mercoledì 3 settembre 2008

Incidenti stradali: duri da sfatare

Fonte
Pede M et al. World report on road traffic injury prevention. Geneva: World Health Organization, 2004.
Secondo il rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità sugli interventi per ridurre il numero di incidenti stradali, l’85 per cento delle morti per incidenti avviene nei paesi a basso reddito, mentre i paesi ad alto reddito ne hanno ridotto in modo considerevole il numero negli ultimi decenni, indicando possibili vie da seguire. «Si sarebbe tentati di crogiolarsi in questi risultati», commenta un editoriale pubblicato di recente sul British Medical Journal, «se non fosse che, come illustrano quattro articoli pubblicati su questa rivista, il quadro che emerge è differente e l’obiettivo di aumentare la sicurezza stradale rimane ancora lontano da raggiungere anche nei paesi più ricchi» (Ameratunga 2006). Dagli articoli emergono possibili indicazioni per condurre interventi di prevenzione che riguardano i comportamenti di chi sta alla guida, ma anche aspetti di politica dei trasporti e di messa in sicurezza delle strade.
NON BASTA ACCORGERSI DI AVERE SONNO, OCCORRE FERMARSI

Il rischio di incorrere in incidenti stradali gravi aumenta in modo proporzionale al numero di volte in cui ci si è messi alla guida assonnati, secondo uno studio pubblicato sul BMJ (Nabi 2006).
L’indagine prospettica è stata condotta in Francia su oltre 13.000 persone e ha esaminato l’associazione tra l’autovalutazione di quante volte la persona ha guidato in stato di sonnolenza nell’anno precedente alla somministrazione del questionario (2001) e il tasso di incidenti stradali gravi incorsi nei tre anni seguenti (2001-03). La guida in stato di sonnolenza è stata valutata con una scala a 5 livelli: mai, nell’ultimo anno, poche volte all’anno, una volta al mese, una volta a settimana, più di una volta a settimana. Sono state raccolte inoltre altre informazioni importanti su stato di ebbrezza alla guida, assunzione di farmaci antidepressivi, di farmaci per disturbi legati all’ansia, presenza di disturbi del sonno, condizioni di lavoro. E’ stata infine richiesta la velocità massima raggiunta in strade urbane, rurali, autostrade.
L’indagine ha tenuto conto di questi fattori e ha trovato che il rischio di incidenti stradali aumenta in modo progressivo all’aumentare della frequenza di episodi di guida in stato di sonnolenza. In particolare, rispetto a chi non ha mai guidato se assonnato, si passa da un aumento del 50 per cento per chi ha detto di aver guidato in stato di sonnolenza poche volte in un anno, a un aumento di tre volte per chi ha detto di aver guidato in quelle condizioni una volta al mese o più spesso.
«Mentre l’assunzione di alcol, la velocità, l’uso delle cinture sono spesso oggetto di campagne per la sicurezza stradale, il sonno non sembra considerato un elemento prioritario», commenta l’editorialista Rod Jackson, «benché attuare strategie affinché le persone non guidino quando hanno sonno potrebbe prevenire quasi il 20 per cento degli incidenti d’auto che comportano lesioni gravi». «Non si tratta di aiutare chi guida a riconoscere i segni della stanchezza», spiegano gli autori dello studio; «l’obiettivo di una campagna di prevenzione deve essere di convincere le persone a fermarsi e dormire quando sono stanche e hanno sonno, oppure lasciare guidare qualcun altro». Suggerimenti legati al buon senso, che spesso vengono ignorati, così come sono ignorate alcune norme previste dal codice stradale.
POCO SEGUITE LE LEGGI SUI COMPORTAMENTI DI CHI GUIDA: L’ESEMPIO DI LONDRA

