martedì 26 ottobre 2010

Nei primi nove mesi dell’anno registrati 209 episodi con 46 vittime e 277 feriti

(Asaps) Tra i numerosi Osservatori il Centauro-Asaps, il più angoscioso è quello degli incidenti con bambini coinvolti. E i dati relativi ai primi nove mesi del 2010, evidenziano una situazione davvero preoccupante.
Al 30 settembre l’Osservatorio ha monitorato 209 episodi nei quali 46 bambini da 0 a 13 anni hanno perso la vita, mentre 277 sono rimasti feriti. Anche se in questo caso viene rilevata dall’Osservatorio solo una parte degli eventi e quelli più gravi in particolare.
La maggior parte degli sinistri è avvenuta in area urbana con 144 eventi, pari al 68,9%. 36 gli incidenti avvenuti su statali e provinciali, 17,2% e 26 sulla rete autostradale, 12,4%.
Per 3 episodi non è stato possibile risalire alla tipologia della strada teatro del sinistro.
Delle 46 vittime, 30 erano trasportate (157 feriti). 5 i bimbi che hanno perso la vita travolti mentre erano in bicicletta (26 i feriti). 10 i bimbi investiti e uccisi mentre erano a piedi (88 i feriti), 1 bambino ha perso la vita mentre viaggiava come passeggero su moto o ciclomotori. La fascia d'età che paga il prezzo più alto è quella che va da 6 a 10 anni con 18 morti e 107 feriti. Segue quella da 0 a 5 anni con 19 morti e 74 feriti, infine la fascia 11-13 anni con 9 morti e 53 feriti. In alcuni casi non è stato possibile accertare l'esatta età delle piccole vittime.
In 5 episodi il conducente investitore è risultato in stato di ebbrezza per alcol oppure sotto l’effetto di sostanze stupefacenti.
17 gli eventi in cui i bimbi sono stati vittime di pirati della strada. In 5 casi il conducente è risultato ubriaco.
Intanto alla data del 15 ottobre l’Osservatorio il Centauro – Asaps registra 220 incidenti con bambini coinvolti nei quali si contano 48 piccole vittime e 291 feriti.

Come dicevamo nel convegno Asaps del 2008 sulla sicurezza dei bambini in auto, sulla strada imperversa ancora una sorta di re Erode. Perché, lo vogliamo ricordare quando un bambino è vittima di un incidente stradale la colpa è sempre di un adulto che non lo ha fissato bene sul seggiolino, di un altro adulto che andava forte, o di uno che era ubriaco e lo investe sulla strada. E se anche l’adulto che investe un bambino non ha oggettive responsabilità, quasi sempre c’è la colpa di un altro adulto che non lo ha vigilato.
(ASAPS)

Francia: “sulla strada, fate vedere bene i vostri bambini”

(ASAPS) PARIGI, 26 ottobre 2010 – In francese, quando i numeri spaventano, si dice che “font froid”, fanno freddo. È proprio in questo modo, con questo colorito modo di esprimersi assai vicino all’italiano, che si è commentato, Oltralpe, il bollettino relativo alla sinistrosità dei pedoni in erba del 2009: durante l’anno scorso, infatti, circa 3.000 bambini di età inferiore ai 15 anni sono rimasti feriti in incidenti stradali, 24 dei quali con esito letale. Secondo un rapporto elaborato dall’associazione “Prévention Routière”, la maggior parte degli incidenti avviene sul tragitto casa-scuola e viceversa: lo studio mette in guardia proprio sui rischi connessi al cambio di stagione in autunno, con giornate più corte e crepuscoli prolungati. In queste condizioni è importante essere ben visibili dai conducenti dei veicoli, soprattutto quando si decide di attraversare la strada. Proprio in questi giorni i volontari della “Prévention Routière” hanno lanciato una campagna di sensibilizzazione destinata a tenere in allarme i genitori dei bambini in età scolare sui rischi connessi al non essere visti. In tutta la Francia oltre cento scuole hanno aderito al programma e, in cambio, agli alunni sono stati distribuiti oltre 50mila adesivi retroriflettenti, chiamati Zilum (raffiguranti 5 personaggi diversi), da attaccare sulle cartelle o sui caschi da bicicletta di più di 10mila scolari dai 6 ai 10 anni. A tutti, genitori e bambini, sono stati poi consegnati dei folder informativi con una serie di consigli pratici, giochi interattivi e alcuni documentari. Al calare delle tenebre, un bambino normalmente abbigliato diviene visibile ad appena 30 metri di distanza: il materiale con cui sono realizzati questi stickers reagisce alla luce consentendo di essere percepiti ad oltre 150 metri. Ad un veicolo che viaggi a 50 orari servono, per fermarsi, almeno 25 metri (38 su fondo bagnato). Ad un veicolo lanciato a 90 km/h ne servono invece 81, che diventano 120 con asfalto sdrucciolevole. Ecco perché bisogna andar piano, ecco perché bisogna farsi vedere. E, aggiungiamo noi, bisogna anche saperci fare, come i francesi, appunto… (ASAPS)

