giovedì 20 settembre 2007

Un buon argomento di discussione

Le regole morali di buona condotta ed in generale quelle etiche di civiltà sociale, nell’ambito della circolazione stradale, sembrano penetrare più facilmente nel tessuto giuridico e la loro violazione può divenire – anche in maniera imprevedibile - penalmente rilevante.
La prima realizzazione sul piano pratico di quanto esposto, aveva avuto ad oggetto la condotta di un automobilista il quale aveva parcheggiato la propria auto in doppia fila dietro a quella di altro conducente impedendogli di lasciare la sosta: era stato, così, condannato per il reato di violenza privata, art. 610 Codice Penale[1], (Cassazione , sez. I penale, sentenza 04 luglio 2005 numero 24614[2]).
Sempre la Cassazione ratifica il giudizio di diritto dei gradi precedenti ritenendo che i ben noti “gestacci” al volante siano idonei ad integre il reato di minaccia, ex art. 612 Codice Penale[3], ove accertata la loro offensività penalmente rilevante.
Il caso aveva ad oggetto “gesti minacciosi dallo specchietto retrovisore” che, per la difesa, erano assolutamente inidonei ad integrare una minaccia per le circostanze rebus sic stantibus in quanto, in primis, trattavasi di sfere giuridiche soggettive non materialmente interferenti.
Ad avviso della Cassazione la tesi del giudice di merito è attendibile e, cioè, è razionale poter sostenere che «non si vede perché il prevenuto non avrebbe potuto realizzare, magari in un secondo momento, le sue minacce di picchiare l’avversario».
E’ opportuno evidenziare che la nuova mano forte della Cassazione, avverso le condotte “incivili” tra utenti della strada, valorizza, parallelamente, il principio generale di cui all’articolo 140 del Codice della Strada, noto Principio informatore della circolazione: «Gli utenti della strada devono comportarsi in modo da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione ed in modo che sia in ogni caso salvaguardata la sicurezza stradale.»
Tempi giustamente duri per chi non controlla i nervi al volante, e per chi dall’interno del suo mezzo pensa di essere in un territorio non punibile, quasi una zona franca nella quale tutto è concesso e niente è punibile. Attenzione!!
[1] L’art. 610 c.p. stabilisce: «Violenza privata. – 1. Chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa è punito con la reclusione fino a quattro anni. La pena è aumentata se concorrono le condizioni prevedute dall’articolo 339»
[2] Cass. Pen. , sez. I, sent. 04 luglio 2005 n. 24614. La Corte di Appello di Roma, giudicando in sede di rinvio dopo l'annullamento, da parte della Corte di Cassazione, di una precedente sentenza di assoluzione, condannava **** alla pena di giorni quindici di reclusione per il reato di cui all'art. 610 c.p.La corte distrettuale, premesso che la Corte di Cassazione aveva stabilito che il reato di cui all'art. 610 c.p. resta integrato ogni volta che la condotta dell'agente sia idonea a produrre una coazione personale del soggetto passivo, privandolo della libertà di determinarsi e di agire in piena autonomia, osservava che la condotta del ****, consistita nell'avere parcheggiato la propria autovettura dietro quella di **** e nell'avere posto un rifiuto all'invito di quest'ultimo di spostarla per potersi allontanare, aveva imposto una coazione ad un comportamento non liberamente voluto..
[3] L’art. 612 c.p. stabilisce: «Chiunque minaccia ad altri un ingiusto danno è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a euro 51. Se la minaccia è grave, o è fatta in uno dei modi indicati nell'art. 339 Codice Penale, la pena è della reclusione fino a un anno e si procede d'ufficio

Nessun commento: