Vi sarà capitato di vederle in giro in qualche giungla urbana. A Boston, Tokyo e ora anche qui a Milano va di moda la bici a scatto fisso. Naked, nuda, essenziale.
Si tratta di una bici da corsa su pista, con un unico rapporto. Senza cambio e senza freni. I pedali sono collegati direttamente al mozzo della ruota posteriore. E l'unico modo per frenare con questa bicicletta è cercare di fermare la pedalata, andando in senso contrario e rischiando di spaccarsi ogni volta, come minimo, i legamenti. Un altro modo per fermarsi in modo arditamente atletico è quello di puntare un piede per terra cercando di far perno sullo stesso e allo stesso tempo cercare di strisciare verso l'esterno con la ruota posteriore.
La bici a scatto fisso è una moda, un fenomeno vero e proprio tanto che molte aziende produttrici hanno inserito nel loro catalogo massa market questi gioielli nati per una nicchia di mercato, il ciclismo su pista per l'appunto. Le bici sono belle. Non c'è dubbio. Hanno una linea essenziale. Anni Ottanta o vintage, come si dice ora. Senza orpelli tecnologici. Inutili secondo alcuni.
Il problema è che queste biciclette non sono state fatte per il traffico urbano ma per la pista che è tonda, in parquet e non le auto che corrono. Non sono state fatte per la città ma molti amanti del genere la usano, proprio per questo suo essere in bilico, in equilibrio - metafora quasi della condizione umana - come "strumento di attacco urbano", versione modaiola contro l'avanzata dei Suv. E allora, al grido di "riappropriamoci della città" questi neofiti delle due ruote su pista rischiano ogni volta che inforcano i pedali la pelle propria e quella degli altri.
Nessuno se ne è occupato finora, nessun Codice della strada, ma per farsi malissimo con queste due ruote ci vuole davvero niente. A ogni incrocio o semaforo un rischio. Rischio ancora più elevato per chi, poi, invece degli attacchi a sgancio rapido tipo Look, o i semplici pedali, usa i pedali di una volta che usavano gli sprinter nelle gare su pista (qualcuno ancora ora) con i fermapiedi e le cinghiette di cuoio. Non sono tutte così le bici a scatto fisso, a dire il vero. Alcune, come quella fatta da Colnago - bellissima peraltro - hanno un piccolo freno sul manubrio. Freno anteriore, ma pur meglio di niente.
Un consiglio? Compratela se amate il genere, ma scegliete quella con il piccolo freno nascosto nel manubrio. Sarà meno "figa", meno all'ultima moda ma preserva voi (e soprattutto gli altri) da probabili visite d'urgenza al Pronto Soccorso.
Come non sottoscrivere quello che a proposito ha scritto Jovanotti, appassionato ciclista: «Lo scatto fisso è una pazzia in una città come Milano con milioni di semafori e taxisti che guidano malissimo. Capisco che sia un modo per rilanciare il proprio livello di attenzione e la percezione dei sensi che nelle nostre società tendono ad assopirsi. Capisco anche che in una città grande si sviluppa una forma di nuovo tribalismo che ha bisogno di segni e di ritualità specifiche, lo capisco e mi piace, è una sana deviazione della modernità. Però lo scatto fisso è very dangerous. Fate attenzione se vi venisse voglia».
22 settembre 2009
da www.ilsol24ore.it
1 commento:
L'equazione "bici a scatto fisso uguale bici senza freni" non è necessariamente vera.
E' vero invece che con una bici con scatto fisso chi è capace riesce a circolare senza freni, mentre in una bici a ruota libera i freni sono indispensabili.
Per quanto riguarda il Codice della Strada, una bici è in regola quando ha un sistema frenante indipendente per ogni ruota. Anteriormente ci vuole per forza un freno, mentre dietro è considarata come freno la capacità dello scatto fisso di rallentare la bici.
La situzione reale è che alcuni girano senza freni (e se sono abili se la cavano, ma non è legale), i più mantengono il freno anteriore e molti hanno, sulla fissa, entrambi i freni.
Fine del cinema e del presunto scandalo.
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