Microcar, nuova inchiesta sui rischi

Una perizia accusa, e la procura di Roma interviene: sicurezza al di sotto degli gli standard minimi e rischi per guidatori e passeggeri. L'episodio al centro del documento riguarda la morte di una ragazza romana di VALERIO BERRUTI

ROMA - Stavolta le microcar rischiano davvero. A metterle nel mirino è infatti la procura di Roma in seguito ad una delle perizie tecniche effettuate dopo gli ultimi incidenti mortali avvenuti nella capitale. Motivo? Il più scontato di tutti, la sicurezza. Che nel caso delle microcar sarebbe addirittura al di sotto degli standard minimi adottati per le normali automobili. Facile immaginare, dunque, gli altissimi rischi che corrono i giovanissimi guidatori.

L'episodio che ha fatto scattare l'allarme riguarda la morte di una giovanissima ragazza romana, che lo scorso 12 aprile, nel comprensorio dell'Olgiata, alla periferia nord di Roma, si è schiantata con la sua microcar contro un pulmino. La perizia, stilata subito dopo l'incidente e firmata dal professor Alessandro Michelon, rappresenta un durissimo atto di accusa nei confronti delle microcar, sempre più diffuse tra i quattordicenni, soprattutto nelle grandi città. E che potrebbe portare i magistrati incaricati a chiedere un provvedimento per ottimizzarne la sicurezza.

Vediamo, allora, nel dettaglio di cosa si tratta. Si comincia dalla guida che nel caso di queste "vetturette" diventerebbe molto pericolosa su strade appena "spruzzate" dalla pioggia, rendendole assolutamente instabili e molto difficili da controllare. La perizia, infatti, ha fissato in 32 chilometri orari il limite di velocità oltre il quale la piccola vettura può diventare pericolosa se la strada è "appena" bagnata dalla pioggia. La giovane rimasta vittima dell'incidente, al momento dell'impatto viaggiava a 40 chilometri orari, peraltro entro i limiti imposti in quel tratto, ma la sua microcar ha sbandato proprio a causa della strada resa viscida dalla pioggia scontrandosi frontalmente con un pulmino. A prescindere dalle responsabilità penali, che dovranno essere individuate dal pm, il perito sostiene che l'impatto pur non essendo avvenuto a velocità eccessiva ha tuttavia provocato effetti devastanti.

Sotto accusa ci sono poi i materiali con cui le microcar vengono costruite. Sono fragili e leggeri, soprattutto per rispettare le norme sull'omologazione, che impongono per questi veicoli un peso massimo di 350 chili. Nonostante questo, i dispositivi di protezione dell'abitacolo risultano del tutto inefficaci e sperimentati con crash test, spesso effettuati senza nemmeno l'utilizzo dei manichini. A fare qualcosa di più serio ci ha pensato qualche tempo fa l'associazione tedesca dell'automobile (Adac) che ha sottoposto ad un crash test frontale una microcar e un'utilitaria. Dopo l'impatto, avvenuto a 40 chilometri orari, la bocciatura per la vetturetta è stata totale. La ruota, la sospensione e l'intero gruppo cambio-motore sono penetrati nella cabina, mentre il montante del parabrezza è arretrato di 10 centimetri. Potrebbe sembrare incredibile, ma qualcosa di simile purtroppo è stato riscontrato anche dalla perizia sulla microcar romana. In questo caso è stato scoperto che il piantone dello sterzo è bloccato da un unico bullone che in caso di incidente può facilmente staccarsi, con effetti devastanti per il guidatore.

Di tutt'altro avviso, invece, Stefano Casalini, costruttore e presidente dell'associazione italiana dei quadricicli: "Non conosco la perizia ma il concetto di sicurezza delle microcar è all'interno della fascia di prodotto, cioè il ciclomotore. Quindi non sono sicure in senso assoluto ma questo è un tipo di sicurezza che non esiste. Certo, si può migliorare, ma questo anche sulle normali automobili".

la Repubblica.it 26.10.2010

lunedì 18 ottobre 2010

Incidenti stradali mortali: i più gravi del 2010

Spesso, e purtroppo ci viene da aggiungere, gli incidenti stradali occupano le pagine di cronaca del nostro blog: non capita raramente di raccontarvi le vite stroncate di persone, intere famiglie, gruppi di amici, che perdono la vita sulle strade italiane, in incidenti terribili. Incidenti causati dall’imprudenza, a volte da un tasso alcolico un po’ troppo elevato o da semplici distrazioni, che possono essere fatali. Nonostante quest’anno sia stato registrato un numero minore di scontri, le vittime, purtroppo, sono molte.
La societa’ autostradale ha reso noti i dati relativi agli incidenti stradali avvenuti in Italia: dopo due anni, per la prima volta, nei primi nove mesi di questo 2010 e’ stato registrato un aumento delle vittime, pari al 14,4 per cento rispetto allo stesso periodo del 2009. Sulle sole autostrade, nei primi mesi del 2010, sono state 246 le vittime, 31 in piu’ rispetto al 2009. E questo nonostante sia stata registrata una diminuzione degli incidenti e dei feriti.

