venerdì 24 aprile 2009

Era senza il casco, condannati i genitori

Mamma e papà: aveva 17 anni e mezzo e un lavoro, è responsabile. I magistrati: dovevano educarlo meglio

ROMA - Se un ragazzino guida lo scooter senza mettersi il casco, la colpa non è (solo) sua. Ma dei genitori che eviden­temente l’hanno educato male. E che vanno dunque considera­ti responsabili degli incidenti causati dal figlio minorenne e indisciplinato. A questa conclu­sione è arrivata la sentenza n. 9556 della terza sezione civile della Cassazione. Che ha applica­to il principio nella vicenda di Vito P., un ragazzo di Potenza che nel 1990, a 17 anni e mezzo, ebbe un incidente con il motori­no su una strada provinciale di Avigliano: si scontrò con la Ve­spa guidata da Rocco M., un al­tro giovane, che morì pochi giorni dopo. La responsabilità di Vito fu riconosciuta nel 70 per cento. Perciò la Corte d’Ap­pello di Potenza, nel 2005, ave­va condannato i suoi genitori, Salvatore e Anna, oltre che a pa­gare la metà delle spese proces­suali, a risarcire i familiari di Rocco per i danni morali patiti e per le spese mediche sostenute.

La coppia aveva presentato ri­corso ma la Corte Suprema ha dato loro torto definitivamente. Impartendo una lezione di pe­dagogia. «Lo stato di immaturi­tà, il temperamento e l’educazio­ne del minore si possono desu­mere anche dalle modalità del­l’incidente». Vito non portava il casco. «Ma aveva una certa di­mestichezza con i veicoli, pur minorenne». Vuol dire che mamma e papà non gli hanno spiegato bene come si guida in sicurezza, per sé e per gli altri. Mentre secondo l’art.2048 del codice civile, scrivono i giudici, i genitori di un minore «hanno doveri di natura inderogabile, fi­nalizzati a correggere comporta­menti sbagliati e quindi, merite­voli di costante opera educati­va, per realizzare una personali­tà equilibrata, consapevole del­la razionalità della propria esi­stenza e della protezione della propria e altrui persona».

Insomma Anna e Salvatore in questo non sono stati bravi ge­nitori. E poco conta, dice la Cor­te, che Vito all’epoca fosse quasi maggiorenne e avesse già lavo­rato, prima da un fabbro e poi da un carrozziere. E che dunque fosse maturo. Perché se ciò può escludere la loro colpa in vigi­lando non cancella quella in educando. Conclusione: madre e padre non sono stati capaci di impartire al figlio «un’educazio­ne normalmente sufficiente ad impostare una corretta vita di relazione in rapporto al suo am­biente, alle sue abitudini e alla sua personalità». Perciò dovran­no pagare.

Giovanna Cavalli
24 aprile 2009 da: www.corriere.it

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