noto, infatti, a fronte di una richiesta di "patteggiamento", è potere/dovere del giudice quello di esaminare, prima della verifica dell'osservanza dei limiti di legittimità della proposta di pena concordata, gli atti del procedimento al fine di riscontrare l'esistenza di una qualsiasi causa di non punibilità. Tale operazione preliminare consiste in una ricognizione allo stato degli atti, che può condurre ad una pronuncia di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. soltanto se le risultanze disponibili rendano "palese" l'obiettiva esistenza di una causa di non punibilità, indipendentemente dalla valutazione compiuta dalle parti e senza la necessità di alcun approfondimento probatorio e di ulteriori acquisizioni (cfr. Sez. un. 25 novembre 1998, Messina). Ne deriva, coerentemente, che qualora non ricorra alcuna delle ipotesi previste dall'art. 129 c.p.p., la motivazione al riguardo è sufficiente che contenga menzione dell'avere il giudice effettuato la verifica richiesta dalla legge e dell'insussistenza di alcuna delle ipotesi riconducigli al citato art. 129 c.p.p. (tra le tante, cfr. Sezione 4^, 3 dicembre 2003, Okorie).
Nella specie, il giudice è andato oltre i limiti suindicati, laddove ha inteso affrontare e risolvere una tematica inconciliabile con il limitato spazio valutativo imposto dalla corretta applicazione dell'art. 129 c.p.p..
Infatti, la giurisprudenza, sul punto, è assolutamente costante: tra le tante, Cassazione, Sezione 4^, 6 giugno 2007, Loffredo; Sezione 4^, 7 febbraio 2007, Macchiarelli; Sezione 4^, 1 marzo 2006, Orsini;
nonchè, Sezione 4^, 28 aprile 2006, Verdi, ai fini della configurabilità della contravvenzione di guida sotto l'influenza di sostanze stupefacenti, è necessario che lo stato di alterazione del conducente dell'auto venga accertato attraverso un esame tecnico su campioni di liquidi biologici, onde deve escludersi che lo stato di alterazione possa essere desunto da elementi sintomatici esterni, come invece è ammesso per l'ipotesi di guida sotto l'influenza dell'alcool (art. 186 C.d.S.), in quanto l'accertamento richiede conoscenze tecniche specialistiche in relazione alla individuazione ed alla quantificazione delle sostanze.
Tale accertamento risultava, nella specie, essere stato effettuato e, ciò, ai limitati fini del "patteggiamento" poteva e doveva escludere una soluzione liberatoria ex art. 129 c.p.p.. Diverso discorso, infatti, si sarebbe potuto fare, ma solo in sede di processo di merito, con riferimento alla tematica evocata dal giudicante circa la possibile non corrispondenza tra esito positivo del riscontro sui liquidi ed effettività dello stato di alterazione. E' tematica che potrebbe in astratto porsi in quanto secondo un' opzione scientifica non arbitraria, la presenza del principio attivo stupefacente persiste per un certo arco temporale (anche alcune settimane), dopo l'assunzione dello stupefacente, sicchè potrebbe non costituire prova certa al di là di ogni ragionevole dubbio di uno stato di "alterazione" da stupefacenti che costituisce il proprium del reato di cui all'art. 187 C.d.S.. E' situazione, questa, che dovrebbe imporre il ricorso anche ad elementi di riscontro esterni in primo luogo, gli elementi sintomatici esterni trasferibili nel processo attraverso la deposizione degli operanti sì da poter pervenire, solo allora, ad una pronuncia di condanna al di là di ogni ragionevole dubbio.
E' però tematica, come si è detto, propria dell'accertamento processuale ordinario, inconferente rispetto alla diversa situazione del "patteggiamento" e, rispetto a questo, del proscioglimento ex art. 129 c.p.p..
Sotto questo profilo, quindi, la sentenza merita censura.
A tali argomenti va soggiunto un ulteriore rilievo, pur non evocato direttamente nel ricorso. Il giudicante, in vero, operando una "frammentizzazione" della decisione rispetto alla richiesta concordata ha finito con il vulnerare il proprium dell'accordo pattizio.
Infatti, l'eliminazione di uno o più reati oggetto del "patteggiamento", modificando il quadro processuale valutato dalle parti in sede di richiesta della pena, determina la caducazione del "patteggiamento" nella sua interezza (cfr. Sezione 4^, 1 luglio 2004, PG in proc. Temperini).
In conclusione, la sentenza va annullata senza rinvio e gli atti trasmessi al competente Tribunale.
P.Q.M.
annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Savona.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 giugno 2009.
Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2009
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