“Resta da capire il perché di questa inversione ed è difficile. Sappiamo solo che molti incidenti mortali sono dovuti ad uscite per improvviso sbandamento o tamponamento. Pesano fattori come la stanchezza, l’alcol, l’uso di droghe? O anche il dibattito sui possibili 150 può aver allentato la tensione?“.

Qualsiasi siano le cause, molti gli incidenti mortali registrati in questo 2010. Alcuni ci sono rimasti nel cuore e negli occhi per la gravita’ e la storia drammatica delle sue vittime.


Incidente stradale a Mondello: e’ notizia di pochi giorni fa. La motrice di un tir si e’ schiantata contro il bar della localita’ balneare di Palermo. Una donna, Maria Claudia Pensabene, di 69 anni, e’ morta mentre altre quattro sono rimaste ferite. Un incidente assurdo, avvenuto con tutta probabilita’ per la rottura dei freni del mezzo pesante. La donna, prima di morire, e’ riuscita a salvare i suoi due nipotini, allontanandoli prontamente dal luogo dell’impatto.

Incidente stradale sulla A21: questa storia di cronaca nera non possiamo dimenticarla. Sull’autostrada A21 in un bruttissimo incidente stradale, muoiono due bambini. Il padre, alla guida del mezzo, perde un braccio, mentre la madre resta miracolosamente illesa. E’ successo a luglio nel tratto di strada che si trova a Nord di Casteggio, in provincia di Pavia. Nonostante il tempestivo intervento dei soccorritori, per i due bambini non c’e’ stato nulla da fare.

Incidente stradale a Bitonto: e’ settembre, quando ci arriva la notizia della morte di una donna e di due poliziotti a Bitonto, in provincia di Bari. Le due automobili hanno avuto un incidente. Per due agenti della polizia non c’e’ stato nulla da fare: sono morti sul colpo, mentre un terzo e’ rimasto ferito. Nell’altra vettura c’era una donna, anche lei deceduta nello schianto. L’incidente e’ avvenuto lungo la strada provinciale 156, che collega l’aeroporto di Palese a Bitonto.

Incidente rally dell’Etna: durante la 45esima edizione di questa manifestazione sportiva, che si e’ tenuta a settembre a Catania, una Renault Clio in gara e’ finita fuori pista. Tragico l’impatto con la folla: uno spettatore, di appena 27 anni, e’ morto sul colpo. Illesi i piloti e le altre persone che stavano assistendo alla competizione.

Incidente stradale a Massa: e’ febbraio quando i giornali ci parlano di un terribile incidente avvenuto a Massa. Il pulman, con a bordo degli studenti francesi con eta’ compresa tra i 10 e i 13 anni, si e’ rovesciato in una scarpata, causando la morte di tre persone, un bambino di 13 anni e di due adulti che accompagnavano il gruppo. Moltissimi altri bambini sono rimasti feriti.

Incidente stradale a Roma: e’ settembre, in un terribile schianto avvenuto in zona Frascati a Roma, in via Tuscolana, perdono la vita tre ragazzi, tre giovani. Per Giorgio, Gianmarco e Simone non c’e’ stato nulla da fare: il mezzo sul quale viaggiavano, si è scontrato contro un muro a Frascati e sono tutti morti sul colpo.

Violenza di strada, figlia di un tempo nel quale non ci sono più né segnali dello Stato né pene certe per chi viola la legge

