venerdì 3 agosto 2012

Bici, casco obbligatorio? Fiab:'Mai'. Quattroruote:'Follia'

La Federazione Italiana Amici della Bicicletta Onlus, "è favorevole a promuovere l'uso del casco, ma nettamente contraria a renderlo obbligatorio". Quattroruote: "Sostenere che il casco non serve è follia pura e sul tema accettiamo qualsiasi confronto assistiti dai medici più illustri e sopra le parti" Bici, casco obbligatorio? Fiab:'Mai'. Quattroruote:'Follia' "Inutile invocare il casco obbligatorio - spiega Antonio Dalla Venezia Presidente FIAB Federazione Italiana Amici della Bicicletta Onlus - la proposta non è nuova ed è già stata respinta dal Parlamento italiano perché ritenuta più dannosa che utile". Inizia così una lettera che entra sul tema proposto da Quattroruote sull'ultimo numero e che ha scatenato un bel po' di polemiche. Il direttore di Quattroruote, Carlo Cavicchi, risponde subito e sostiene che "Da oltre mezzo secolo la nostra rivista si batte per la sicurezza e per ridurre i costi sociali che gli infortuni procurano. Secondo noi dalla bici si può cadere in mille maniere e il casco, così come le cinture in auto, è un mezzo che aiuta la sicurezza. Non è la lobby dell'auto che ne vuole l'adozione, semmai è la lobby dei ciclisti che non lo vuole". Insomma il tema è delicato - si tratta della pelle di chi pedala - per questo riportiamo integralmente la posizione della Fiab. E la risposta di Quattroruote La posizione della FIAB Leggiamo su Repubblica Motori la proposta di Quattroruote, rivista dell'auto, di rendere obbligatorio il casco per i ciclisti. La proposta non è nuova ed è già stata respinta dal Parlamento italiano perché ritenuta più dannosa che utile. La FIAB - Federazione Italiana Amici della Bicicletta Onlus, è favorevole a promuovere l'uso del casco, ma nettamente contraria a renderlo obbligatorio. Questa è anche la posizione dell'ECF, la Federazione dei Ciclisti Europei, di cui la FIAB fa parte e che rappresenta centinaia di migliaia di ciclisti in tutta Europa. Le motivazioni tecniche di tale contrarietà sono ben illustrate sui siti FIAB ed ECF (breve sintesi per es. http://fiab-onlus. it/salvaiciclisti/component/content/article/58-casco. html), ma soprattutto tale obbligo, raro nel mondo, non sussiste nei Paesi europei più "ciclistici" (Germania, Olanda, Danimarca, ecc.), in altri più simili all'Italia (es. Francia) e che negli unici dove è stato introdotto (Australia ad esempio) ha dimezzato l'uso della bicicletta senza ridurre percentualmente la mortalità. E' dimostrato invece che l'aumento dei ciclisti in circolazione riduce l'incidentalità per tutti, mentre la riduzione ne raddoppia il rischio. L'obbligo è anche stato respinto di recente dal Parlamento svizzero, dopo intense consultazioni con esperti del settore. Non è invece appropriato il confronto con l'obbligo esteso alle moto, a cui erroneamente ci si riferisce per dimostrare l'utilità di un provvedimento a cui i ciclisti si opporrebbero in modo miope. Infatti i caschi per moto sono omologati per impatti fino a 70 km/h e quindi proteggono da investimenti e cadute fino a questa velocità, mentre i caschi per bici, del tutto diversi in quanto necessariamente aerobici, sono omologati fino a 23 km/h e quindi non proteggono né dagli investimenti né da cadute ad alta velocità (vedi quanto successo lo scorso anno a Weylandt), ma solo da cadute del ciclista da solo, con lo stesso rischio di un pedone che inciampa e cade per terra. L'uso quotidiano della bicicletta, cui oggi in Italia si fa sempre più ricorso anche per ragioni economiche, non deve essere scoraggiato con provvedimenti di tal genere, inefficaci per la sicurezza, ma al contrario dovrebbe costituire un elemento portante delle politiche per la mobilità ed incentivato con scelte mirate. Da