La Cassazione mette sempre più all'angolo i Comuni sugli incidenti causati da insidie stradali. Ora ha stabilito che nemmeno il fatto di affidare la manutenzione delle strade a un'impresa appaltatrice può sollevare l'Ente locale dalle sue responsabilità. La Corte si è pronunciata su un sinistro accaduto a Roma e quindi, per pura casualità, ha dato un ulteriore motivo di discussione sulla scelta di appaltare al l'esterno la manutenzione, che lo scorso dicembre è finita sulle prime pagine per la vicenda-Romeo (che comunque non è legata all'incidente).
La terza Sezione civile della Corte, con la sentenza n. 1691 depositata il 23 gennaio, ha rinviato in appello la causa intentata da un cittadino che nel giugno '97 si era gravemente ferito cadendo dal suo motorino, scivolato su una chiazza di gasolio su una strada cittadina. Il ricorso fu presentato contro il Comune, che chiamò in causa l'impresa di manutenzione. Quest'ultima respinse ogni addebito: all'epoca, la giurisprudenza sulle insidie stradali era meno favorevole all'utente rispetto ad oggi, perché si presumeva che fosse impossibile tenere in perfette condizioni tutta una rete stradale (estesa ed aperta all'uso pubblico), per cui occorreva dimostrare specificamente la colpa del proprietario o del gestore dell'infrastruttura (per esempio, l'aver ignorato un pericolo segnalato da qualcuno). Infatti il cittadino ebbe torto, sia in primo grado sia in appello. In altre parole, si applicava la responsabilità extracontrattuale (articolo 2043 del Codice civile), che scattava solo dimostrando una condotta illecita.
Ora, però, la Cassazione ricorda che a partire dalla sentenza 156/99, la Corte stessa ritiene applicabile la più stringente responsabilità contrattuale (articolo 2051), salvo il caso in cui la rete di competenza del chiamato in causa sia tanto estesa ed esposta all'uso pubblico da non rendere possibile «un continuo, efficace controllo, idoneo a impedire l'insorgenza di cause di pericolo per gli utenti». Secondo la Corte, questa impossibilità di intervento va dimostrata caso per caso: non basta l'estensione in sé della rete, ma occorre anche valutare i sistemi di vigilanza e assistenza presenti, anche in rapporto all'evoluzione della tecnologia (si pensi al diffondersi delle telecamere collegate a una sala operativa).
Inoltre, nel caso dei Comuni, la Cassazione ritiene che la rete si può difficilmente considerare estesa al punto da non essere controllabile. Men che meno a Roma, dove essa risulta divisa in zone proprio per poter meglio intervenire, ognuna affidata a un'impresa di manutenzione (l'appalto unico al centro della vicenda-Romeo è successivo ai fatti di causa).
Tutte queste valutazioni e considerazioni sarebbero state omesse dai giudici di merito. Per questo la Cassazione ha disposto il rinvio della causa alla Corte d'appello.
da www.ilsole24ore.it
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