mercoledì 25 marzo 2009

Cassazione, ubriaco uccide al volante "Non è un omicidio volontario"

ROMA - Non basta essere ubriachi al volante ed aver falciato due persone sul marciapiede per meritare una condanna per omicidio volontario. La Cassazione si oppone di fatto alla linea dura delle procure contro i pirati della strada e conferma una sentenza dei giudici di Salerno che trasformarono in omicidio colposo il reato contestato ad un automobilista ubriaco responsabile della morte di un passante. Le "bravate" dei giovani al volante, spiegano i giudici della suprema corte, sono spacconate, certamente meritevoli di condanna se producono vittime, ma non sono omicidi volontari.

Falciò una coppia di fidanzati. Era il luglio 2008; i pm salernitani arrestarono per omicidio volontario un giovane romeno che, in pieno centro di Salerno, finì sul marciapiede schiacciando contro la vetrina di un negozio una studentessa di giurisprudenza - Veronica Siniscalco, 28 anni - e il suo fidanzato di 34, Salvatore Alfano. Lui morì sul colpo, lei fu portata in ospedale e operata la cervello. Sull'auto, una vecchia Bmw acquistata appena quindici giorni prima, erano in tre, un muratore di 23 anni al volante, un ragazzo di 17 anni e un loro connazionale. Qualcuno dice che stavano inseguendo uno scooter, hanno perso il controllo della macchina e sono finiti contro il negozio lungo via dei Principati, nel centro della città. La gente voleva linciarli.

"E' omicidio colposo". Al test alcolimetrico l'automobilista risultò positivo. Fu arrestato per omicidio volontario, ma il giudice per le indagini preliminari mutò l'accusa nel meno grave omicidio colposo, ritendo che uccidere un passante da ubriachi non è più grave che investirlo per una distrazione. Interpretazione che indusse la procura a presentare ricorso in Cassazione.

L'automobilista "vittima" delle circostanze. I giudici della quarta sezione penale non hanno però condiviso la linea dura dei giudici requirenti e in controtendenza rispetto all'indirizzo recentemente assunto dagli uffici giudiziari, ha ridotto la pena sottolineando gli aspetti "sociologici" del comportamento dell'automobilista. A loro parere, la condotta imprudente dell'automobilista è stata indotta dalla giovane età del conducente e dalla disponibilità di un veicolo di grossa cilindrata. Inoltre, agli occhi degli amici, il giovane doveva dimostrare "la padronanza dell'auto e della strada". Insomma, secondo la Cassazione, il ragazzo "non voleva l'evento": è stato vittima delle circostanze.

"L'alcol rende onnipotenti". E sullo stato di ubriachezza, i giudici della Cassazione scrivono infine che è l'alcol che "genera il senso di onnipotenza", e può convincere un giovane ad essere invulnerabile". Insomma, anche se ubriacarsi e mettersi alla guida è una scelta, le conseguenze che ne derivano sono involontarie.
da: www.repubblica.it

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