A Londra un guidatore su sei non usa le cinture di sicurezza, secondo quanto riportato in uno studio condotto in tre zone ad alto traffico della capitale del Regno Unito (Walker 2006).
Sono stati osservati oltre 38.000 conducenti di auto normali (a due ruote motrici) e oltre 3.000 di auto a quattro ruote motrici (tipo sport utility vehicles e fuori strada). «I nostri dati mostrano un preoccupante livello di trasgressione delle leggi su cinture di sicurezza e uso del cellulare», commentano gli autori della ricerca, da cui sembrerebbe emergere che chi guida auto a quattro ruote motrici segue comportamenti più a rischio rispetto a chi guida auto normali, forse perché si sente più sicuro. I conducenti di fuori strada o SUV arrivano a usare il cellulare (senza auricolare o viva voce) fino a quattro volte più degli altri: «tenere in mano il cellulare mentre si guida è associato a un aumento del rischio di avere un incidente stradale», commentano gli autori, secondo i quali, visti i risultati dello studio «vanno condotti maggiori sforzi per educare il pubblico a rispettare le leggi in vigore e rendere più rigorose quelle che ci sono».
Oltre ad agire cercando di cambiare i comportamenti di chi guida, sarebbero opportuni interventi più ampi che comprendano la politica dei trasporti e la messa in sicurezza delle sedi stradali, come spiega un articolo sulle disguaglianze nei tassi di mortalità per incidenti dei bambini di famiglie a diverso reddito (Edwards 2006).
PIÙ A RISCHIO DI INCIDENTI I BAMBINI DI FAMIGLIE A BASSO REDDITO

«Nel triennio 2001-2003 sarebbero morti 600 bambini in meno a causa di infortuni», per incidenti domestici, stradali e altro, «se tutti i bambini in Inghilterra e Galles avessero potuto aspirare al tasso di mortalità delle classi a reddito più alto» , così gli autori dello studio condotto su bambini dai zero ai quindici anni di età commentano i risultati ottenuti.
La ricerca illustra la disuguaglianza dei tassi di mortalità per incidenti legata alle condizioni socioeconomiche delle famiglie a cui appartengono i bambini. Suddividendo le famiglie in otto classi a seconda dell’occupazione del padre – da occupazione manageriale a nessuna occupazione – risulta che le morti di bambini come pedoni sono venti volte più numerose tra i bambini con genitore disoccupato rispetto ai bambini con genitore che abbia occupazione di livello manageriale. Le morti di bimbi in bicicletta sono 27 volte di più tra quelli con genitore disoccupato. «Negli ultimi venti anni è diminuita la mortalità dei bambini per incidenti e per avvelenamento, eccetto che per le famiglie con genitori che non hanno lavoro», sottolineano gli autori: «persistono gravi disuguaglianze, soprattutto per quanto riguarda la condizione di pedoni, ciclisti e per gli incendi domestici». Come si spiegano queste disuguaglianze legate al reddito familiare? «Si possono fare solo ipotesi», spiegano gli autori «probabilmente la differenza è dovuta a diversi livelli di esposizione al rischio. I risultati suggeriscono una maggiore esposizione al rischio di incidenti stradali per i bambini di genitori disoccupati». La diversa esposizione al rischio, come illustra l’editoriale a commento, è legata alle caratteristiche di velocità e densità del traffico delle zone frequentate dai bambini, alla sicurezza delle aree di gioco, alla presenza di protezioni lungo le strade percorse. «Per ridurre queste disuguaglianze si dovrebbero attuare strategie che agiscano sulla politica economica e dei trasporti, così come condurre interventi sull’ambiente stradale, sui veicoli e su coloro che circolano per le strade, piuttosto che concentrarsi solo sul cambiare i comportamenti delle vittime», chiosa l’editorialista Rod Jackson (Ameratunga 2006).
Se trovare indicatori di incidenti gravi non fatali è difficile nei paesi ad alto reddito, come spiega Jackson, nei paesi a medio e basso reddito gli incidenti stradali sono sottostimati in percentuale ancora maggiore: «in definitiva l’epidemia di lesioni e ferite da incidenti stradali nel mondo è stata considerevolmente sottostimata».
Cinzia Colombo
Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri

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