(ASAPS) 18 ottobre 2010 – Gli eventi di cruda violenza registrati in questi ultimi giorni sono qualcosa di più di un semplice campanello d’allarme. Sarà pur vero che la cronaca televisiva ha messo a dura prova le coscienze di tutti noi, ma è altrettanto plausibile che questi episodi, confusi nel tritacarne di programmi d’intrattenimento nei quali i carnefici si sono dimostrati poi i sanguinari assassini, prendendo per i fondelli un’intera nazione, siano destinati a diventare presto un semplice ricordo archiviato alla stregua del gossip di stagione. Perché diciamo questo? È semplice: in pochi, oggi, si sono effettivamente chiesti che cosa succeda in questo paese. Si discute sul caso singolo, senza pensare a ciò che invece innesca una violenza collettiva che in particolari condizioni, sfocia nel delitto. Il pugno sferrato dal giovanissimo Alessio Burtone, nella stazione Anagnina di Roma, che ha fatto stramazzare a terra Maricica Hahaianu, è divenuto famoso per tre motivi: il primo, perché è stato ripreso in diretta dalle telecamere di sorveglianza e sparato ai canali televisivi (e internettiani) affamati di dirette di questo genere e bramosi di accaparrarsi cliccate su cliccate; il secondo, perché ha mostrato, dopo i suoi effetti, un’apparente disinteresse da parte della gente che passava di là, al punto che si parla ancora oggi di omissione di soccorso, di crudeltà verso il prossimo e via di seguito. Il terzo motivo è strettamente sociologico: aver visto in diretta cadere a terra, già priva di sensi al momento del pugno, una donna fino a quel momento sconosciuta, ha consegnato essa stessa e la sua tremenda agonia al mondo della televisione, che si è accapigliata per pubblicare la lettera di perdono scritta dall’omicida e per registrare lo stentato italiano di una famiglia rumena per una volta dalla parte giusta. Per la coscienza italiana è stato un po’ come pareggiare il conto con una nazione, la Romania, accusata di spedire in Italia il peggio dei suoi figli, salvo dimenticare le migliaia di immigrati che, invece, lavorano e onorano il salario di fine mese. Diciamo questo perché non c’è stata par condicio con la vicenda, ugualmente drammatica, che vede protagonista Luca Massari, il tassista pestato a sangue domenica scorsa (10 ottobre) in largo Caccia Dominioni, periferia di Milano, per aver ucciso un cane dopo averlo investito inavvertitamente. A ridurlo in coma sono stati, allo stato delle indagini, almeno due italiani, Piero e Stefania Citterio, fratelli di 26 e 28 anni. L’uomo, come recitato nella sua confessione resa alla Mobile di Milano, ha poi dato alle fiamme l’auto di un testimone e pestato a bastonate un reporter alcuni giorni dopo: lui e la sorella sono stati anche difesi dai loro amici quando la Polizia è andata a cercarli. Italiani che al nord usano metodi tradizionalmente usati per gli avvertimenti mafiosi del Mezzogiorno, che hanno goduto di omertosi silenzi e che sono stati identificati solo grazie al coraggio di alcuni cittadini e alla determinazione degli investigatori. Il tutto a Milano. A Pescara, una ragazza di 22 anni passeggiava tranquillamente in centro quando ha visto un uomo che urinava a un albero dei giardini pubblici. Lo ha giustamente rimproverato e questo, invece che andarsene dopo aver finito di espletare sconciamente il suo bisogno, le è saltato addosso e l’ha massacrata. Probabilmente l’avrebbe uccisa se non fossero arrivati due carabinieri che l’hanno arrestato dopo aver duramente lottato. L’uomo non era nuovo ad episodi di questo tipo: a maggio aveva rapinato un market e, quando venne preso, sfasciò a calci e testate una gazzella dei Carabinieri. Non erano nuovi ad usar violenza nemmeno l’uccisore di Maricica. Tra i fascicoli pendenti all’ufficio del Giudice di Pace di Roma c’è infatti un’imputazione per una lite in strada, tra lui e un altro giovane, derubricata in percosse dal reato inizialmente ipotizzato di lesioni. L’avvocato difensore dice che non può essere considerato “un precedente, un qualcosa che indichi il normale comportamento del mio assistito”, ma certamente il pugno che ha ucciso, o causato in qualche modo la morte di Maricica, è stato sferrato da uno che sa come si fa. E che non ha problemi a farlo, perché picchiare una donna non è come accapigliarsi con un antagonista di pari età o sesso. Si tratta di eventi che la dicono lunga su quello che è il clima. Ma perché? Anni di esperienza e di analisi su osservatori come Sbirri Pikkiati, ci hanno insegnato una cosa: sono proprio la mancanza di una sanzione certa, un evidente clima di diffusa impunità e di incertezza della sanzione, la scarsità di segnali di uno Stato che (non) c’è, ad armare killer e picchiatori di strada. Senza cadere nelle fin troppe facili forche caudine di chi invoca la pena di morte per l’assassino (o gli assassini) di Sarah Scazzi, sarebbe più che sufficiente tenere dentro, senza dover aspettare che la vittima muoia, uno che prende a pugni una donna in una stazione semideserta, invece che tenerlo a casa, poverino, e sentir dire dai parenti che ha paura del carcere. Immaginate che paura si può avere quando si cade a terra e si capisce che attorno la vita finisce, che non vedrai più marito o figlio, che si muore. Mentre colui che ti ha ammazzato ripone le sue cose e se ne va. (ASAPS)