alcuni anni la FIAB, unica associazione nazionale dei ciclisti urbani attiva da 25 anni, e più recentemente altri movimenti spontanei (come ad es. Salvaiciclisti) propongono provvedimenti simili a quelli realizzati in Europa: moderazione del traffico, zone 30, reti di piste ciclabili, modifiche del codice stradale a favore della bicicletta (vedi il testo della recente audizione in commissione Trasporti della Camera http://documenti. camera. it/_dati/leg16/lavori/stencomm/09/indag/codice/2012/0418/INTERO. pdf), interventi sulle cause dell'incidentalità, (cioè il traffico motorizzato), lo sviluppo di un Piano Nazionale per la Mobilità Ciclistica e l'istituzione di un Servizio Nazionale della Mobilità Ciclistica, ecc. Proposte per ora giacenti inevase in Parlamento ed anche recentemente non approvate in commissione Trasporti nel testo base della legge delega sulla riforma del Codice della Strada, ma che saranno riproposte in Aula. Se quindi le uniche proposte aprioristiche per la "sicurezza dei ciclisti" fossero quelle finalizzate a tutelare i ciclisti da sé stessi, in quanto non in grado di intendere e volere, con provvedimenti inefficaci e controproducenti come quello in oggetto, FIAB continuerà, con dati alla mano, a manifestare la sua ferma opposizione. Se invece Quattroruote, Repubblica o qualunque altra testata nazionale fossero davvero interessate a contribuire alla sicurezza dei ciclisti, come di tutti gli utenti della strada, troveranno in FIAB la massima disponibilità, insieme a competenza e passione. Le attività da svolgere fin da subito sono tante. Prioritariamente: campagne educative verso tutti gli utenti della strada, e fra queste la promozione dell'uso facoltativo del casco per i ciclisti; campagna di FIAB, ECF e Salvaiciclisti per la copertura assicurativa INAIL sul percorso casa-lavoro in bicicletta, che ha già l'adesione di numerosi Comuni, Regioni e personalità varie (vedi http://www. bici-initinere. info/). Antonio Dalla Venezia La posizione di Quattroruote Forse, prima di criticare quanto scritto da Quattroruote sarebbe utile leggere l'intero articolo e non un estratto. Dopo se ne può pure parlare. Criticare per interposta lettura ci sembra troppo superficiale. Oltretutto Quattroruote da sempre predica una guida attenta e rispettosa dei più deboli, motociclisti, ciclisti o pedoni che siano. Da oltre mezzo secolo la nostra rivista si batte per la sicurezza e per ridurre i costi sociali che gli infortuni procurano. Secondo noi dalla bici si può cadere in mille maniere e il casco, così come le cinture in auto, è un mezzo che aiuta la sicurezza. Non è la lobby dell'auto che ne vuole l'adozione, semmai è la lobby dei ciclisti che non lo vuole. Sostenere che il casco non serve è follia pura e sul tema accettiamo qualsiasi confronto assistiti dai medici più illustri e sopra le parti. Carlo Cavicchi Direttore Quattroruote (31 luglio 2012)

1 commento:

Anonimo ha detto...

Non condivido la posizione del presidente della FIAB. Sono un ciclista da innumerevoli anni, con bici da strada, mtb e corsa e penso che il casco indossato possa salvare la vita, anche se un ipotetico impatto avvenga ad una velocità superiore ai 23 km/h per cui sono stati omologati (vuoi mettere sbattere contro un muro senza casco che con un casco che ti protegge fino a 20 km/h)?
Troppi ciclisti, specialmente quelli da strada, evitano di portare il caso solo perchè possono essere ritenuti, dagli altri, "dei dilettanti", e proprio fra loro si riscontrano i maggiori infortuni.
In una nazione che offre l'assistenza sanitaaria gratuita a tutti indistintamente i costi sociali sono enormi.
Se fossimo cittadini degli Stati Uniti d'America, dove i cittadini l'assistenza se la pagano, potrei essere d'accordo con il presidente FIAB.